Nel saggio Le tre ghinee, scritto nell’inverno tra il 1937 e il 1938, Virginia Woolf si poneva una domanda che oggi appare di un’attualità stringente: “Come prevenire la guerra?”.
Le tre ghinee fu portato per la prima volta in Italia molti anni dopo la prima pubblicazione inglese, grazie all’operato di un’editrice coraggiosa: la compianta Laura Lepetit, che lo pubblicò nel 1975 per la casa editrice milanese La Tartaruga, da lei fondata e diretta.
Nel 1938 il libro fu scritto con urgenza, quando la Seconda guerra mondiale era alle porte.
Nel finale la scrittrice inglese annota un appunto tratto dal suo diario nel quale sembra prevedere l’inutilità delle sue parole dinnanzi a un mondo ormai travolto da una tempesta inarrestabile.
Hitler dunque sta accarezzando i suoi spinosi baffetti. L’intero mondo trema: e il mio libro sarà forse come una farfalla sopra un falò consumato in meno di un secondo.
Parole che oggi risuonano nelle orecchie del lettore con l’angosciante certezza di una premonizione.
Le tre ghinee: una saggio contro la guerra
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Il saggio Le tre ghinee nasceva come risposta alla domanda posta da un avvocato a Woolf stessa. L’uomo in una lettera le chiedeva esplicitamente:
“Cosa, secondo Lei, si deve fare per prevenire la guerra?”
alludendo in particolare al contributo delle donne nel perseguire tale proposito.
La risposta di Virginia Woolf, come è noto, non tardò: Woolf, all’epoca cinquantacinquenne e scrittrice affermata, non si limitò a liquidare l’avvocato con una risposta di tre righe, ma argomentò il suo pensiero in un intero libro che presto si tramutò in un saggio femminista.
La lettera conteneva anche la richiesta di una somma di denaro da devolvere in beneficenza. Da quest’ultima la scrittrice trasse spunto per le famose “tre ghinee” (il nome con il quale al tempo si indicavano le sterline, Ndr) che decise di devolvere simbolicamente alla causa: per prevenire la guerra, afferma, bastano tre ghinee (tre sterline, Ndr):
- 1. la prima ghinea - dice Woolf - deve essere devoluta al fondo per l’istruzione femminile,
- 2. la seconda al fondo per garantire l’accesso delle donne alle libere professioni,
- 3. la terza a un’associazione femminile pacifista denominata “La società delle estranee”.
In sostanza il pensiero di Woolf esprime l’idea che all’origine della guerra, e quindi della violenza, vi sia lo stesso meccanismo di base che produce il patriarcato e il fascismo per cui l’uomo è protagonista della vita pubblica e politica, mentre la donna è relegata alla sfera privata e familiare in un contesto di perenne alienazione.
Secondo Woolf esiste un profondo nesso tra l’esclusione delle donne dalla vita pubblica e il militarismo. Dunque la scrittrice struttura il suo saggio secondo una suddivisione ben precisa: tre capitoli, uno per ciascuna delle tre ghinee che intende devolvere alla causa.
La prima ghinea di Virginia Woolf per l’istruzione femminile
Virginia Woolf inizia ad articolare la sua lunga risposta affermando che in realtà le donne non hanno le competenze per parlare di guerra. Da quando è nata infatti la guerra è stata una necessità maschile, un bisogno connaturato all’identità dell’uomo inteso come maschio che trova nella guerra una prova della sua virilità e, di conseguenza, una forma di glorificazione.
Combattere è sempre stato un’abitudine dell’uomo, non della donna. (...) Come possiamo comprendere un problema che è solo vostro, e, quindi, come rispondere alla domanda, in che modo prevenire la guerra? Non avrebbe senso rispondere, basandoci sulla nostra esperienza e sulla nostra psicologia: che bisogno c’è di combattere? È chiaro che dal combattimento voi traete un’esaltazione, la soddisfazione di un bisogno, che a noi sono sempre rimaste estranee.
Woolf quindi prosegue la sua riflessione focalizzandosi sulla necessità dell’uguaglianza tra uomo e donna che parte, innanzitutto, dall’istruzione. Le donne, sostiene la scrittrice, non devono essere relegate al mondo dei salotti e della beneficenza, a un potere acquisito “per procura”, ma avere diritto all’indipendenza. E, per conquistare questa indipendenza, l’istruzione è necessaria.
La prima ghinea a favore della prevenzione della guerra deve quindi essere devoluta all’istruzione femminile e all’istituzione di college femminili. Woolf immagina una scuola ideale in cui sia insegnata “l’arte dei rapporti umani”; “l’arte di comprendere la vita e la mente degli altri”, insieme alle arti minori che le completano. Nel college di Woolf gli insegnanti saranno scelti tra coloro che sono “bravi a vivere”, e non solo a pensare.
