Washington Square
- Autore: Henry James
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
“Washington Square” (Garzanti, Prima edizione digitale 2012, Introduzione di Franco Cordelli, traduzione di Vincenzo Mantovani) di Henry James (New York, 15 aprile 1843 - Londra, 28 febbraio 1916), fu pubblicato a puntate prima in Inghilterra e subito dopo a New York nel 1880, mentre nel dicembre dello stesso anno venne pubblicato in volume a New York.
Dal romanzo dello scrittore e critico letterario statunitense naturalizzato inglese, furono tratti i rispettivi adattamenti cinematografici: nel 1949 “L’ereditiera”, regia di William Wyler, con protagonisti Olivia de Havilland (Premio Oscar 1950 per la Migliore interpretazione femminile) e Montgomery Clift e nel 1997 “Washington Square – L’ereditiera”, diretto da Anieszka Holland con Jennifer Jason Leight e Ben Chaplin.
Washington Square è sicuramente la piazza più bella di New York e lo era ancora di più alla metà dell’Ottocento quando James decise di farne lo sfondo di uno dei suoi romanzi più coinvolgenti e sorprendenti.
Il ricco e autoritario dottor Austin Sloper viveva in una splendida casa in Washington Square, testimone perenne del suo successo presso la società newyorkese. Vedovo da anni, da quando la sua diletta consorte era venuta a mancare dando alla luce la figlia Catherine, Mr Sloper, evidentemente anche a causa di ciò, aveva cresciuto la bambina manifestandole indifferenza e malcelato disprezzo.
Da parte sua Catherine, non aveva mai fatto nulla per accattivarsi l’interesse del padre, la bimba si era rivelata non attraente, goffa e senza nessuna qualità. Della tenera e dolce Catherine, che invece adorava il padre mendicando inutilmente dal freddo genitore un po’ d’amore, si era occupata la vivace e anziana zia Lavinia Penniman. Sì, Catherine non brillava per bellezza e classe, ma aveva dalla sua il fatto di essere un’ereditiera, riunendo in sé il grande patrimonio del genitore cui si aggiungeva la rendita annua della defunta madre. Rappresentava un grande, immenso pregio agli occhi dell’High Society, prigioniera di riti consolidati e per questo datati, ma anche della consapevolezza dell’importanza del “Dio denaro”.
Quando durante una festa l’ingenua ereditiera aveva conosciuto l’affascinante Morris Townsend, ne era stata subito attratta. Iniziato il corteggiamento di Morris, Catherine si trovava nel mezzo tra il padre che la esortava a non lasciarsi abbindolare dal cacciatore di dote e la zia Lavinia che l’incoraggiava a proseguire il rapporto. Quando Catherine e Morris avevano deciso di sposarsi, il dottor Sloper aveva minacciato di diseredare la figlia. Per Catherine era impossibile fare un torto all’amatissimo padre, il quale pur di sottrarre la figlia dalle mire di Morris aveva deciso di portarla con sé in Europa per un Gran Tour. Sarebbe stato proprio durante questo viaggio che Catherine avrebbe compreso che suo padre era incapace di provare qualsiasi tipo di affetto, se non amore, nei suoi riguardi. Tornata a casa la giovane dopo aver spiegato al suo fidanzato che suo padre mai le avrebbe concesso una dote, anzi l’avrebbe diseredata, Morris l’aveva lasciata.
Abbandonata e incompresa dai due uomini più importanti della sua vita, Catherine, da quel momento in poi, avrebbe compiuto la sua scelta di vita, sfiorendo precocemente. Scelta di vita che avrebbe proseguito anche quando, anni dopo, rimasta orfana del padre, un invecchiato e imbolsito Morris Townsend (e qui sembra che il puritano Henry James abbia messo in campo la Nemesi...) avrebbe bussato di nuovo all’elegante portone dell’abitazione di Washington Square.
Indimenticabile la figura di Catherine Sloper, la quale in nome della coerenza sceglie un destino di solitudine, vivendo dei pochi ricordi felici di gioventù. Quella “coerenza” è tutta nella scena finale del film di Wyler quando Catherine Sloper/Olivia de Havilland, sale le scale della sua abitazione con una lampada in mano, volgendo ostinatamente le spalle e le orecchie al portone da dove al di fuori la sta chiamando il petulante Morris Tonwsend/Montgomery Clift. Se è vero che il cinico e arrivista Morris Townsend si era divertito a giocare con l’amore dell’ingenua ereditiera, era pur vero “che suo padre ne aveva inaridito la fonte”.
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