Nella lezione inaugurale del Salone del Libro di Torino 2022, lo scrittore indiano Amitav Ghosh ha affermato che la nuova sfida della letteratura contemporanea è discostarsi dalla visione antropocentrica per “trovare parole per ciò che non è umano”.
Isole dell’abbandono. Vita nel paesaggio del post-umano della scrittrice e giornalista scozzese Cal Flyn incarna proprio questa sfida ed è la risposta perfetta all’appello di Ghosh. Flyn è riuscita nella temeraria impresa di dare parola ai luoghi, alla natura stessa, esprimendo così l’indicibile realtà dei paesaggi senza uomini, le cosiddette “Isole dell’abbandono”.
Con il suo romanzo-saggio, Cal Flyn ha vinto il Sunday Times Young Writer of the Year Award, assegnato ogni anno a un autore britannico di età inferiore ai 35 anni.
Le isole dell’abbandono di Cal Flyn
Link affiliato
La ricerca dell’autrice è partita da casa, dalla natia Scozia, dove si trova la remota isola di Inchkeith in cui il re Giorgio condusse un esperimento disumano, per poi condurci per mano attraverso i luoghi più abbandonati e inaccessibili del Pianeta. Molti dei territori di cui si parla nel libro sono “esperimenti proibiti”: aree dove si sono verificati meltdown nucleari, contaminazioni tossiche, guerre, oppure zone urbane insidiose che sono teatro di scontri sociali e politici.
Al fascino oscuro della decadenza si accompagna tuttavia una narrazione di rara intensità poetica: le “isole dell’abbandono” raccontate da Flyn non sono territori cupi, ma luoghi pervasi di speranza che riescono a porci in contatto con la nostra parte più spirituale. Pur raccontando lo spettro della crisi climatica questi paesaggi desolati, dove spesso la traccia dell’umano appare come una memoria lontana, ci ricordano che non tutto è perduto. Laddove la natura prende il sopravvento, in modi e forme sconosciute, ecco che la vita si rinnova e costantemente rinasce.
Perché la vita vince, sempre, è questa la morale nascosta tra le righe dell’opera innovativa - e necessaria - di Cal Flyn.
Intervista alla scrittrice Cal Flyn
In occasione del Salone Internazionale del libro di Torino, abbiamo intervistato Cal Flyn, in una conversazione fiume che ha toccato vari argomenti di stretta attualità, come l’emergenza climatica, la pandemia, la guerra, ma soprattutto lo scenario più indefinibile di tutti: il futuro.
L’autrice scrive con un linguaggio maturo e perfettamente controllato, capace di combinare la saggistica scientifica all’emozione della poesia più pura. Per questo forse sorprende un po’ trovarsi di fronte una ragazza inaspettatamente giovane con un viso fresco e sorridente che amabilmente ti saluta dicendoti: “Hello, nice to meet you”.
La nostra conversazione inizia parlando del caldo e dell’afa di Torino, il che è del tutto logico considerando la situazione, però a posteriori stupisce considerando che Cal Flyn ha attraversato alcuni dei luoghi più infernali della terra, compresa la città fantasma di Prypiat adiacente a Chernobyl, e li ha portati sulla pagina con una nitidezza sconcertante.
In ogni caso anche lei è umana e patisce il caldo di Torino di cui si lamenta sorridendo, mentre sorseggia lentamente da una bottiglietta d’acqua. Ben presto la nostra conversazione si sposta in una dimensione ben diversa, quella letteraria, che immediatamente sembra annullare il chiasso e i rumori di sottofondo del Salone.
- Nel tuo libro parli del potere intrinseco della natura. Sei riuscita a rispondere all’appello di Amitav Ghosh, quello di creare una letteratura del “non umano”. È davvero questa, secondo te, la narrativa del futuro?
Sì, penso che oggi ci siano scrittori che cercano di dare parola a ciò che non è umano. Non sono certamente l’unica. Si è scoperto che c’è qualcosa, un forte potenziale narrativo inespresso, anche in tutto ciò che va oltre il nostro linguaggio, la nostra esperienza umana limitata. Non pensavo di rispondere all’appello di Ghosh, ma sono felice di esserci riuscita.
- Come ti è venuta l’ispirazione per scrivere questo libro? C’è stato un luogo, in particolare, che ha innescato la scintilla ispiratrice?
Il luogo che ha dato inizio a tutto sono state le isole Slate, in Scozia. Le ho visitate perché dovevo scrivere un articolo su un giornale locale. Trovarmi in quel luogo, ascoltare lo sciabordio profondo dell’acqua marina che inaspettatamente riempiva i profondi crateri rocciosi, mi ha portato a riflettere. Ecco è stato forse quello il momento che ha dato inizio a ogni cosa. Il primo progetto di ciò che sarebbe stato il libro futuro Isole dell’abbandono era proprio in quell’articolo.
- Nel libro dici che le tue sono “storie di redenzione”, non di restaurazione. Pur raccontando luoghi e atmosfere cupe, nel tuo libro dimostri che la vita vince sempre, che è in grado di riadattarsi e ritrasformarsi e continuamente rinnovarsi. È questa la lezione che hai tratto dai tuoi viaggi?
