Come mai il romanzo storico, un genere che dall’inizio dell’Ottocento ha avuto in Italia e un po’ in tutta Europa un grande successo, sembra essere stato a lungo dimenticato, mentre ora torna prepotentemente ad occupare le classifiche dei libri più letti ed amati?
I grandi titoli ottocenteschi, da “I promessi sposi” ad “Ettore Fieramosca”, fino ai “Vicerè” di Federico De Roberto (1894), dagli inglesi “Il Monaco” (1796, un capostipite del genere) e “Ivanohe” (1820); mentre in Francia Alessandro Dumas padre pubblicava “I Tre moschettieri” (1844) e “Il Conte di Montecristo” (1846), in Russia nasceva il grande romanzo storico per eccellenza, “Guerra e Pace” di Tolstoi (1865) fino al celebre “Quo Vadis” del polacco Henryk Sienkiewics pubblicato nel 1894.
In Italia, per restare in ambito nazionale, il romanzo storico trova nel nuovo secolo una nuova dimensione di successo con Luigi Pirandello, autore de “I vecchi e i giovani” del 1913, mentre recentemente Sellerio ha ripubblicato il romanzo “I Beati Paoli”, di Luigi Natoli, ambientato a Palermo ed uscito nel 1910; in tempi più vicini, ecco comparire il romanzo storico più celebre della letteratura italiana novecentesca, “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, uscito postumo per Feltrinelli nel 1958, il cui successo si deve anche, ma non solo, allo straordinario film girato nei luoghi descritti nel libro da Luchino Visconti nel 1965. Altro capolavoro si deve alla penna di un grande autore siciliano, Leonardo Sciascia, che pubblica nel 1963 “Il consiglio d’Egitto”, ambientato nella Palermo settecentesca. Sempre in Sicilia la scrittrice Dacia Maraini colloca la storia della sua antenata protagonista del suo romanzo più celebre, anch’esso divenuto un film: “La lunga vita di Marianna Ucrìa” (1990), vincitore a ragione del Premio Campiello. Come Maraini, altre scrittrici si sono cimentate nel genere storico; cominciando da Elsa Morante, che con il suo “La storia” uscito nel 1974, ambientato a Roma durante la Seconda guerra mondiale quando la scrittrice era testimone dei fatti rievocati, pose seri problemi alla critica incerta se collocare il bellissimo romanzo all’interno del canone del romanzo storico; ancora scrittrici, che nel Novecento sono per fortuna numerosissime: ecco il romanzo più fortunato di Maria Bellonci, “Rinascimento privato”, una summa della storia delle corti del centro Italia, tra Ferrara, Mantova e Urbino, con i ritratti indimenticabili di Isabella d’Este, Elisabetta Gonzaga e Lucrezia Borgia. Anna Banti invece con “Artemisia”, del 1947, aveva raccontato la inquietante vicenda della pittrice seicentesca Artemisia Gentileschi, stuprata dall’amico del padre, oggetto di un drammatico processo, oggi ricordata da una bellissima mostra dei suoi quadri a Palazzo Braschi a Roma.
Da ricordare anche almeno tre romanzi di grande successo relativi alla storia del Sud, “Il resto di niente”, di Enzo Striano, uscito nel 1986, la rievocazione della sanguinosa rivolta della Repubblica Partenopea del 1799, che si concluse tragicamente con l’esecuzione capitale dei suoi più entusiasti animatori, come Eleonora Fonseca Pimentel e l’ammiraglio Caracciolo; mentre i “Fuochi del Basento” (1987) di Raffaele Nigro, racconta le lotte intraprese dai contadini nel Sud prima della Unificazione. “Francesca e Nunziata”, di Maria Orsini Natale, pubblicato nel 1996, che racconta in un largo affresco la storia di una famiglia di pastai della costiera amalfitana, tra metà ottocento e gli anni Quaranta del secolo scorso; al personaggio di Francesca ha dato il volto Sofia Loren in un elegante film televisivo che ne è stato tratto.
