Un tempo la politica. Meditazioni partecipi di un comunista inquieto
- Autore: Paolo Cocchi
- Genere: Politica ed economia
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
La sinistra è morta e il nome dell’assassino è Legione, il sistema parcellizzato neoliberista: grandi banche, grandi lobby, controllo tecnologico di massa (che è controllo di corpi e di idee) , imposizione su scala planetaria del modello consumista. La sinistra – se la parola comunismo dovesse ancora destabilizzare qualcuno - è morta orfana: da un lato l’eutanasia della dialettica marxista, dall’altro l’afasia generale che ha ridotto all’osso impegno e militanza. Due secoli, sogno più sogno meno: tanto sono durate le istanze critico-trasformative sinistrorse della società. Con il collasso ravvicinato del Muro di Berlino e dell’Unione sovietica (1989, 1991) si è assistito al progressivo sfaldarsi degli ideali di cambiamento e di contro al consegnarsi passivamente al volere politico-economico del capitalismo globale.
A latitudini italiane, “Cosa” (in primis: ma il PCI non si era sempre dichiarato altra cosa rispetto al PCUS?) “Ulivo” e “DS” declinano negli anni il nomen omen della fine: il comunismo diviene mutaforme, cambia nome e idee. Ne discende una facies che sotto il maquillage finto-avvenente somiglia a una maschera funeraria. Il militante comunista se ne fa presto una ragione, diventa altra cosa (diventa ex) a sua volta, accerchiato e in massima parte sedotto dai richiami capitalisti. La galassia militante si frammenta, nei casi migliori inseguendo istanze frammentate (pace, diritto, clima) avendo però licenziato il progetto unitario di cambiamento sociale (rivoluzione sociale spaventa più dell’aggettivo comunista, vero?). Non si sa quanto consapevolmente, avendo receduto dal concetto-collante di “classe”, la sinistra (sempre più cosiddetta) alimenta i giochi sporchi di un potere economico proliferante senza più contraltari.
Un tempo la politica. Meditazioni partecipi di un comunista inquieto (La Vela, 2024) si pone come memento funebre e danza sulle rovine socialiste al contempo. Il suo autore Paolo Cocchi è stato politico e attivista di sinistra quando il peggio era già accaduto. Non si può dire che difetti di spirito resiliente: il nostalgismo che si deduce dal tenore complessivo del testo è funzionale a blande chimere di rinascita. Un passaggio narrativo di pagina 59 mi sembra inquadrare, intanto, ciò che è stata – e ha rappresentato – la chiesa laica del PCI.
Ripensando alla vita del Partito Comunista Italiano non posso che definirla come comunitaria. Quella di cui ho fatto indimenticabile esperienza aveva infatti molte caratteristiche della vita monastica, pur essendo una vita libera, disinibita e impegnata nel sociale. Ma, come un monastero benedettino, il Partito era un’isola di eticità vissuta, di integrazione non contrattualistica tra individui liberi.
Alla luce di un rompete le righe sfociato nel tutti contro tutti contemporaneo, l’amarcord induce al groppo in gola di chi ci ha creduto. Di chi all’interno dell’alveo ontologico dell’essere comunista sperimentava un sogno, un senso di appartenenza collettivo, di cui oggi si sente orfano.
Ancora Paolo Cocchi, a pagina 69 del suo libro:
La politica però esiste ancora. Decisioni politiche […] vengono assunte continuamente […] Ma nonostante questa sua perdurante necessità, questa sua iscrizione nell’ordine naturale delle cose umane, sembra comunque che la politica venga lasciata a presidiare una zona sempre più ristretta, estrema, emergenziale di vita associata. L’obiezione che si è rivolta a Emmanuel Macron, l’attuale presidente francese, e alla sua riforma delle pensioni è significante. “Ma come, per affrontare la pandemia da Covid abbiamo sfondato i vincoli di bilancio per 430 miliardi di euro, e ora è così indispensabile una riforma ingiusta che ci fa risparmiare appena 10 o 12 miliardi?” L’imbarazzo del governo nel rispondere è stato palese: “Non ce lo consento i mercati” sarebbe stata una risposta troppo diretta e troppo provocatoria per un popolo suscettibile come quello francese, ma probabilmente sarebbe sta quella vera.
Non mi soffermo oltre sulla demenza criminale insita nell’idea di un pianeta ostaggio dei cosiddetti mercati, longa manu della dittatura capitalista e killer della sinistra occidentale. Chiudo col dire che Un tempo la politica. Meditazioni partecipi di un comunista inquieto è un libro profondamente pensato, ben scritto, e affidato ai frangiflutti della pubblicistica, come messaggio di denuncia e affrancamento residuali. Per questo, e per diversi altri motivi, mi auguro possa finire in mano a lettori sopravvissuti all’afasia generale.
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