In calce al componimento viene riportato un luogo e una data: “Milano, 1° aprile 1931” con una grafia sottile ed elegante. La poesia si intitola Sera d’aprile e l’autrice è una ragazza di appena vent’anni, il suo nome è Antonia Pozzi.
Quella giovane donna dagli occhi grandi e penetranti sarebbe passata alla storia come la “poetessa tragica” del Novecento italiano. Antonia Pozzi morì suicida a soli ventisei anni, in una fredda giornata di dicembre del 1938.
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Le sue opere tuttavia ci restituiscono ancora oggi la sua figura intera, vitale, animata da una ribellione testarda e da una disperata sensibilità.
Antonia era dotata di una rara capacità percettiva: concepiva il mondo esterno come una foresta di simboli attraverso cui esprimere la propria tormentata condizione interiore.
Le sue parole così si fanno specchio e riflesso della vita da lei sognata, che però non poté mai vivere appieno:
Tutta nutrita dal di dentro e senza schiavitù.
La poesia Sera d’aprile di Antonia Pozzi
La breve lirica Sera d’aprile è contenuta nella raccolta Parole (Mondadori, 1939). È una poesia breve e delicata, nella quale tuttavia traspare l’estrema sensibilità d’animo di Antonia Pozzi e sembra riconsegnarci un frammento dell’esistenza della poetessa, segnata irrimediabilmente dalla sua scomparsa prematura.
Scopriamo testo e analisi della poesia.
Batte la luna soavemente
di là dei vetri,
sul mio vaso di primule:
senza vederla la penso
come una grande primula anch’essa,
stupita,
sola,
nel prato azzurro del cielo.
Sera d’aprile di Antonia Pozzi: analisi
Sera d’aprile è una poesia breve, in versi liberi, che si fonda e sostiene unicamente su una similitudine esemplificata dall’avverbio “come” che sembra dividere il componimento in una speculare struttura bipartita.
Il testo evoca un’atmosfera rarefatta e spirituale, in cui il gioco di metafore e simboli diventa un tutt’uno con il paesaggio. Immaginiamo una finestra socchiusa di fronte a una mite sera primaverile. Uno spiraglio di luna rarefatto illumina il cielo come un grande faro e la sua luce candida batte riverberandosi sui vetri.
Già nel primo verso possiamo intuire una personificazione della luna, è lei che sembra bussare al vetro della poetessa, richiamando la sua attenzione. La luce malinconica si posa sul vaso di primule, presagio della primavera in fioritura che si prepara ad avvolgere il mondo con i suoi colori. La notte sembra carica di aromi primaverili evocati dal profumo delle primule in fiore.
E la poetessa pensa alla luna sola nel cielo, che nella serata d’inizio primavera le appare come un grande prato.
Tramite una similitudine viene accostata la luna a una grande primula che sboccia solitaria nella vastità azzurra del cielo. Con un linguaggio fortemente simbolico, che si nutre di associazioni, Antonia Pozzi riesce a evocare la vastità della propria solitudine e anche quello stupore primigenio, quasi infantile, che nasce dallo scoprirsi per la prima volta soli dinnanzi all’intero universo.
Pochi, brevi versi che pure riescono a dirci così tanto. Il desiderio e lo struggimento portati dal principio di aprile sono tutti racchiusi nella luna-primula solitaria, dunque nella solitudine di una ragazza di vent’anni che guarda al mondo con occhi penetranti, come se volesse fotografarlo con un’occhiata.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Sera d’aprile” di Antonia Pozzi: testo e analisi della poesia
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