Sì, quello che ho scoperto attraverso le mie ricerche è che la vita - la natura, di fatto - possiede una capacità di rinnovamento incredibile. Ecco che, proprio dove meno te lo aspetti, la vita torna a fiorire nei luoghi più desolati e distrutti. A volte serve del tempo ma la vita trionfa sempre. Ne è la dimostrazione l’Atollo Bikini, devastato dagli esperimenti nucleari che hanno preceduto Hiroshima, che ora è popolato da una nuova vegetazione insolita e da una flora di coralli sottomarini.
- Queste isole dell’abbandono sono forse la visione più realistica di ciò che diventerà la terra quando l’umanità si sarà estinta?
Mi sono accorta che il cambiamento climatico si verifica attraverso diversi livelli di danno. C’è un primo livello, più superficiale, che è quello del disboscamento e dello sradicamento. Poi c’è un livello, più profondo, che è dato dalla contaminazione. Però persino nei luoghi contaminati rinasce una nuova natura. È come se nella terra si conservasse una forma di “memoria ecologica”. È esattamente questo che mi ha fatto pensare che l’uomo crede di poter essere padrone della natura, di migliorarla, mentre la natura conosce la strada da sé. Si rinnova da sola, senza bisogno di nessun aiuto da parte nostra. E in questo non c’è un meglio o un peggio, un aspetto positivo o negativo: è semplicemente la forza della vita.
- “Isole delle abbandono” si presenta come un saggio scientifico, eppure ci sono pagine piene di poesia. Ad esempio questa citazione: “Questa vita latente, che aleggia intorno a noi in ogni istante, come etere”. Come sei riuscita a combinare questi due aspetti della narrazione: quello scientifico con quello poetico?
Ho cercato, senza volerlo, la poesia nella scienza. Io non sono una scienziata, ho avuto una formazione umanistica. Della scienza però sono curiosa, ho bisogno di capirla e quindi di trasformare le nozioni scientifiche in idee. Credo che nella scrittura si sia verificata questa forma di traduzione: mi sono appriopriata della scienza attraverso le mie parole, i miei schemi mentali, e questo libro ne è il risultato.
- Pensi che noi, come esseri umani, dobbiamo essere rieducati nel nostro rapporto con la natura?
Penso che la cosa più importante sia “To care”, il prendersi cura. Dobbiamo capire come possiamo prenderci cura della natura. Dovrebbe svilupparsi da parte nostra un nuovo senso, come una specie di “feeling nature”, qualcosa che ci permetta non solo di vivere nella natura ma di sentire la natura, entrando in contatto con un mondo che in realtà non ci appartiene del tutto.
- Nel libro a un certo punto osservi che nei territori di guerra si è sviluppata la maggiore quantità di animali selvatici. La pandemia prima, la guerra poi, stanno disegnando nuove geografie territoriali?
È una domanda complessa. Credo che sia ancora troppo presto per capirlo. Certamente anche durante il lockdown causato dalla pandemia abbiamo avuto modo di vedere che, in assenza dell’uomo, gli animali e la natura prendono il sopravvento. Ma per valutare gli esiti di questi cambiamenti ci vuole molto tempo. È solo il tempo che dà le risposte.
- La parte forse più oscura nel libro è quella dedicata a Prypiat, la città fantasma adiacente a Chernobyl. Però tu descrivi il contatto con le radiazioni quasi come un’esperienza mistica, tanto che alla fine dici: “Non ho paura”. È davvero così?
Le radiazioni sono un concetto che non si può afferrare da un punto di vista materiale. Per questo motivo dobbiamo abbandonare la razionalità, affidarci a ciò che non si vede. E questa sì, in un certo senso, può essere definita un’esperienza mistica, una sorta di atto di fede. C’è qualcosa che ci spinge ad andare oltre. E quei territori di Chernobyl ora non sono più luoghi di morte: animali e piante stanno rifiorendo, alcune persone sono tornate addirittura a viverci, come racconto nel libro. Alla fine dobbiamo affidarci a questo, anche se si ha la sensazione che il passato in quel luogo sia più tangibile che in qualsiasi altro posto.
- Nella conclusione parli del cambiamento climatico che sta avendo effetti sempre più immediati. Descrivi, nel dettaglio, alcune teorie apocalittiche. Eppure, di nuovo, lanci un messaggio di speranza dicendo che “tutto volgerà in bene” perché la natura, nella sua rinascita costante, ce lo insegna. Intessi il paragone tra il nostro Pianeta e la città biblica Babilonia, che fu punita con la distruzione per l’arroganza dell’uomo. Sarà così, la fine del mondo ci troverà impegnati in un lauto banchetto?
Sappiamo pochissimo del futuro, è qualcosa che va al di là della nostra comprensione. Io stessa non sono in grado di fare profezie, il futuro è l’ignoto. Però, come ho scritto, mi piace pensare il mondo in modo quasi biblico. Alla fine la vita stessa è un atto di fede: non conosciamo il futuro ma ci affidiamo al domani.
- Ma nel libro dici che tu non credi in Dio.
È vero (ride, come colta di sorpresa, Ndr) non ci credo ma sento che vivo in un posto a lui vicino. Credo che c’è qualcosa che trascende la razionalità pura. Mi definisco una sorta di “scienziata spirituale”.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Mi definisco una scienziata spirituale”: intervista a Cal Flyn, autrice di “Isole dell’abbandono”
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Narrativa Straniera Ti presento i miei... libri News Libri Fiere del Libro e festival letterari Edizioni Atlantide
Lascia il tuo commento