Vita dura
- Autore: Flann O’Brien
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2009
Flann O’Brien, pseudonimo di Brian O’Nolan, scrittore e giornalista irlandese, nasce nel 1911 nell’Irlanda occidentale, da una famiglia borghese. Studia allo University College of Dublin e dopo la laurea soggiorna per breve tempo in Germania. Rientra per la morte del padre e poiché è l’unico sostentamento di una famiglia di dodici persone, inizia a lavorare come funzionario governativo. In quegli anni intraprende l’attività letteraria con il romanzo Una pinta d’inchiostro Irlandese, da molti considerato il suo capolavoro. Inizia a tenere una rubrica satirica sul Irish Times, con lo pseudonimo di Myles na Gopaleen, in cui prende di mira politici, artisti ed altri personaggi in vista. Le accuse ai politici gli faranno perdere, nel 1953, il lavoro statale ma arriverà, non più sperato, il successo letterario. Raggiungerà la fama internazionale proprio con il suo primo romanzo, accolto fra gli intellettuali del tempo come un’opera rivoluzionaria. Tra questi Samuel Beckett, Graham Greene e James Joyce, che scrisse dell’autore:
Ecco uno scrittore vero, con un autentico spirito comico.
Il libro, una riflessione sulla cultura irlandese, gli dette una fama di scrittore brillante. Nel 1940 il successivo romanzo Il Terzo Poliziotto venne rifiutato dagli editori e O’Brien, avvilito, raccontò di averne perduto il manoscritto. L’opera fu ritrovata nella sua casa di Dublino solo dopo la sua morte nel 1966 e pubblicata l’anno successivo.
Vita dura , romanzo del 1961, è la storia di Manus, il narratore, e del fratello Fiubarr che, rimasti orfani, vedono nel giro di poco tempo cambiare le loro vite. Ricordando la mamma volata in una terra migliore, mettono via le poche cose che hanno in casa e vanno a vivere a Warrington Place, nella zona meridionale di Dublino, da Mr Collopy, il fratellastro della mamma. E’ il 1890, Manus ha solo cinque anni e Fiubarr è più grande di pochi anni. Il benvenuto è una stretta di mano energica, così Mr. Collopy, giocatore di hurling in gioventù, accoglie, nella sua casa, i due ragazzini.
Mr Collopy se ne stava seduto accanto alla cucina economica in una specie di poltrona di vimini, storta e sfondata, con due occhietti rossicci che ci guardavano da sopra la montatura metallica degli occhiali, e la testa piegata in avanti per poterci osservare meglio. Aveva lunghi capelli grigi che gli stavano appiccicati a ciocche scomposte sull’ampia calotta cranica. L’intera regione della bocca era nascosta dal grosso e disordinato cespuglio nero dei baffi, scolorito ai lati; e il mento sfuggente faceva tutt’uno col collo fibroso che scompariva dentro un colletto di celluloide bianco, privo di cravatta. Gli abiti, indefinibili, servivano da rivestimento a una misera carcassa di bassa statura; e i piedi erano infilati in due grossi scarponi coi lacci sciolti.
Mr Collopy, uomo cattolicissimo, vive con Mrs. Crotry, sua seconda moglie, e la figlia Anna, avuta dal primo matrimonio. Si occuperà di Manus e Fiubarr provvedendo alla loro crescita e alla loro educazione; il primo a essere mandato a scuola dai Fratelli Cristiani è Finbarr, il più grande dei due.
Era importante che imparasse dall’abc a Euclide, da Aristofane alla lingua gaelica e avesse una solida formazione in materia di fede.
. Di lì a poco lo seguirà Manus. La quotidianità è vissuta nell’umile cucina della casa: mentre i due ragazzi fanno i compiti di scuola tessono la tela del sapere, ascoltano con attenzione Mr Collopy che, seduto nella sua solita poltrona, conversa con padre Fahrt, un gesuita tedesco irlandesizzato, assiduo frequentatore della casa. Padre Fahrt è un uomo alto, dall’aria ascetica, e siede sulla sdraio a lui riservata di fronte a Mr Collopy. Sul bordo della cucina economica, a portata di mano, vi è un bicchiere per ciascuno. Sul pavimento vi è la brocca di terracotta con il miglior whiskey della distilleria Kilbeggan. Hanno così inizio, innaffiate dal buon alcol, le lunghe conversazioni fra i nostri protagonisti, sulla dottrina e i dogmi della Chiesa, sulla potenza dei Gesuiti conquistata nei secoli con la paura, mandando al rogo gli eretici e sull’influenza degli eventi nella storia di un popolo.
A seconda delle epoche le persone possono essere influenzate da cose totalmente diverse fra loro. Cicerone era un uomo saggio e onesto eppure teneva gli schiavi. I Greci erano il popolo più civilizzato e sofisticato dell’antichità, tuttavia gran parte di loro erano moralmente corrotti. Ma ciò non toglie valore alla saggezza e alla bellezza dell’eredità che molti di loro ci hanno lasciato. Arte, poesia, letteratura, architettura, filosofia e scienze politiche: tutte queste cose vennero concepite e sviluppate nel bel mezzo della dissolutezza generale.
Il dialogo diventa, quindi, il vero protagonista del romanzo e le conversazioni irriverenti e ricche di humor ci accompagnano fino alla fine della lettura del libro.
Gianni Celati ha scritto che solo nei vecchi almanacchi del West è possibile trovare gli antenati di personaggi del genere. Flann O’Brien, come un vero cantastorie, narra di due mondi paralleli, l’uno fantastico e l’altro quotidiano; ritrae, da irishman legato alle proprie tradizioni e in un modo sorprendentemente umoristico, la società dublinese con i suoi pregiudizi e il suo provincialismo in un’Irlanda post-indipendenza povera e affamata. O’Brien è uno scrittore inconsueto per la sua sensibilità di espressione e surreale per le sue provocazioni così culturalmente audaci da non essere comprese. Le sue opere lo hanno fatto entrare di diritto fra i grandi della letteratura irlandese al fianco di James Joyce, Samuel Beckett e Jonathan Swift. L’unico rammarico per chi lo ama è la sua esigua produzione.
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