La congiura delle tre pergamene
- Autore: Matteo Di Giulio
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2017
Il Codice Voynich, il manoscritto più misterioso al mondo, è al centro di un riuscito thriller storico-esoterico made in Italy, un gustoso melange d’azione, intrighi e oscurità impenetrabili, sul modello dei romanzi irresistibilmente attrattivi di Dan Brown. È “La congiunta delle tre pergamene” in diffusione da questa estate nella veste elegante delle edizioni Newton Compton (pp. 382, euro 9,90), a firma dello scrittore, traduttore, saggista e critico cinematografico milanese Matteo Di Giulio.
Il Voynich, spiega l’autore, è un codice manoscritto risalente al XV secolo, tuttora incomprensibile nonostante in tanti abbiano provato a decifrarlo nel corso del tempo, compresi i servizi segreti di mezzo mondo. Il libro contiene illustrazioni botaniche che non somigliano ad alcun vegetale noto e le espressioni usate sono scritte in una epigrafia sconosciuta, che non appartiene a nessuna lingua o alfabeto noti.
La trama. A Firenze, nel 1501, il nemmeno trentenne Martino è in procinto di partire. Qualcuno non vuole che faccia ritorno vivo: è fulmineo e scioccante l’annuncio dei pericoli che si addensano sulla testa dell’erede cadetto del nobile Alessandro Durante.
Su letto di morte, quindici anni prima, il padre aveva affidato a lui l’amministrazione dei beni di famiglia, sapendolo votato allo studio e alla cultura. Al fratello maggiore Niccolò, era stata lasciata, simbolicamente, la spada con lo stemma di famiglia, un falco a tre teste. Il morente aveva riservato al primogenito un mandato di formazione militare presso gli Sforza, a Milano.
Martino Durante è un giovane posato, con una bella moglie e un figlioletto di due anni. È agiato e fosse per lui non si sarebbe mai impegnato nel servizio di corrieri postali, l’affare che gli ha prospettato messer Strozzi, facendo balenare lauti guadagni. Ma non si può dire di no al proprio mentore, all’uomo che ti ha cresciuto.
Fatto sta, che quel qualcuno che vuole la testa del Durante rivolge al banchiere fiorentino una richiesta riservata che nemmeno il ricchissimo Strozzi può respingere, nonostante la sua onnipotenza a Firenze. Azzarda una proposta alternativa alla morte di Martino, ma non vuole perdere l’opportunità di “diventare uno di loro”, offerta in cambio della collaborazione.
In una tappa dell’itinerario verso Bologna, il giovane si sottrae a stento a un voltafaccia della sua scorta. Il ritorno a casa è infausto: trova le baracche dei braccianti bruciate, la gente uccisa, moglie e figlio scomparsi.
Aurora e Zaccaria rapiti? Voglia il cielo che non siano morti.
È sopravvissuto solo un ragazzo, Lorenzo, che ha visto tutto. I soldati del gonfaloniere lo interrogano: gli assalitori indossavano maschere di legno, recavano barili di pece greca incendiaria. Ma nessun nobile è rimasto coinvolto, non c’è da sprecare tempo per pochi villici uccisi. Martino corre a casa Strozzi. È vuota, sembrano spariti tutti.
Non sa che il banchiere si è recato a incassare il prezzo del tradimento, trovando solo un uomo mascherato, il freddo di una lama e la morte.
Durante indaga, interroga, decide di andare a cercare. Affida a un servitore fidato i beni da amministrare e la casa da custodire, in attesa di fare ritorno coi cari. Non è abituato alle armi, ma si rivela capace di imparare a maneggiarle e scopre aspetti di sé che ignorava: è crudelmente giusto, animato da brama di vendetta, dal desiderio di ritrovare i suoi, rapiti per l’eredità contesa del padre di Aurora, almeno così ritiene.
Di certo, chi lo voleva morto si rende conto di non doversi pentire di avere accettato la proposta di Strozzi. Vogliono “qualcosa” che Martino possiede e che hanno cercato ma non trovato, pur facendo mettere a soqquadro la casa.
Con Lorenzo, che lo ha seguito, il giovane viene attirato dai ricattatori a Piacenza. Indossano maschere di legno, non chiedono denaro, pretendono quel “qualcosa” in cambio di Aurora e Zaccaria. Durante sceglie di stare al gioco.
Alterne vicende lo portano, ferito nel fisico e nell’animo, nell’Abbazia di Viboldone, a un giorno da Milano. L’ordine che gli ha dato accoglienza è sconosciuto, gli Umiliati. Frate Ludovico, il vicario, rivela che non sono una congregazione religiosa, perché accettano anche laici: si oppongono al lusso, lavorano la terra e predicano la povertà, perfetti nella fede, efficaci nelle opere.
Milano riserva a Martino tante sorprese: un rifugio sicuro in un monastero domenicano indicato dall’Umiliato, l’incontro con una giovanissima ladra, con un lanzichenecco ungherese che fa il predicatore e soprattutto col fratello Niccolò, possente soldato di ventura.
E c’è da incontrare ancora un singolare manoscritto, “quel” misterioso codice, che muove ancora una volta il mondo e ispira un romanzo.
Va aggiunto che il genitore aveva lasciato un oggetto anche a Martino: una scatola di legno, chiusa (non aprirla!) e con una una frase latina di Catone incisa a caratteri gotici:
“non devi mai aver paura di imparare, l’ignoranza è un nemico da sconfiggere”.
La congiura delle tre pergamene
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