La seconda ghinea di Virginia Woolf per l’accesso delle donne alle libere professioni
La prima arma contro la guerra è, secondo Woolf, l’indipendenza economica delle donne. La seconda ghinea deve essere quindi devoluta per favorire l’accesso delle donne alle libere professioni.
Finché le donne non saranno istruite e non avranno indipendenza economica infatti non potranno mai esprimere un parere autonomo e autorevole, diverso da quello maschile.
In questo secondo capitolo, la scrittrice analizza in particolare le figure dei due dittatori del Novecento: il Fuhrer e il Duce, Hitler e Mussolini, uomini che, non a caso, si preoccupavano di dividere in modo netto i confini e le azioni che competono alla virilità e alla femminilità. Nella visione di questi ultimi, all’uomo spetta infatti tenere in mano il fucile, mentre la donna ha il compito di curare le ferite del guerriero.
Là sta racchiuso allo stato embrionale l’essere che, quando è italiano o tedesco, chiamiamo Dittatore, un essere che è convinto di avere il diritto, se derivato da Dio, dalla Natura, dal sesso o dalla razza non ha la minima importanza, di imporre ad altri esseri umani come devono vivere, quello che devono fare.
Woolf aveva vissuto sulla propria pelle l’atrocità e la scelleratezza derivate dai totalitarismi. Il nipote Julian Bell, figlio dell’amata sorella Vanessa, si era arruolato come volontario nella Guerra civile spagnola per combattere il regime di Franco. Ma il suo senso di giustizia non fu ripagato. Julian aveva perso la vita, colpito da una granata mentre era alla guida di un’ambulanza. Quel lutto, accompagnato dalla consapevolezza dell’insensatezza di una morte ingiusta frutto di una guerra ingiusta, accompagnò la scrittrice durante la stesura del saggio.
La terza ghinea di Virginia Woolf per un’associazione pacifista
Dopo aver affermato la necessità dell’uguaglianza delle donne, il pensiero di Woolf si fa più astratto.
La scrittrice analizza un cultura distorta, vittima di una schiavitù imperante. Le radici del fascismo, afferma l’autrice, sono da ricercare sulle pagine dei giornali, negli scritti, nella cultura stessa che ormai è appannaggio dei cervelli partoriti da istituzioni illustri come Cambridge e Oxford. Woolf parla, senza mezzi termini, di prostituzione della cultura.
Se i giornali fossero scritti da persone il cui solo scopo nello scrivere fosse quello di dire la verità sulla politica e la verità sull’arte, noi non crederemmo nella guerra e crederemmo nell’arte.
La terza ghinea, l’ultima, Woolf stabilisce di devolverla simbolicamente per la creazione di un’associazione pacifista costituita da donne, chiamata La società delle estranee.
L’associazione lavorerà per la causa della libertà, dell’uguaglianza e della pace e non utilizzerà mai le armi se non quelle della ragione e dell’istinto. Le donne, afferma Virginia Woolf, non agiranno mai in nome di un fine patriottico. Questa considerazione in seguito le farà dire la celebre frase:
Io in quanto donna non ho patria. La mia patria è il mondo intero.
In conclusione la scrittrice inglese legava a doppio nodo il concetto di femminismo con quello di pacifismo, anticipando tematiche che oggi sono più che mai attuali. Il pensiero di Woolf collegava due concezioni all’apparenza distanti con una lucidità di pensiero ineccepibile, illuminando chiaramente tutte le sue tesi con una prosa sopraffina.
Virginia Woolf: per prevenire la guerra, occorre lavorare su istruzione, cultura e indipendenza di pensiero
Un libro di Svetlana Aleksievič, giornalista bielorussa vincitrice del premio Nobel per la Letteratura, titola La guerra non ha un volto di donna. Non è esattamente questo ciò che intendeva dire Woolf al termine del suo breve saggio?
La scrittrice inglese aveva compreso che la guerra era un argomento ampio e delicato, così profondo e onnicomprensivo da riguardare strettamente le origini più primitive della specie umana. Per prevenire la guerra, sostiene saggiamente Woolf, non serve denaro né manifestazioni pacifiste, occorre lavorare sull’istruzione, sulla cultura e quindi sull’indipendenza di pensiero, perché non si può prevenire la guerra se non si cambia radicalmente il pensiero.
La risposta di Woolf è ampia e contiene moltitudini, come del resto si addice a una domanda complessa che riflette una pluralità di significati inespressi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Come prevenire la guerra? La risposta di Virginia Woolf
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