Uomo del mio tempo è una poesia composta da Salvatore Quasimodo, che compare come ultima nella raccolta Giorno dopo giorno, pubblicata nel 1946. Come già accennato, il tema centrale è l’eterno ritorno della guerra nelle esistenze dell’uomo; egli modifica solamente il modo in cui le combatte, ma rimane primitivo poiché continua a farle. Così come altri famosi componimenti dell’autore, anche questi versi nascono dal profondo sconvolgimento interiore generatosi nell’autore in seguito agli orrori della Seconda guerra mondiale. Questa poesia vuole essere un monito per le nuove generazioni, un appello di pace e fratellanza perché ciò che è accaduto non debba mai più ripetersi.
Vediamo ora insieme la parafrasi di Uomo del mio tempo e l’analisi del testo della poesia di Quasimodo, uno dei più grandi esponenti dell’Ermetismo.
Uomo del mio tempo di Quasimodo: il testo
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto – dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
“Uomo del mio tempo”: la parafrasi
Uomo del mio tempo, non sei poi così diverso dal passato, da quando cacciavi con pietra e fionda. Ti ho visto, nella cabina di pilotaggio, con le ali cariche di bombe, r con le meridiane portatrici di morte, nel carro armato, al patibolo, alle forche e alle ruote di tortura.
Ti ho visto: eri proprio tu. Tu col tuo credo e la tua scienza perfetti usati solo per distruggere, senza alcun tipo di coscienza o di religione. Hai ucciso ancora una volta,
così come fecero i tuoi antenati e gli animali che ti videro la prima volta.
E questo sangue ha lo stesso odore di quello versato nel giorno in cui il fratello (Caino) disse all’altro fratello (Abele): "Andiamo ai campi". E l’eco fredda di quell’inganno, resistente, è arrivata fino a te, nel tuo presente.
Giovani, dimenticate la terra ricoperta di sangue, dimenticate i padri: le loro tombe sono ormai abbandonate, disperse nella cenere dell’oblio, e gli uccelli neri e il vento oscurano il loro cuore.
Commento al testo
Com’è subito intuibile, il tema centrale della poesia è il fatto che la natura umana sia rimasta, nonostante millenni di evoluzione, la stessa di quella dell’uomo della pietra. Istinti, sentimenti, pulsioni ed egoismo sono la chiave del modo di agire che, ancora in tempi moderni, spinge l’uomo a fare la guerra, nonostante egli sia pienamente cosciente di cosa comporta. La scienza ha fatto grandi passi, vero, ma l’uomo utilizza le conoscenza acquisite per perfezionare le sue armi e portare sempre più distruzione e morte.
La civiltà, quindi, non ha fatto altro che dare la possibilità di fare guerre più grandi e distruttive; l’uomo non ha imparato nulla dagli errori passati, e questo è evidente non appena lo sguardo si posa su missili, carri armati, aerei costruiti apposta per uccidere le persone.
L’"uomo del mio tempo", dice Quasimodo, ha perso ogni tipo di considerazione per i suoi simili. Solidarietà, fratellanza, religione: per il poeta tutti questi valori sono ben lontani, schiacciati dalla violenza che ha sopraffatto l’uomo, considerati gli orrori della Seconda guerra mondiale.
La mente di Quasimodo va addirittura ai tempi di Caino e Abele, quando il fratello tradiva l’altro fratello e lo uccideva. Così come allora, anche oggi l’uomo tradisce l’altro uomo e pone fine alla sua vita. Menzogne e inganno sono giunti fino a noi, ma qui, nella parte finale del componimento, Quasimodo lancia un appello, che si riapre a una flebile speranza: i giovani, i figli di oggi, dovrebbero discostarsi da ciò che hanno fatto i padri, che tanto giacciono ormai nelle tombe e hanno solamente avvoltoi a rodere il loro cuore, mentre nell’aria si diffonde l’odore dei loro cadaveri portato dal vento.
La crudeltà umana, quindi, rimane nei secoli uguale a se stessa: l’uomo era e rimane primitivo, istintivo, selvaggio e spietato come quando per uccidere utilizzava utensili approssimativi. Non ci sono né amore né solidarietà per gli altri, nel nostro tempo.
Quest’orrore di cui Salvatore Quasimodo è stato testimone, che trapela in maniera forte e chiara anche da altri suoi componimenti come Alle fronde dei salici e Ed è subito sera, spinge però il poeta ad aprirsi a una speranza sottile, o quantomeno a esortare le nuove generazioni perché quanto accaduto possa, finalmente, non ripetersi.
Analisi e figure retoriche di Uomo del mio tempo
Il testo è contraddistinto da un tono particolarmente partecipe e accalorato, che va in crescendo fino all’appello finale - non a caso, a intensificarsi è anche il numero degli enjambements che legano i versi. Lo sconvolgimento con cui il poeta diagnostica la violenza e l’aggressività umane non comporta però un particolare stravolgimento della sintassi, che appare tutto sommato piana. Anche dal punto di vista lessicale, la poesia è concentrata nel rendere le immagini crude e realistiche descritte. Si tratta di scene che il poeta ha vissuto sulla propria pelle, e non a caso dispone delle parole corrette per descriverle, grazie al gergo militare impiegato (es. "carlinga" al v. 2, "meridiane" al v. 3).
Nonostante il suo essere particolarmente diretta (impressione veicolata anche dal suo essere una lunga apostrofe), la poesia è intessuta di figure retoriche. Anzitutto, insistita è la ripetizione e l’allitterazione della lettera r, che crea un’atmosfera stridente e violenta.
Tra le altre figure retoriche utilizzate:
- metafora: "ali maligne" (v. 3), "meridiane di morte" (v. 3, si riferisce ancora agli aerei, che con la loro ombra, come una meridiana, segnano l’ora della morte), "nuvole di sangue" (v. 14), "gli uccelli neri, il vento, coprono i loro cuori" (v. 17)
- apostrofe: il poeta si rivolge prima all’uomo ("eri", "t’ho visto", "eri tu"...), successivamente ai giovani ("dimenticate").
- sineddoche: "ali maligne" (v. 3, non sono solo le ali, ma gli interi aerei a sganciare le bombe che porteranno dolore alla popolazione)
- metonimia: "senza Cristo" (v. 7, Cristo viene nominato per intendere il messaggio di fratellanza e pace da lui diffuso)
- sinestesia: "eco fredda" (v. 12)
- similitudine: "come sempre, come uccisero i padri" (v. 8), "come il giorno quando il fratello disse" (v. 11)
- antonomasia: "il fratello disse all’altro fratello" (v. 11, Caino e Abele sono i due fratelli per eccellenza)
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Uomo del mio tempo”: parafrasi e analisi della poesia di Quasimodo
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Bella analisi.