Ritornando al romanzo che da parte di alcuni critici è stato definito con il termine di “neostorico”, non si può che parlare del grandissimo successo del suo vero iniziatore, Umberto Eco che con “Il nome della rosa” nel 1980 riuscì a creare un fenomeno internazionale rilevante: la storia di Guglielmo di Baskerville e del suo assistente Adso da Melk, nell’abbazia medioevale tra manoscritti e delitti, tra filosofia e divertissment, tra eretici ed erbe miracolose, è un affresco a cui il cinema ha attinto largamente: Sean Connery, il celeberrimo James Bond, ha dato un’ironica interpretazione del francescano detective con gli occhiali, contribuendo non poco anche al successo di vendita del romanzo. Dopo di lui, grandi autori italiani hanno praticato con notevole successo il genere: penso ai libri di Sebastiano Vassalli, “La Chimera”, del 1990, “Marco e Mattio”, del 1992, e l’indimenticabile “Cuore di Pietra”, uscito nel 1996, la storia di una vecchia casa di Novara che attraverso la sua esistenza rievoca secoli di storia italiana. Roberto Pazzi, lo scrittore ferrarese, ha scelto nel suo “Cercando l’imperatore”, pubblicato nel 1985, di ricostruire la strage di Ekaterinenburg, dove trovò la morte lo Zar Nicola II con tutta la sua numerosa famiglia ad opera dei rivoluzionari bolscevichi.
Ma è soprattutto nel mondo anglosassone che il romanzo storico ha conosciuto una nuova grande fortuna, basti ricordare scrittori come Don De Lillo, Thomas Pynchon, Antonia Byatt, Susan Sontag: il suo romanzo più celebre, “L’amante del vulcano” (1992), ambientato a Napoli alla fine del ‘700, racconta dal punto di vista di una straniera le vicende di Lady Hamilton, la moglie dell’ambasciatore inglese presso il regno di Napoli divenuta l’amante di Horatio Nelson. Pure la Francia, tuttavia, ha riscoperto il romanzo storico, soprattutto con le opere straordinarie di Marguerite Yourcenar, autrice del long seller “Le memorie di Adriano”, uscito in Francia nel 1951 ma pubblicato solo nel 1963 da Einaudi in italiano, tradotto dalla archeologa Storoni Mazzolani, ma anche de “L’Opera al nero” (1968) e “Come l’acqua che scorre”, rispettivamente ambientati in Belgio nel XVI secolo e nel Regno di Napoli: sono libri importanti che raccontano un’Europa tra superstizioni e guerre di religione nel sanguinoso e oscuro Cinquecento. Senza dimenticare Emmanuel Carrère, lo scrittore franco-russo che recentemente, con “Limonov” (2012), ha dato nuova attenzione alla vicenda della Russia tra Unione Sovietica e nuovo regime.
Il romanzo storico attuale mostra una prolificità che non sempre è sinonimo di qualità. I numerosissimi titoli che la romana Newton Compton pone sul mercato a prezzi di concorrenza è un esempio di come la storia sia oggi una miniera di argomenti che il grande pubblico sembra voler riscoprire. Autori bravi come Valerio Massimo Manfredi e Marcello Simoni, Roberto Tiraboschi e Letizia Triches, Andrea Molesini e Antonio Scurati, Ugo Riccarelli e Alessandro Barbero, Andrea Camilleri e Javier Cercas, Alicia Jiménez Bartlett e Abraham Yehoshua, si mescolano ad autori meno qualificati, ma certamente sempre accattivanti e capaci di scalare le classifiche: penso a titoli come “La ragazza e l’inquisitore”, della spagnola Nerea Riesco, che ci proietta nella Spagna dei grandi processi contro le streghe presunte nel 1610, “La ragazza del giardino di fronte”, di Parnaz Foroutan, iraniano, “L’allieva segreta del pittore” di Charlotte Betts, inglese, “Il profumo delle foglie di tè”, di Dinah Jefferies, anglo-vietnamita, “Belgravia” di Julian Fellows, quest’ultimo un libro davvero interessante, che partendo dalla vittoria inglese a Waterloo del 1815 rievoca dettagliatamente la costruzione del nuovo quartiere borghese al centro di Londra a metà Ottocento, attraverso una storia esemplare di aristocratici e neo borghesi.
Vorrei concludere questa breve panoramica con una citazione dalle prime pagine del romanzo “Viaggio alla fine del millennio”, che il celebre scrittore israeliano Abraham Yehoshua ha pubblicato per Einaudi con la traduzione di Alessandra Shomroni nel 1998:
“Proprio a causa delle voci propagatesi in quest’ultimo anno in Andalusia e nel Maghreb, riguardo alla paura e al nuovo fanatismo religioso che si stanno diffondendo nei principati e nei regni dei cristiani, il mercante ebreo e il suo socio arabo Abu-Lufti hanno deciso di ridurre al minimo gli spostamenti sulla terraferma, per non mettere in pericolo se stessi e le merci in un viaggio tra castelli, villaggi, tenute e monasteri pullulanti di fedeli della croce”.
ecco, più il romanzo storico ricostruisce documentando il passato - qui siamo nell’anno 999 dell’era cristiana - più in qualche modo ci sta raccontando diffusamente il nostro presente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il romanzo storico: un genere letterario tornato di grande attualità
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