Vestire degenere
- Autore: Alessandra Castellani
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2010
Il titolo di questo saggio introduce una riflessione sul senso del doppio, del codice binario, come lo definisce l’autrice Alessandra Castellani: de genere, complemento di argomento alla latina, e/o degenere, aggettivo qualificativo in senso negativo, deteriore. Su questi due fronti si gioca l’intero lungo, denso, complesso volume. Bisogna sapere di costume, di codici comunicativi, di moda, di filosofia, di musica, di sociologia e di antropologia per seguire il complesso ragionamento che la Castellani propone. Già il primo capitolo, “Codice borghese”, ci introduce nell’argomento principale del libro, la moda e l’evolversi dell’immagine maschile e femminile lungo tutto il secolo scorso, a partire da autori di romanzi caposaldi della letteratura occidentale: Proust , Oscar Wilde, Thomas Mann. Il barone di Charlus, Gustav Von Ashenbach, Dorian Gray sono anticipatori di un gusto trasgressivo, di un’ambiguità sessuale, di uno scambio di identità di genere, di un modo di considerare l’abbigliamento che diverranno nel nostro secolo, soprattutto dai “rutilanti anni Sessanta” in poi, una cifra peculiare dell’intera società occidentale.
La Castellani ci accompagna lungo un percorso culturale costellato di personaggi noti e notissimi che hanno fatto la storia del costume, dell’arte, del cinema, della musica. Ecco allora dopo la fase pauperistica degli hippies californiani che nei tardi anni ’60 aprirono la strada a modelli di comportamento di massa omologati (si pensi a fenomeni come il concerto di Woodstock nel 1969, a cui parteciparono molte centinaia di migliaia di giovani pacifici, incantati dalla musica di Jimi Hendrix, Joan Baez, Carlos Santana, Joe Cocker, Janis Joplin), la rottura dei primi anni settanta allorché si affacciano alla scena musicale i protagonisti del glam rock: Mick Jagger, Chuck Berry, David Bowie. Gli uomini cominciano a esibirsi con trucco pesante, capelli con tagli stravaganti, accessori vistosi, scarpe originali con tacchi e zeppe, esibendo pose gay o sessualmente ambigue.
“La trasgressione si nutre avidamente dell’attenzione e della preoccupazione dello sguardo altrui” scrive la Castellani per spiegare questo stile comunicativo che punta sul travestitismo, sulla provocazione, sull’ambiguità dell’immagine del corpo. Sono gli anni in cui si afferma Andy Warhol che fa scuola a quanti a New York vogliono affermarsi nel mondo musicale e artistico: ecco nascere il fenomeno drag, attraverso cui il codice femminile viene enfatizzato e reso iperbolico. Il mondo drag si pone il problema su cosa significhi essere eterosessuali, e si pone su uno spartiacque in cui l’identità di genere è fluttuante e mai definita. Da questo “sdoganamento” nascono poi fenomeni musical-artistici successivi, quale il punk, che non fa che porsi in aperto e violento contrasto con la società degli anni ottanta, con Reagan e Margaret Thatcher al potere. I Sex Pistols, violenti e scurrili, truccati e ipermaschilisti, sono l’emblema di questa fase. Le donne entrano prepotentemente in scena con il punk e non sono più le copie dei maschi, ma sono giovanissime, sessualmente trasgressive, ostentano la biancheria intima come una provocazione, hanno capelli corti, con tagli asimmetrici e un trucco pesante e scurissimo, esibiscono simboli fetish e nazisti.
Ma la lunga cavalcata attraverso le mode della Castellani non si ferma, e ci porta in Giappone, dove nasce il fenomeno delle gothic lolita… ragazze giovanissime che si ispirano ai modelli europei del tardo ottocento, con pizzi e trine, balze e fiocchi in un mondo fuori tempo ed eternamente infantile: dal cartone animato “Lady Oscar” al fenomeno commerciale “Hello Kitty”che ne diventano i modelli ispiratori. Più vicini ai giorni nostri troviamo le donne in carriera con le enormi spalle dei tailleur di Giorgio Armani che hanno segnato un’epoca nel costume e nel rapporto tra i sessi. Divertente la citazione del film "Una donna in carriera" di Mike Nichols, con Melanie Griffith che da segretaria goffa e inelegante si trasforma nel suo “capo” prendendone a prestito abiti e atteggiamenti.
In conclusione del libro, l’autrice cita il documentario di Lorella Zanardo “Il corpo delle donne”, che dimostra come purtroppo la tv commerciale, e non solo, ha svilito il corpo femminile esibendolo in modo violento là dove, pochi anni prima, si era tentato di nasconderlo sotto i tagli sartoriali dei grandi stilisti. Conclude la Castellani: “Si è fatta avanti una rinaturalizzazione ossessiva del genere femminile, tramite una sorta di ipertrofica interpretazione della donna muliebre”….un modo raffinato per contestare con amarezza le labbra a canotto e i seni gonfiati come camere d’aria di molte donne che hanno fatto, questa volta sì, carriera nelle nostre televisoni.
In tempi duri nella società italiana per le donne, per i gay, per i transgender, questo libro offre una chiave di lettura complessa ma alla fine chiara ed esauriente su fenomeni con cui abbiamo fatto o dobbiamo ancora fare, necessariamente, i conti.
Vestire degenere. Moda e culture giovanili
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