Zia Oria
- Autore: Angelo Australi
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2003
Angelo Australi, scrittore valdarnese, si trova inserito in una collana che ha ospitato nel tempo nomi importanti come Piero Bigongiari, Oreste Macrì, Rolando Viani, Moses Levy. Il carattere della collana sembra aver rivolto l’attenzione, per uscire dal suo legame con la Versilia, non a caso ad un autore che fino ad oggi ha dato prova di sicura qualità letteraria con libri come Roscio, Spartaco e Cannabis, Vittoria, Magalodiare, I sogni in Tv, I grandi navigatori , ai quali non sono mai mancati ottimi riscontri critici ma, semmai, poca visibilità editoriale.
Ecco quindi dove la scelta dell’editore Viareggino e del curatore della collana, Fabio Flego, diventa coraggiosa e paradigmatica di un momento per la nostra letteratura, che tra romanzi abbracciati ai quotidiani, romanzi lanciati nelle nostre case in tutte le salse, sceglie di ritagliarsi un proprio spazio di ricerca, autentico. Ben vengano questi folli sognatori, almeno per noi lettori più smaliziati, affascinati dallo stile più che dalle trame, o perlomeno non solo affascinati dalle trame di romanzi che nel raccontare la realtà balbettano situazioni scontate e poco più che riflessi di abbiocchi televisivi.
La trama del racconto, suddiviso a sua volta in sei lunghi capitoli, si sviluppa intorno al rapporto affettivo tra un bambino, Spartaco, e la zia Oria, nei tre mesi di vacanza trascorsi in campagna. Il centro di gravità, l’elemento che cattura l’attenzione, a primo avviso potrebbe essere questo legame, ma la chiave di lettura, inserendo saggiamente altre figure secondarie nel tessuto narrativo, che comunque riescono a riflettere una propria luce, sembra rimandare al territorio stesso che costringe queste vite, quasi in modo primordiale, arcaico, ad esprimersi in un determinato modo.
Non si può dire che questa provincia raccontata da Australi sia completamente scomparsa, è piuttosto nascosta dentro di noi, prima generazione di inurbati, alle prese con una modernizzazione strana che dà e toglie sull’essenziale, proprio dove forse i personaggi di questo libro sembrano essere ricchissimi.
Si percepisce e si riesce a farlo nostro, a parteciparne, un affetto per il mondo contadino, per la campagna degli anni ‘sessanta, ormai inglobata nella storia, ma mai digerita risolutamente. Il mondo reale sembra dirci Australi è anche fatto di odori forti, come possiamo esprimere autenticità se non provando a misurarci con tutto quello che sta dietro alla facciata delle cose? E per assurdo, è proprio la vicinanza di un porcilaio che suscita in Spartaco lo stesso effetto della Madelaine per Proust. Qui naturalmente non viene descritta nessuna adolescenza dorata, ma semmai quel senso di antico e di iniziatico che resta ancora nella scoperta del sesso in un ragazzino teso a scoprire il senso della vita nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza (Detto fra parentesi, sarebbe un buon libro di narrativa per le terze medie). Perché dopo, o nonostante il puzzo, è l’affetto che appare come chiave semantica di lettura nel rapporto tra individui.
Altro che autoanalisi da separatezza ne “Il Grande Fratello” o ne “L’isola dei famosi”! In questo “Zia Oria” non viene lasciato niente al caso, siamo calati in un vortice espressionistico che riduce scarnamente la realtà ad essere quella che è, un po’ come “I selvaggi” della squadra de “Il taglio nel bosco” di Carlo Cassola. In questo racconto i silenzi diventano enormi cateratte che urlano sulla terra addormentata. Sono profondi, ti cambiano la vita. Il lavoro , se fatto bene, sporca le mani, e lo stare insieme allora mette alla prova il sé più intimo e nascosto.
I personaggi creati da Australi in questo “Zia Oria” non hanno bisogno di medicine, psicofarmaci, lifting o altro, anche se ancora attendono la luce di Dio, che possa rischiarare l’orizzonte dei loro destini. Attraverso un linguaggio basso, non colto, Australi tenta di catturare le varie emozioni che saranno determinanti nella vita del suo Spartaco, del suo personaggio bambino, rendendo il senso più profondo e autentico dell’ambiente in cui tutto si svolge. E questa è una grande prova di stile, di attrazione verso il significante più che sul significato delle cose. E’ grazie allo stile, al linguaggio espressione di un mondo, pur piccolo, che Spartaco vede le cose come sono nella realtà, intuendo cosa fa girare il motore della vita dietro la facciata dei ruoli. Ed è proprio da Tozzi che forse Australi riparte con il suo periodare aspro e paratattico, ma non per subordinazione a un modello narrativo, quanto semmai per tentare di ricongiungere di quel mondo la fantasia e la vita.
La globalizzazione si contrasta anche così, tornando ad amare il proprio territorio come fa Spartaco-Australi, singolare e ribelle, ma pronto ad apprendere con curiosità, pur di tentare di costruire un luogo autentico di riferimento, che dalla provincia riesca a toccare le stesse corde sensibili della vita e della fantasia che toccano gli uomini imprigionati in una metropoli come New York.
Leggi l’intervista ad Angelo Australi: Angelo Australi e "Zia Oria"
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