Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio
- Autore: Remo Rapino
- Casa editrice: minimum fax
- Anno di pubblicazione: 2019
Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio di Remo Rapino (minimum fax, 2019) è un romanzo dalla dirompente bellezza e poesia scritto con una lingua innovativa e convincente.
Meritatamente premiato con il Campiello nel 2020, il romanzo è scritto tutto in prima persona; una prima persona che non stanca, che non si appesantisce su stessa e sui suoi ricordi e la cui voce ammalia e trascina nel candido animo del protagonista: dal 1926 Anno che sulla terra entra in scena Bonfiglio Liborio però d’estate fino al 2010 Anno che si prepara a entrare in scena la morte di Bonfiglio Liborio però d’inverno.
Liborio inizia a raccontare quando ha ottanta anni e ogni tanto pensa alla morte e in particolare alla sua morte, ma gli preme finire di scrivere la sua storia di cocciamatte e quando gli sembra di vederla invitarlo a seguirla, le dice di aspettare ancora e lei paziente se ne va:
«io faccio un bel sospiro di calmamento, chiudo gli occhi per ricordare le cose che mi devo ricordare e mi rimetto a scrivere ma piano, che se vado piano così, la vita mi dura un poco di più e questo pure buono è»
Il romanzo procede con un lungo flashback e i capitoli con gli anni che si susseguono in ordine cronologico, mentre l’orfano Liborio narra di quando l’Italia aveva finalmente il suo Impero e dei tre anni del duro lavoro di funaro e di quando rimane orfano anche di madre a quattordici anni e l’Italia entra in guerra contro la Gran Bretagna e la Francia e si fa festa. Già da adolescente Liborio esprime con chiarezza il suo pensiero:
«che mica era una bella cosa che si faceva la festa per la guerra […] perché le guerre sono tutte sceme uguali».
Poi anche lui va in guerra, ma quando torna e nessuno gli dice una parola di saluto e di conforto, comincia a soffrire di quel «tormento della solitudine» che lo angustierà per tutta la vita. E poi ci sono le prime elezioni del 1948 e il lavoro alienante di operaio al Nord e l’inizio dello sfarfallamento della testa e l’esplosione di rabbia e la macelleria con cui si accanisce su un caporeparto; la prigione e il manicomio e il ritorno al suo paese. E poi, tanto altro e tanto altro ancora fino alla tosse malignata, l’ultimo segno nero che lo condurrà alla morte, in un’alternanza di ritmi e suoni e parole modulati sui ricordi della soffitta del tempo.
Liborio appare sulla scena del mondo e la attraversa con la consapevolezza di essere un emarginato, un vinto, un matto o meglio uno sfortunato; ma con il coraggio della disperazione e con il desiderio di impegnarsi comunque e a qualsiasi costo, con la giusta pretesa di far sentire anche la sua voce di ultimo della terra.
Un personaggio riuscitissimo che, tra acuta sensibilità e imbarazzante ingenuità, ci regala vere, commoventi e tragiche riflessioni pervase tutte da una profonda poesia: la sua vita piena di segni neri, l’incessante ricerca del padre, le esilaranti letture delle sue giornate sempre in bilico tra solitudine, truscia (fame) e desiderio di conoscere il numero più grande del mondo, l’esperienza del carcere e del manicomio e il ritorno al suo paese e la fama di cocciamatte.
Fiume in piena che attraversa pianure, “deserti”, piazze di borghi e città italiane, Bonfiglio Liborio ci restituisce la sua visione degli eventi della grande Storia che si intrecciano alle sue vicende personali e private. E disegna argini e varca confini, risalendo fiumi anche contromano, lasciando un segno profondo in noi con la sua strampalata, lucida e disarmante poetica modulata sulle pagine del libro Cuore.
Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio è un romanzo davvero geniale: per le trovate linguistiche, lo stile, la leggerezza del linguaggio che è una sapiente e riuscita fusione tra italiano e dialetto (molto utile e interessante il vocabolario minimo di alcuni termini dialettali in fondo al romanzo). Sembra di ascoltare il canto di un aedo, che inserisce i versi del suo formulario al punto giusto, perché il canto diventi ricordo che si fa presente e si riallaccia al futuro. Una scrittura che sembra generarsi da sola e ruota su se stessa, in un vortice di immagini che si richiamano e si sovrappongono e costruiscono spirali e che diventa il flusso di coscienza di Liborio regalandoci la sua visione della vita: quella di un cocciamatte che intuisce tante verità, spesso scomode sugli esseri cosiddetti umani e normali:
«Che poi alla fine di tutto, perché tutto finisce, noi cristiani buoni e cattivi, poveri e ricchi, normali e matti, siamo tutti uguali e siamo come l’acqua che cambia forma ma è sempre acqua è, che se fa un freddo cane allora diventa ghiaccio, se fa un caldo della Madonna allora si svapora, se ne va in cielo e diventa una nuvola che se poi piove torna alla terra e ridiventa acqua un’altra volta e se fa una freddana forte si rigela ancora. Così è tutta la vita nostra, acqua che viene e acqua che va […]».
Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio
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