La bambina che sognava il cielo
- Autore: Alejandro Parisi
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2017
Il romanzo “La bambina che sognava il cielo” (Piemme, 2017, titolo originale La niña y su doble, traduzione di Francesca Capelli) redatto dal giovane scrittore argentino Alejandro Parisi, nato a Buenos Aires nel 1976, si basa sulla storia vera di Nusia Stier de Gotlib che da piccola per salvarsi fu costretta a cambiare identità.
Molto apprezzato in patria, Alejandro Parisi sceneggiatore e autore di romanzi, ha dichiarato di essere particolarmente legato al personaggio di Nusia, in quanto lui stesso discendente di sopravvissuti all’Olocausto emigrati in Argentina.
“Gli unici di cui dobbiamo aver paura sono i russi. Se ci invadono loro, allora sì che saremo perduti”.
I venti di guerra si stavano addensando anche a Leopoli in quell’inverno del 1938, uno dei più duri e lunghi che Nusia ricordasse. La bambina, figlia di Rudolph, un bravo artigiano che aveva uno stimato laboratorio di sartoria e di Helena, finora era cresciuta serena giocando insieme alla sorellina Fridzia. L’abitazione della famiglia Stier si trovava a pochi metri dal Teatro dell’Opera e dal palazzo del sindaco, in una delle zone più esclusive di quella città, Leopoli, abitata in parti uguali da polacchi, ebrei e ucraini che, nel corso dei secoli, aveva più volte cambiato bandiera e nome. Un tempo era Lev, in onore del figlio del re Daniele di Galizia, che l’aveva fondata nel 1256. Cento anni più tardi la città era stata conquistata dai polacchi, che l’avevano chiamata Lwów. Nel 1772 Leopoli era passata agli austriaci e, con il nome di Lemberg, era diventata la capitale di una delle più importanti province dell’Impero austroungarico, la Galizia. Dopo la I Guerra Mondiale e la caduta dell’Impero, la città era tornata ai polacchi che recuperarono il nome di Lwów. Di questa storia, però, Nusia sapeva poco e niente, era solo una ragazzina. Anzi per lei Lwów era un formicaio, un brulichio di gente che parlava in polacco, yiddish e ucraino,
“che entrava e usciva dalle belle chiese ortodosse, da imponenti cattedrali cattoliche e sinagoghe dalla facciata austera”.
A Nusia piaceva vedere intorno a sé persone tanto diverse tra loro. Ma il mondo di Nusia stava per cambiare per sempre. Ascoltando di nascosto i genitori e gli zii che commentavano le notizie che stava trasmettendo la radio, Nusia aveva compreso che c’era la possibilità che i tedeschi invadessero la Polonia. Inoltre nei primi mesi del ’39 erano giunti da Dresda alcuni parenti di Rudolph Stier. la cugina Edwarda e suo figlio Hans, gli unici sopravvissuti alla Notte dei cristalli. Proprio il giorno nel quale Nusia stava per iniziare la quarta elementare suo padre era arrivato a casa sconvolto. I tedeschi avevano iniziato a bombardare Varsavia. La II Guerra Mondiale era in atto. Era il 1° settembre del 1939. La famiglia si era riunita attorno alla radio, comprese le sarte del laboratorio. La voce dello speaker arrivava a scatti: la Polonia era stata invasa contemporaneamente dalla Germania da ovest e dall’Armata Rossa da est. Le cucitrici, cattoliche, si misero a pregare. Durante la I Guerra Mondiale tutte avevano perduto qualche famigliare per mano dei cosacchi. Ora, l’avvicinarsi dell’Armata Rossa riportava in vita le storie con cui erano cresciute fin da piccole. Era innegabile che
“secolo dopo secolo, generazione dopo generazione, i polacchi avevano ereditato un terrore irriducibile dei russi”.
Che fare dunque? Di fronte a un pericolo così grande occorreva prendere una decisione drastica, dolorosa. Un necessario atto di coraggio: cambiare la propria identità in cambio della salvezza.
“Nusia e Rudolph guardarono il cielo. La bambina vide le stelle rosse sulle ali e sugli alettoni, dipinti di verde. L’aereo attraversò la città e scomparve verso ovest. Subito dopo scorsero, in lontananza, i primi soldati russi che entravano in città tenendo alte le bandiere e i fucili”.
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