Strano destino quello di William Faulkner, lo scrittore rifiutato ripetutamente dagli editori che vinse il premio Nobel. Senza dubbio Faulkner rappresenta l’emblema vivente della tenacia della vocazione letteraria. Proprio lui che era solito accompagnare ogni sessione di scrittura con una bottiglia di whisky, con il risultato che spesso al mattino non ricordava più cosa avesse scritto la sera precedente.
Oltre che un grande scrittore Faulkner era noto per essere un accanito bevitore e anche una testa calda. Indolente e scansafatiche nel lavoro, l’unica attività in cui metteva tutto se stesso era la scrittura e su quest’ultima, davvero, aveva le idee chiare.
Gli strumenti del mestiere per lui erano, nell’ordine, carta, tabacco, cibo e una bottiglia di whisky.
Per il resto Faulkner affermava che la scrittura non si poteva insegnare, poiché ciascuno la doveva imparare da sé attraverso una serie di tentativi ed errori. Nel corso di un’intervista rilasciata a Paris Review nel 1958 Faulkner disse:
Un buon artista crede che nessuno sia abbastanza bravo da dargli un consiglio.
Quindi se non volete leggere i consigli di William Faulkner o pensate che siano le solite lezioncine di scrittura, siete già sulla buona strada.
In writing you must kill your darlings: cosa significa?
Erroneamente a Faulkner si attribuisce una regola aurea della scrittura creativa che recita: “ In writing you must kill your darlings” che ricorda l’importanza di eliminare dalla prima stesura le espressioni, gli idiomi, e i termini lessicali ricorrenti che siamo soliti usare con troppa assiduità quindi, per definizione, i nostri “tesori”. In realtà la frase fu pronunciata da uno scrittore inglese, Sir Arthur Quiller-Couch, tuttavia la sua validità rimane indubbia.
La celebre frase “kill your darlings” dunque non è sua, ma Faulkner ha dispensato ugualmente dei consigli di scrittura nel corso di un ciclo di lezioni tenute tra il 1957 e il 1958 presso l’università della Virginia. Alcuni di questi punti gli erano molto da cari, tanto che li citò persino nel corso di un’intervista con Jean Stein per Paris Review che fu poi intitolata - non a caso - The Art of Fiction.
Al principio dell’intervista William Faulkner esordiva con un’affermazione singolare:
If I had not existed, someone else would have written me, Hemingway, Dostoevskij.
Se non fossi esistito - afferma Faulkner - qualcuno mi avrebbe inventato, Hemingway, Dostoeviskij. Lo scrittore dunque si immagina come personaggio: e questa forse è la lezione più importante che ci ha dato William Faulkner, prima ancora di snocciolare i suoi famosi consigli, riposti tra le righe delle sue dichiarazioni, come degli aneddoti segreti che solo il più abile lettore è in grado di cogliere.
Qual è la lezione di William Faulkner sulla scrittura? Scopriamola insieme.
I consigli di scrittura di William Faulkner
1. Lo scrittore è amorale
Secondo Faulkner non conta chi scrive, ma l’opera. In nome di questo diktat Faulkner autorizza ogni scrittore ad attingere a piene mani delle opere di altri scrittori, autorizzando a imitarne prosa e costrutti. Ciò che conta è il risultato e dunque che l’opera finale sia abbastanza buona da poter essere sfruttata a piene mani dai lettori e scrittori che verranno.
2. Uno scrittore è sempre insoddisfatto
Nessuno scrittore deve mai essere soddisfatto del proprio lavoro, deve sempre sentire che ciò che ha scritto non è buono quanto quello che aveva pensato. Proprio questa ambizione, afferma Faulkner, è all’origine della scrittura ed è ciò che spinge a scrivere, scrivere, in un continuo duello con se stessi. Questa sfida, il voler continuamente superare se stessi, è l’impulso chiave che guida la mano alla penna - o alla macchina da scrivere.
3. Conta più la storia dello stile
Se lo scrittore si preoccupa troppo dello stile scriverà “un vuoto pretenzioso” secondo Faulkner. Ne risulterà una prosa molto bella e ammirevole ma insulsa, povera di contenuto e di mordente. Un vero scrittore, a giudizio di Faulkner, è troppo impegnato a rincorrere la sua storia per preoccuparsi dello stile.
4. Scrivi sulla base della tua esperienza
Ogni scrittore scrive sulla base della propria esperienza. Nel concetto di esperienza Faulkner includeva una definizione molto ampia, ovvero tutto ciò che un uomo ha letto, ha sentito, ha percepito e immaginato è parte dell’esperienza.
Riuscite forse a concepire un’opera privata di questo bagaglio incommensurabile? Ogni autore porta in fondo il proprio mondo interiore all’interno della storia che scrive.
5. Devi credere nel tuo personaggio
La base per una buona storia, secondo Faulkner, è data dai suoi personaggi. Devono essere vivi, veri, lo scrittore stesso deve avere piacere nell’incontrarli. Lasciandosi guidare dal proprio personaggio - dalla sua voce - la scrittura verrà da sé. Secondo William Faulkner il personaggio messo su carta diventa “un’azione meccanica”.
6. Uno scrittore deve essere un buon lettore
Nessuno nasce scrittore, si diventa scrittori perché si è dei buoni lettori. Faulkner invita chi vuole scrivere a leggere tanto, a leggere di tutto e non solo la grande letteratura. Ogni scrittore deve essere innanzitutto un apprendista e imparare le parole dai suoi maestri. La chiave per scrivere, secondo l’autore premio Nobel, è innanzitutto “assorbire ciò che si legge”.
7. Scrivi e non accampare scuse
L’ispirazione è sopravvalutata. L’unico modo per diventare scrittori è sedersi a un tavolino e scrivere. Faulkner non nutre alcuna indulgenza per gli scrittori falliti che a loro discolpa imputano le circostanze. In un celebre discorso, tenuto il 25 febbraio 1957, disse di non sopportare coloro che dicono “se non lavorassi così tanto, sarei uno scrittore” o ancora “se fossi sposato con figli sarei uno scrittore”. Il vero scrittore deve essere guidato dal demone della scrittura: se possiede quell’inquietudine interiore - una caratteristica innata e non trasmissibile né acquisibile - nulla potrà impedirgli di scrivere. E scriverà.
Nella conclusione dell’intervista rilasciata per Paris Review William Faulkner infine ribadiva lo stesso concetto caro a Virginia Woolf, ovvero la cara idea della “stanza tutta per sé”. Anche secondo Faulkner l’unico ambiente di cui lo scrittore ha bisogno è la pace, poiché un ambiente sbagliato o caotico non farà altro che renderlo frustrato e aumentare la sua pressione sanguigna. In un posto tutto suo, nel silenzio, invece lo scrittore potrà finalmente scrivere. Sul tavolino ovviamente non possono mancare carta, tabacco e whisky.
Alla domanda finale dell’intervistatore “Bourbon, intende?” William Faulkner rispose snza esitare: “Non sono così sofisticato. Tra lo scotch e il nulla, scelgo lo scotch.”
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I consigli di William Faulkner a un giovane scrittore
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