Il sonetto “Voi che per li occhi mi passaste ’l core” (Rime, 13) di Guido Cavalcanti dalla struttura circolare presenta un tema tipicamente cavalcantiano, ossia la donna che con la complicità di Amore trafigge il cuore del poeta fino a ucciderlo. Altrettanto cavalcantiana è la presenza degli spiritelli. Di contro il dardo d’amore e l’innamoramento che dagli occhi della donna raggiunge il cuore del poeta rimangono ancorati alla tradizione precedente.
Scopriamo testo, parafrasi e analisi del celebre sonetto di Guido Cavalcanti.
“Voi che per li occhi mi passaste ’l core”: testo e parafrasi
Voi che per li occhi mi passaste ’l core
e destaste la mente che dormia,
guardate a l’angosciosa vita mia,
che sospirando la distrugge amore.
Voi che attraverso gli occhi mi trafiggeste il cuore e svegliaste la mia mente assopita, prestate attenzione alla mia vita angosciosa che amore devasta tra i sospiri.
E’vèn tagliando di sì gran valore,
che’ deboletti spiriti van via:
riman figura sol en signoria
e voce alquanta che parla dolore.
Egli (l’Amore) avanza facendomi a pezzi con tanta forza, che le mie funzioni vitali se ne vanno e rimane solo l’aspetto esterno e poca voce a esprimere sofferenza.
Questa vertù d’amor che m’à disfatto,
da’ vostr’occhi gentil’ presta si mosse:
un dardo mi gittò dentro dal fianco.
La potenza dell’amore che mi ha distrutto ebbe origine dal vostro nobile sguardo: mi scagliò una freccia nel fianco.
Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto,
che l’anima tremando si riscosse
veggendo morto ’l cor nel lato manco.
La freccia giunse così centrata al primo lancio, che l’anima si svegliò tremando, vedendo che il cuore situato sul fianco sinistro era morto.
Metrica
“Voi che per li occhi mi passaste ’l core” è un sonetto con schema di rime, ABBA, ABBA, CDE, CDE. Le rime A e D (-ore/-osse), C ed E (-atto/-anco) sono in assonanza. La presenza insistita della a maiuscola e minuscola forma una cerniera ritmica e concettuale tra quartine e terzine.
“Stilnovismo tragico” di Guido Cavalcanti: in che consiste?
Qual è la cifra specifica del cosiddetto "Stilnovismo tragico cavalvantiano"? Procediamo per esclusione.
- È la personificazione di Amore? La risposta è no. Infatti questo aspetto monopolizza la poesia degli stilnovisti che abbandonano gli argomenti morali e politici della cosiddetta scuola siculo - toscana con Guittone d’Arezzo in prima linea.
- È la modalità dell’innamoramento? La risposta è no. Il termine occhio, dall’etimo latino, è una parola chiave della poetica stilnovista e della lirica amorosa duecentesca: l’innamoramento passa dagli occhi della donna a quella del poeta per giungere al cuore. Ricordate la freccia scagliata da quel birichino di Cupido?
- È la natura della fenomenologia dell’Amore? Esatto.
Guido Cavalcanti trasforma l’Amore in un’esperienza estrema, irrazionale, fonte di sofferenza, sbigottimento, morte, frantumazione del soggetto. Tanto che nel sonetto “Tu m’hai sì piena di dolor la mente” (Rime, 8) il poeta si trasforma in un morto vivente! Ad essere pignoli, però, l’immagine dell’automa privo di vita è guinizzelliana, perché nel sonetto “Lo vostro bel saluto e ‘l gentil sguardo” la parafrasi dei vv. 12-14 suona così:“Rimango come una statua d’ottone nella quale non scorre né vita né spirito vitale, ma si limita a proporre l’aspetto umano”.
Insomma l’idea è la stessa. Tornando a Cavalcanti, osserviamo quanto tale fenomenologia amorosa comporti un ventaglio ricorsivo di termini afferenti all’angoscia e alla paura, tanto che il suo stilnovismo viene definito “tragico”.
“Voi che per li occhi mi passaste ‘l core”: analisi del sonetto
La cifra distintiva del testo è l’oggettivizzazione del sentimento amoroso e le scelte espressive che l’accompagnano? Esatto.
Oggettivizzare significa analizzare l’innamoramento da un punto di vista strettamente fisiologico, in relazione agli effetti che produce sul soggetto. Il campo semantico di “Voi che per li occhi mi passaste ‘l core” si raccoglie intorno a vocaboli guerreschi a sottolineare gli effetti negativi di amore:
- v. 1 “passaste”;
- v. 4. “distrugge”;
- v. 5 “vèn tagliando” ;
- v. 9 “m’ha disfatto”;
- v. 11 dardo;
- v. 12 colpo.
Anche l’immagine di Amore, che sembra avanzare come un guerriero facendo a pezzi i nemici, ha un forte impatto emotivo. Se aggiungiamo “angosciosa”, “sospirando”, “dolore”, “tremando”, “morto” si delinea un quadro complessivo di profonda angoscia interiore. Qui entra in gioco la personificazione degli organi e delle facoltà psichiche conseguenti alla teoria degli spiritelli a tradurre la lacerazione interiore del soggetto ‘innamorato’.
Il Medioevo spiegava con la dottrina degli spiriti tutte le attività sensoriali dell’uomo e i moti dell’animo come la paura. Infatti secondo i principi della scienza medica araba e della filosofia scolastica, gli spiriti si muovevano in continuazione all’interno del corpo umano per permettere le attività organiche e spirituali. Il poeta ne fa una lingua del segni umanizzando, come in questo caso, Anima, Cuore, Mente. Ed è proprio questa personificazione a tradurre per immagini la psicologia amorosa della lirica cavalcantiana.
Quella amorosa è un’esperienza così sconvolgente da disintegrare il soggetto sotto i colpi della passione.
L’idea che la passione amorosa sia una condizione eccezionale dal punto di vista vitale, e pertanto una minaccia di disgregazione per l’io, deriva dall’aristotelismo radicale averroista, diffuso negli ambienti universitari bolognesi che Cavalcanti conosceva. Lo sapevate? Parafrasando alcune osservazioni a tema del critico Romano Luperini, possiamo sintetizzare in questi termini il nucleo filosofico della lirica cavalcantiana. L’esperienza amorosa ha sede nell’anima sensitiva che, come suggerisce l’aggettivo, ha un carattere irrazionale. Nello stesso tempo l’esperienza amorosa è di per sé irrazionale. Le conseguenze sono due. Affrancato dal controllo della ratio, l’Amore scompone le funzioni vitali che Cavalcanti personifica.
Si spiega così l’incompatibilità tra cuore e anima che emerge dal sonetto. Infatti da una parte il cuore (la capacità di sentire) è messo K.o. dall’Amore (una potenza che distrugge la facoltà affettiva). Allo scontro assiste sgomenta l’anima, cioè la consapevolezza razionale di cui è sinonimo "mente" al v.2. In quanto esperienza che coinvolge i sensi, l’amore di Cavalcanti ha solo effetti distruttivi.
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