C’è una poesia di Giorgio Caproni breve, ma estremamente potente, che può essere letta come una lunga sinestesia che intreccia percezione visiva e tattile. È Vento di prima estate, tratta dalla prima raccolta del poeta Come un’allegoria, pubblicata a Genova nel 1936. La lirica in questione è la quinta della raccolta in cui Caproni vuole esprimere il dubbio che “tutta la realtà non sia che l’allegoria di qualcosa d’altro che sfugge alla nostra ragione.”
Ne risulta un componimento folgorante nella sua brevità ed estremamente simbolico. I primi recensori della raccolta la definirono “descrittiva”, trascurando forse il complicato intreccio di allegorie che si celava in ciascuna delle poesie. Nessun paesaggio, in realtà, è semplicemente esteriore.
Con una manciata di poche ma efficacissime parole, sapientemente dosate, Giorgio Caproni è capace di restituirci il calore dell’aria estiva sulla pelle, un soffio di vento vivo che ci attraversa. Dando corpo e materia al vento il poeta ci fa sentire anche forte il brivido della libertà e della spensieratezza.
Scopriamo testo e analisi della poesia.
Vento di prima estate di Giorgio Caproni: testo
A quest’ora il sangue
del giorno infiamma ancora
la gota del prato,
e se si sono spente
le risse e le sassaiole
chiassose, nel vento è vivo
un fiato di bocche accaldate
di bimbi, dopo sfrenate
rincorse.
Vento di prima estate di Giorgio Caproni: analisi
Link affiliato
Vento di prima estate è un componimento carico di simbolismi. Quella di Caproni è una poesia sensoriale, la realtà viene percepita soprattutto attraverso i sensi. Viene sottolineato, in particolare, dai critici come siano i sensi del tatto e dell’olfatto a prevalere sugli altri.
La realtà descrittiva è talmente “impressionistica” che nella prima parte della poesia sembra cedere totalmente alla rivisitazione in chiave allegorica: il prato viene incendiato dal sole proprio come il sangue infiamma le guance in un momento di imbarazzo o di vergogna. Ogni termine della lirica sembra rimandare a un campo semantico affine al calore: “sangue”, “infiamma”, “accaldate”, “sfrenate”, “rincorse”. Caproni amplifica la sensorialità in un unico attimo attraverso tre immagini: il tramonto infuocato, il silenzio della pianura dopo i lunghi giochi dei bambini e i loro fiati accaldati dopo un pomeriggio di risse e rincorse.
Tramite l’uso del lessico e dell’aggettivazione il poeta sembra riprodurre un’idea di movimento, che richiama lo spostamento d’aria dato dal vento.
L’intenzione del poeta è proprio descrivere quell’attimo, quella sensazione, il passaggio rapido eppure intenso di una folata rapida di vento caldo sulla pelle che si fonde in un tutt’uno con le corse sfrenate dei bambini.
Il fiato delle bocche accaldate e il vento diventano così un unico corpo, la natura si trasfonde nell’umano con una continuità perfetta, senza attriti, racchiusa nello splendore della parola poetica.
Giorgio Caproni ci ha restituito in poesia il vento caldo dell’estate, mostrandoci che il confine tra realtà oggettiva e percezione soggettiva a volte è davvero transitorio, malleabile, un confine che si valica in un soffio di fiato.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Vento di prima estate”: la poesia allegorica di Giorgio Caproni
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Storia della letteratura Giorgio Caproni
Lascia il tuo commento