Unico denominatore di Mario Masi

Un ispettore di polizia che aiuta i senza tetto di New York e rimane invischiato in una pericolosa indagine, un nativo americano alle prese con una vecchia maledizione, un reduce di una delle ultime guerre che non riesce a dimenticare, un attore che si guadagna da vivere con il porno sono le figure che animano i racconti di Mario Masi. Personaggi che vivono immersi in una società difficile, ma che vi si adattano apparentemente di buon grado.

“Quella mattina mi ero alzato prima del previsto. Non ero abituato a certe levatacce e guardandomi allo specchio la mia immagine sembrava implorarmi di tornare a letto e dormire ancora un po’.” Inizia così, nella normalità della vita, “Il mio nome è nessuno”, il primo dei racconti che Mario Masi ci propone nel suo libro "Unico Denominatore".
Una quotidianità che ci appartiene fatta di gesti conosciuti e rassicuranti, anche se l’imprevedibile è sempre più vicino di quanto ognuno di noi possa immaginare.
“Al di sopra di ogni ragionevole sospetto”, ”Nel segno del drago”, “Negli occhi, nel cuore”, “Il mio nome è nessuno” ci parlano del destino, l’Unico Denominatore, che da sempre si diverte con gli uomini, sconvolge le loro vite, le confonde, fa deragliare il treno dell’esistenza e ci costringe, tutti, a guardare dentro la nostra apparentemente tranquilla realtà.
L’autore gioca con le vite dei suoi personaggi, che fa scorrere sotto i nostri occhi con ritmi mai uguali. Nel complesso una lettura scorrevole e solo apparentemente semplice. Perché oltre le storie così diverse tra loro, oltre lo stile narrativo, si avverte in Masi la voglia di “raccontare storie” e di entrare nelle mille sfaccettature dell’essere umano regalando al lettore un genere “ibrido”.

Insolita, per un giallista italiano, anche l’ambientazione Oltreocenano, segno del grande fascino che gli Stati Uniti operano su Masi. Forte anche l’interesse per il “magico” che fa parte di certe vite, che distoglie da una realtà fortemente concreta e materialista, aprendo le porte di altre dimensioni.

Recensione di Andrea Vega