Il poeta spagnolo José Hierro, nato a Madrid nell’aprile del 1922, ha dedicato un’intensa poesia alla luna d’agosto che si traduce nello straziante canto di un uomo posto dinnanzi al prospetto della propria mortalità.
La poesia, meglio conosciuta con il semplice titolo di Luna, è contenuta nella raccolta Tierra sin nosotros (1947), traducibile letteralmente come La terra senza di noi.
La lirica tocca grandi temi, quali l’immortalità e il tentativo dell’uomo di controllare lo scorrere del tempo. In questa prima raccolta troviamo la percezione angosciante del vivere, che l’autore sperimentò negli anni duri della guerra civile.
Per José Hierro la chiarezza dell’espressione poetica veniva prima di ogni altra cosa: la poesia non doveva essere oscura, insidiosa, ma trasmettere in modo chiaro e semplice ciò che era “difficile” per il sentire. L’autore diceva di concepire “la scrittura come una necessità”, motivo per cui alternava momenti di attività scrittoria frenetica e appassionata a periodi di lungo silenzio. La scrittura doveva nascere da un’esigenza, da un bisogno interiore, oppure non aveva alcuna ragion d’essere. Le sue poesie raccontavano una storia muovendosi in bilico tra realtà e allucinazione; l’opera doveva restituire l’emozione del pensiero, dell’impensato, del razionale e dell’irrazionale. Alla chiarezza espressiva dunque faceva sempre da contraltare, come una costante, il disordine dell’immaginazione.
Oggi Hierro è considerato uno dei maggiori poeti contemporanei di lingua spagnola: nella sua vasta produzione letteraria ha toccato innumerevoli tematiche, dalla guerra all’impegno civile sino ai temi più profondi del tempo e della memoria. Per la sua opera poetica è stato insignito di numerosi riconoscimenti, tra i quali ricordiamo il Premio Adonais 1947, il Premio Nacional de Literatura nel 1953, Premio Nacional de la Crítica 1957, Premio Príncipe de Asturias nel 1981. Nel 1999 è stato insignito del prestigioso Premio Cervantes.
Scopriamo più nel dettaglio testo, analisi e commento della poesia dedicata da José Hierro alla luna d’agosto.
“Luna d’agosto” di José Hierro: testo
Tamburello dei secoli per addormentare l’uomo
imprigionato nel cuore muto dell’universo.
Mezza mela d’oro da mangiare per il bambino
finché non si sentirà eterno.Alberi, ponti, torri, montagne, mari, strade.
E tutto ciò che va alla deriva svanirà.
Quando essi non vivono più, nello spazio, liberi,
tu continuerai a vivere.E quando ci stanchiamo (perché dobbiamo stancarci).
E quando ce ne andremo (perché vi lasceremo).
Quando nessuno si ricorda che un giorno moriremo
(perché moriremo).Tamburello dei secoli per addormentare l’uomo,
mezza mela d’oro che misura il nostro tempo,
quando non sentiamo più, quando non saremo più,
tu continuerai a vivere.
“Luna d’agosto” di José Hierro: testo originale spagnolo
Pandereta de siglos para dormir al hombre
preso en el corazón mudo del universo.
Media manzana de oro para que el niño coma
hasta sentirse eterno.Árboles, puentes, torres, montes, mares, caminos.
Y todo a la deriva se irá desvaneciendo.
Cuando ellos ya no vivan, en el espacio, libre,
tú seguirás viviendo.Y cuando nos cansemos (porque hemos de cansarnos).
Y cuando nos vayamos (porque te dejaremos).
Cuando nadie recuerde que un día nos morimos
(porque nos moriremos),pandereta de siglos para dormir al hombre,
media manzana de oro que mide nuestro tiemo,
cuando ya no sintamos, cuando ya no seamos,
tú seguirás viviendo.
“Luna d’agosto” di José Hierro: analisi e commento
La poesia Luna d’agosto di José Hierro è costruita su quattro quartine di versi alessandrini legate tra loro da rime consonantiche.
La luna viene rappresentata sin dall’incipit attraverso una metafora: è “il tamburello dei secoli per addormentare l’uomo”, la sua presenza nel cielo notturno appare dunque come una quieta ninnananna che accompagna, da sempre, la mente verso il sonno. Il rumore della luna, che tamburella sordo come un battito, fa da contraltare al silenzio assordante dell’universo. Nel sonno è insita la promessa del risveglio: è l’inganno dell’immortalità che addormenta l’uomo.
La falce di luna viene poi rappresentata attraverso un’immagine che sembra rimandare a un mondo divino di matrice classica, greca o latina: è una “mezza mela d’oro”, simile al cibo degli Dei.
Dal primo al quarto verso possiamo cogliere l’ambizione dell’uomo che in vita aspira all’eternità: il bambino infatti nella sua infanzia si sente eterno e guarda alla “mezza mela d’oro della luna” come a un simbolo, inconfutabile, dell’immortalità. Il bambino sembra quasi mangiare la luna, sfamarsene, si nutre del sogno come di un inganno.
Segue quindi un elenco per asindeto di tutto ciò che è destinato a svanire: “alberi”, “ponti”, “torri” e “strade” che, in contrapposizione al bagliore immutabile della luna, sembrano riflettere il presagio di una fine prossima.
La poesia di Hierro sembra voler ricercare una conoscenza quasi ascetica del significato dell’esistenza. L’intero brano è costruito su metafore, parallelismi, elenchi e anafore. La ripetizione anaforica del verso “quando non saremo più” sembra scandire il tempo limitato della vita. Su tutto regna tuttavia incontrastata la presenza della luna, immortale, che continua a vivere attraverso i secoli.
Possiamo notare la struttura musicale della poesia di José Hierro che si fonda su un ritmo scandito lento-rapido-lento che ricorda quello di una sinfonia di Beethoven. Proprio come una sinfonia la poesia Luna procede secondo i quattro movimenti stabiliti da Haydn: c’è l’apertura, a tema veloce-allegro, che stabilisce il tema della composizione, seguita poi da un movimento adagio e da un tempo accelerato.
La lirica di Hierro può essere infatti letta come un canto, una melodia che culla l’uomo attraverso il passaggio dei secoli, su cui permane il bagliore latteo ed eterno di una luna che non tramonta mai. La luna è silenziosa, un lontano corpo celeste estraneo alla vita umana, eppure nella lirica le viene associato un suono preciso - quello di un tamburello - e le viene data anche una voce. La possiamo così quasi vedere, nella nitidezza della sera estiva che ne rischiara i contorni e sembra ritagliarla, facendola emergere dallo sfondo nero del cielo.
In un’ultima lettura di questi versi si può cogliere, infine, la volontà della parola di sopravvivere, di durare, persino oltre la morte. Il poeta è conscio del suo destino, sa che anche lui è destinato semplicemente a passare come tutti gli uomini nati su questa terra, tuttavia affida alla luna-poesia la sua speranza di immortalità che raggiunge l’apice della propria intensità nel finale:
Tú seguirás viviendo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Luna d’agosto”, la poesia sull’immortalità di José Hierro
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