Wiera Gran. L’accusata
- Autore: Agata Tuszynska
- Genere: Storie vere
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2012
Abbiamo visto tutti con grande commozione il film di Roman Polanski “Il pianista”, il cui protagonista Adrian Brody, ricevendo l’Oscar, si commosse dedicandolo al pianista Wlsdyslaw Szpilman, il modello che aveva dato lo spunto alla storia raccontata nel film. Szpilman venne così santificato dal grande pubblico, mentre, in realtà, era stato solo la spalla che accompagnava nel ghetto di Varsavia al pianoforte la grande stella della musica polacca, la bellissima Wiera Gran, che invece viene dimenticata, ignorata, espunta dalla grande storia della Shoah: perché?
La scrittrice Agata Tuszynska, docente di spicco all’università di Cracovia, si mette sulle tracce dell’artista, rifugiata a Parigi, vecchia e malandata, oramai ridotta ad una condizione di lucida follia. Fra le due nasce una strana e controversa amicizia, che durerà fino alla morte di Wiera, avvenuta nel 2007. Un’amicizia fatta di scambi, di fiducia, di ostilità, di ricordi, di fotografie, di oggetti, di testimonianze che, insieme ai documenti che la scrittrice riuscirà a raccogliere dopo la morte e agli incontri con i sopravvissuti che ancora la ricordano, consentirà la stesura di questo libro importante.
Pubblicato ad aprile 2012 da Einaudi, Wiera Gran. L’accusata è una controstoria non ideologica, dove gli ebrei non sono tutti buoni, dove i ricordi e le memorie sono controversi, dove la vita nel ghetto di Varsavia viene descritta in modo molto diverso dagli stereotipi a cui ci siamo abituati in questi anni: molti degli abitanti del quartiere ebraico volevano a tutti i costi sopravvivere e le commistioni e le complicità con gli ariani e con le stesse guardie della Gestapo non erano del tutto una rarità. Wiera era una donna di grande bellezza, grande fascino, grande carisma personale:
“Wiera divenne immediatamente l’idolo del ghetto. Si esibì per un breve periodo nel teatro di Jurandot, il Femina. Ma alla fine Jerzy (il marito?) la convinse ad andare allo Sztuka. Era un caffè rinomato…per lei rappresentava l’opportunità di cantare come solista”
Il locale era frequentato da molta gente ricca, fra i quali anche i tedeschi, che la invitavano al tavolo e lei accettava. Più tardi i musicisti che si esibivano nel ghetto saranno accusati di collaborazionismo e Wiera, per la sua bellezza e ricchezza, fu scambiata per un’ebrea venduta ai nazisti o almeno questa voce fu fatta massicciamente circolare. Fu la sua fine. Malgrado avesse contribuito a opere di bene in favore dei bambini ebrei del ghetto, la sua fuga e il fatto di essere sopravvissuta ne hanno fatto una vittima. Nel 1946 il tribunale comincia a condannare i sopravvissuti giudicati colpevoli di aver contribuito allo sterminio degli ebrei e Wiera è nel novero degli accusati, anche se il suo processo non riuscirà mai ad appurare nulla di definitivo. Lascia comunque la Polonia e comincerà la sua odissea di ebrea errante, anche se continuerà la sua carriera di cantante, con un certo successo.
Nell’ultima parte del lungo e difficile libro che Agata Tuszynka le ha dedicato, vediamo le foto della vecchiaia di quella che era stata una donna elegante e fascinosa, sentiamo le descrizione atroce del disfarsi del suo corpo, della decadenza del suo cervello, della fine poco dignitosa di chi era riuscita ad evitare la camera a gas ma non può sottrarsi alla legge umana della fine:
“Guardare il mondo da qui, in orizzontale, dalle piaghe da decubito, è come osservarlo dalla bara. Bruciatemi, spargetemi ai piedi di un albero. Che i cani mi piscino sopra. Mi scalderanno l’anima. Tutto qui.”
Un libro diverso, insolito, molto accuratamente documentato con il rigore della storica ma anche con la poesia della letterata. Corredato da numerose foto d’epoca, Wiera Gran. L’accusata ci descrive un mondo che per noi lettori costituisce quasi un tabù: l’interno del ghetto durante l’occupazione nazista, dal 1941, con i suoi musicisti, le spie, i grandi speculatori. Però, bisognava pur sopravvivere,
“Bisognava avere un tetto sulla testa, per sé e per la propria famiglia, e placare la fame. La fame essenziale, la fame di pane, la fame che annientava e neutralizzava qualsiasi altra fame. La fame che solo l’arte riusciva a placare.”
Wiera Gran era una grande artista capace di placare quella fame e per questo ha pagato, forse ingiustamente, un prezzo troppo alto.
Wiera Gran. L'accusata
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