
Una depressione
- Autore: Massimo Fagioli
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
La casa editrice romana L’asino d’oro ha proposto lo scorso settembre 2020 la ripubblicazione di un articolo tecnico del 1993 dello psichiatra e psicoanalista italiano Massimo Fagioli (1931-2017) che presenta in “quaranta pagine” il percorso di cura di una paziente depressa, secondo la metodica peculiare di questo psichiatra che ha seguito sentieri neo-freudiani proponendo novità e creando scompiglio. L’opera è preceduta da un’opportuna contestualizzazione storica e tecnica della psichiatra romana Annelore Ingeborg Homberg e seguita dalla trascrizione di un’intervista radiofonica del 1998 all’autore sulla sua concezione della depressione.
Negli anni Settanta, Massimo Fagioli si è distanziato dalla scuola psicoanalitica classica con una proposta metodologica definita banalmente come “socialista”, che ha allontanato da lui i colleghi specializzati attirando invece il grande pubblico dei neofiti. È quindi stato un evento anche di valenza culturale oltre che una proposta neo-freudiana. Oltre a ciò, ha proposto una riflessione più ampia, di stampo culturale, sulla definizione della “depressione”, una patologia che secondo i dati dell’OMS costituisce la terza causa di disabilità a livello mondiale, nel contesto di “un modello della psiche non cosciente che oggi è conosciuto come teoria della nascita”. Molto interessante, quanto attuale, la sua attenzione alla relazione terapeutica (il secondo pilastro della sua metodica assieme all’interpretazione diretta dei sogni, orientati alla chiarificazione del significato latente dei sogni) vista come un processo dinamico interattivo, per quanto espresso in modo fortemente controtransferale.
"È soltanto il processo affettivo (la carica sessuale originaria) che permette il sapere, il giudizio della realtà quale, senza processo affettivo, può essere soltanto deformazione e violenza nei riguardi della realtà stessa."
Una depressione è un testo difficile per chi non ha familiarità coi concetti psicoanalitici, affascinante per chi non ne ha nemmeno con quelli della psicologia e da provocatorio a stimolante per chi la psicoanalisi la pratica. Si può quindi affrontare e leggere a più livelli, con benefici personali differenti.

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Parlare di depressione non è solo un atto di condivisione, ma un vero e proprio strumento di supporto per chi ne soffre. Ricordo vividamente quanto, durante il mio periodo più buio, cercassi testimonianze di altre persone che stavano vivendo la stessa esperienza. Scoprire che non ero sola in quella lotta mi ha offerto un senso di conforto e sollievo. Mi ha aiutato a non sentirmi un’eccezione, ma parte di una realtà condivisa, umana.
Discutere apertamente della depressione ha un duplice valore: non solo fornisce un’àncora a chi ne è afflitto, ma educa anche coloro che, pur non avendo vissuto la malattia in prima persona, possono trovarsi accanto a qualcuno che ne soffre. Quando si parla di depressione, si crea una consapevolezza che permette a familiari e amici di riconoscere i segnali della malattia e intervenire tempestivamente.
La condivisione delle esperienze e l’informazione diffusa possono diventare strumenti potenti di prevenzione e sostegno. Sapere cosa aspettarsi, comprendere che la depressione è una malattia e non una debolezza, permette a chi sta vicino a una persona depressa di offrire il giusto supporto, di non giudicare, ma di essere presente e disponibile quando la malattia si manifesta. In questo modo, parlare di depressione diventa non solo un mezzo per aiutare chi ne soffre a sentirsi meno solo, ma anche un modo per creare una rete di comprensione e solidarietà, fondamentale per il percorso di guarigione.