Immagine di copertina Credits: Johan Brun, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Basta che cominciate a dire di qualcosa: ‘Ah che bello, bisognerebbe fotografarlo!’ e già siete sul terreno di chi pensa che tutto ciò che non è fotografato è perduto. E che quindi per vivere bisogna davvero fotografare quanto più si può, e per fotografare quanto più si può bisogna: o vivere in modo quanto più fotografabile possibile, oppure considerare fotografabile ogni momento della propria vita.
A scrivere queste parole era un lungimirante Italo Calvino negli anni cinquanta del Novecento. Impossibile non scorgere nel folgorante incipit di questo racconto, pubblicato inizialmente nel 1958 con il titolo La follia nel mirino per un settimanale romano, un ritratto della società contemporanea. Era una riflessione sulla fotografia, ai tempi un’arte ancora analogica e non digitale, che si annodava strettamente a un’analisi psicologica profonda dei comportamenti umani.
Lo scrittore pareva dotato della leggerezza della preveggenza: con un audace raccontino narrato in stile ironico e dissacrante stava affrontando uno dei temi capitali della nostra epoca, senza saperlo. Credeva di parlare del proprio presente, invece stava già raccontando il futuro.
La narrativa profetica di Italo Calvino
Italo Calvino si spegneva nella sua casa toscana di Roccamare, a Castiglione della Pescaia, nella notte tra il 18 e il 19 settembre del 1985 a causa delle conseguenze di un ictus. Trentasette anni fa se ne andava uno dei narratori più estrosi e geniali del novecento letterario italiano. Autore prolifico, audace e originale, nell’arco della sua vita Calvino scrisse innumerevoli romanzi e oltre duecento racconti divenendo uno degli scrittori italiani più letti e tradotti al mondo.
Scrittore immaginifico, a tratti fiabesco cantastorie a tratti narratore impegnato, Italo Calvino ha stregato il pubblico di tutte le età con le sue storie di castelli, baroni rampanti, visconti dimezzati e cavalieri inesistenti, dalle mirabolanti avventure di Marcovaldo sino alle sagge riflessioni di Amerigo Ormea, protagonista della Giornata di uno scrutatore. Impossibile ridurre l’immensa produzione narrativa di Calvino a un genere letterario e a un canone precisi. Tuttavia possiamo individuare qualcosa che accomuna tutti i suoi scritti, ovvero lo stile. Quello di Calvino è uno stile etico che si traduce in un tentativo di trasfigurare la realtà per renderla più semplice e comprensibile.
Questo è particolarmente evidente in alcune sue prose, come il celeberrimo racconto sopracitato. Il testo fu poi rieditato da Calvino con il titolo L’avventura di un fotografo e pubblicato nella raccolta Gli amori difficili (Einaudi, 1970).
Un racconto che oggi ci appare profetico poiché ci mostra il volto di un autore più che mai attuale. Italo Calvino può essere definito lo scrittore più contemporaneo dei contemporanei: aveva già previsto tutto in tempi insospettabili. Negli anni Cinquanta con un’intuizione profetica Calvino preconizzava la deriva narcisistica della comunicazione social, il mondo finto delle “belle immagini” in cui oggi siamo immersi e l’isteria collettiva che la possibilità di catturare un frammento di realtà attraverso la fotografia avrebbe prodotto.
Vediamo di approfondire la riflessione sulla fotografia nel racconto di Italo Calvino.
L’avventura di un fotografo di Italo Calvino: trama
Solo quando hanno le foto sotto gli occhi sembrano prendere tangibile possesso della giornata trascorsa, solo allora quel torrente alpino, quella mossa del bambino col secchiello, quel riflesso di sole sulle gambe della moglie acquistano l’irrevocabilità di ciò che è stato e non può esser più messo in dubbio. Il resto anneghi pure nell’ombra insicura del ricordo.
