Un respiro nell’acqua
- Autore: Alice Blanchard
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2018
"Figlia di uno scultore-pittore e di una poetessa, Alice Blanchard è cresciuta nelle albe nebbiose del Connecticut, che hanno rappresentato per lei un motivo di ispirazione".
Qualcosa vorrà pure suggerire un risvolto di copertina così concepito. È un profilo dell’autrice bello e pronto e al tempo stesso lo scenario del romanzo, “Un respiro nell’acqua”, tra le novità Corbaccio di fine estate (360 pagine 18.60 euro).
Alice Blanchard è maestra dell’intreccio psicologico, sviluppato sulla base di qualità espressive innate, ereditate dai genitori, non c’è che dire.
Vediamo scorrere un thriller psicologico: sono in azione menti offuscate e sulle loro tracce agisce una psichiatra infantile, una professionista della psicopatologia, ma non sarebbe azzardato pensare che qualcuno bravo dovrebbe dare un’occhiata anche a lei.
Eppure, il primo impatto con Kate Wolfe è positivo e tutt’altro che problematico. Ha trentadue anni, si è laureata, ha completato dottorato, internato nell’ospedale di Boston, specializzazione e da un anno riceve privatamente giovanissimi “svitati”, ai quali dedica parte del suo tempo, come borbotta una paziente adolescente.
Kate è fidanzata e vive un rapporto soddisfacente, premiato da un’eccellente intesa sessuale, con il collega James Hill, anche lui psichiatra, per adulti, ma è una ragazza che non pensa ancora al matrimonio. Di lui si è già innamorata, aspetta di innamorarsi dell’idea di sposarsi.
Un contesto iniziale soft, da sitcom rosa, ma nel suo ottimo stile, piano, ma non lento e soprattutto senza sbalzi, la scrittrice americana non perde tempo a condurre tutti verso situazioni drammatiche, piene di aspetti oscuri e frutto di ragionamenti deviati.
Nikki, la paziente in cura per un disturbo bipolare della personalità, si suicida impiccandosi con una vecchia corda da bucato. Eppure gli incontri psicoterapeutici sembravano fornire risposte efficaci. L’insuccesso professionale scatena in Kate sensi di colpa fortissimi. In parecchi si adoperano per cercare di sollevarla, perché la dottoressa Wolfe è molto stimata e apprezzata, nonostante la giovane età.
A far precipitare ancora di più la sua autostima è l’incontro con un’altra ragazzina da assistere, Maddie, quasi ancora una bambina. È una psicopatica autolesionista, si infligge da sola tagli, lesioni da punta e ferite. La mamma, una donna molto scontrosa, esige che venga affidata alla Wolfe e a nessun altro. Nella bassa di ricovero della figlia si è firmata Nelly Ward, ma Kate la riconosce e ricorda che sedici anni prima andavano a scuola insieme ed era iscritta con un altro cognome, Blackwood. Era quello dello zio paterno Henry, contro il quale aveva deposto come teste a carico – facendo cadere così l’obiezione del rapporto di parentela – e contribuendo pesantemente alla condanna dell’uomo per l’omicidio di Savannah, la minore delle Wolfe.
Il giorno in cui la sorellina di Kate era sparita, si erano riuniti in tanti per cercarla. L’avevano trovata i cani molecolari, sepolta dietro la casa di Blackwood, un vicino scorbutico, fanatico fino all’estremo della pulizia e dell’ordine.
Solo col tempo, la consapevolezza che quel mostro è dietro alle sbarre ha sopito il dolore di Kate e guarito (?) il malessere grave che l’ha afflitta per anni. Deve a quell’episodio, dopotutto, la scelta di avviarsi verso la sua professione.
Con grande naturalezza, l’autrice illustra il rapporto malato dello zio con la nipote, Fanny, l’attuale signora Ward. I genitori gli chiedevano di occuparsi di lei quando erano via. Non immaginavano che ne abusava e la considerava la sua fidanzatina segreta. Ma la deposizione contro quell’uomo era stata estorta dalla polizia alla piccola Fanny. “Non è possibile ch’è stato sempre con te, deve essersi allontanato”, insistevano. “Dì ch’è stato via. Per sei ore”.
Al funerale di Nikki, un uomo avvicina Kate, è Dyson, un investigatore della Procura Distrettuale che aveva lavorato al caso della sorella. Nel corso degli anni le ha scritto decine di lettere, chiedendo di incontrarla, per rivelare particolari importanti che avrebbe dovuto conoscere. Ma lei non aveva mai risposto, cestinando tutto. Quella pagina andava solo rimossa, chiusa, sepolta insieme a Savannah.
Questa volta Dyson non le permette di farsi indietro. Ha lavorato su diversi casi di ragazze scomparse in zona. Sa della testimonianza falsa di Nelly ed è al corrente di un alibi che la Ward potrebbe fornire all’uomo rinchiuso in attesa dell’esecuzione.
La dottoressa Wolfe è turbata, si fa indietro, ma è pure impressionata dalla calma insistenza dell’uomo, ormai in pensione. Una pressione cortese, più che altro accorata. L’ex investigatore confessa che l’omicidio di Savannah gli ha cambiato la vita, riesce a distinguere il bene e il male: non è quell’Henry il colpevole. Insiste che in giro c’è ancora l’assassino, libero di fare quello che gli pare, di colpire ancora.
Pensaci Kate Wolfe. Rifletti, per l’intero romanzo.
Un respiro nell'acqua
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