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Nel racconto L’avventura di un fotografo, che emerge come una perla tra le pagine de Gli amori difficili, Calvino analizza in modo dissacrante le abitudini dei suoi contemporanei. Sembra un moderno antropologo che, anziché osservare qualche sconosciuta tribù esotica, si incaponisce nell’analisi puntigliosa dei suoi simili. Nelle prime pagine del racconto il narratore infatti si sofferma sull’isteria collettiva prodotta dall’avvento della fotografia. Da quando tutti sono entrati in possesso di una macchina fotografica - e quindi hanno la possibilità di fotografare - è esplosa una sorta di smania per cui tutto deve essere fotografabile, riproducibile, essere subito trasformato in immagine. Ciò che non viene immortalato dal flash della macchina fotografica sembra perduto, considera Calvino inducendo così il lettore a riflettere amaramente su un’umanità che affida a qualcosa di deperibile e, tutto sommato, alterabile, la propria memoria privata.
Calvino affida la sua riflessione a un protagonista preciso che di nome fa Antonino Paraggi ed è, per scelta, non fotografo. Assistiamo così all’inaspettata evoluzione del personaggio che, da un iniziale fastidio e totale diffidenza per l’arte della fotografia, per non restare isolato si lascia contagiare dalla stessa febbre che ha assalito i suoi coetanei. La passione per la fotografia però si trasforma ben presto in una mania incontrollata sfociando ben presto in un’ossessione. Antonino Paraggi non si accontenta, infatti, di fotografare ciò che accade, ma pretende di catturare ogni visione attraverso l’obiettivo proponendosi di fare una sorta di catalogazione del reale. Il punto di vista distaccato e critico cede quindi il posto a una dissertazione filosofica: poiché tutto è degno di essere fotografato bisognerebbe costringersi a vivere per fotografare.
Il desiderio costantemente inappagato di fermare la realtà in un istante sfocia ben presto nella nevrosi.
Perché una volta che avete cominciato, - predicava - non c’è nessuna
ragione che vi fermiate. Il passo tra la realtà che viene fotografata in quanto ci
appare bella e la realtà che ci appare bella in quanto è stata fotografata, è
brevissimo.
L’ossessione per l’immagine e il desiderio costantemente inappagato di poter catturare anche l’invisibile conducono Antonino a perdere persino Bice, la donna amata. L’uomo infatti pretende di poter cogliere Bice in ogni istante della sua vita, persino quando è in strada e non sa di essere vista, per poterne restituire il ritratto più compiuto, perfetto, autentico. Antonino pretende di poter contenere la realtà intera, di esaurirla, attraverso il mirino dell’obiettivo; ma l’impresa - il lettore lo sa - appare già persa in partenza.
Nella conclusione il protagonista si trova a fotografare fotografie, poiché quello gli appare il solo mezzo possibile per ottenere la “fotografia totale” cui aspira.
Attraverso la discesa nella spirale della follia del suo personaggio Calvino in realtà conduce il lettore a riflettere su una questione quanto mai attuale: “Cosa ci spinge a fotografare? Perché fotografiamo?”.
Recensione del libro
Gli amori difficili
di Italo Calvino
La fotografia secondo Italo Calvino
Lo stile etico di Calvino emerge in particolar modo nella chiusa de L’avventura del fotografo. Lo scrittore volutamente non impartisce lezioni, non dà una morale, si limita a mostrare al lettore la squallida fine del suo protagonista. La nevrosi ossessiva di cui è vittima il povero Antonino Paraggi voleva essere un monito. Calvino dimostra ai suoi lettori che la realtà è un mondo di immagini libere che non possiamo illuderci di imprigionare in alcun modo. L’ossessione per la fotografia diventa il riflesso di una personalità narcisistica poiché l’essere umano e la realtà stessa non possono essere immortalati in una posa.
Molti anni dopo in una delle sue celebri Lezioni americane, Italo Calvino avrebbe definito la fotografia come una possibile “pedagogia dell’immaginario”.
L’invito, a ben vedere, è sempre lo stesso e si ripete in ogni pagina di questo grande scrittore del Novecento: guardare il mondo nella sua complessità. Senza saperlo Calvino parlava al futuro e ci invitava a non fare affidamento sulla memoria labile delle immagini. Nulla è eterno e nulla può essere eternato, ma la vera bellezza è racchiusa proprio nella fragilità nostalgica dei nostri ricordi.
Chissà cosa direbbe ora Italo Calvino della nostra società contemporanea vittima del bombardamento delle immagini social. Forse non gli basterebbe un racconto per narrarla.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “L’avventura di un fotografo” di Italo Calvino: la profetica riflessione sulla fotografia
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