La moglie di Dante
- Autore: Marina Marazza
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
La moglie di Dante (Solferino Libri, 2021) di Marina Migliavacca Marazza racconta la vita di Gemma Donati (Firenze, 3 marzo 1265 circa – Firenze, 1333-1342), consorte di Dante Alighieri, nato tra il 21 maggio e il 21 giugno 1265 a Firenze e morto a Ravenna nella notte tra il 13 e il 14 settembre 1321.
“Alzai la testa e riconobbi quei lineamenti forti, il naso adunco, gli occhi scintillanti”.
Si sa poco o nulla sulla figura di Gemma Donati, la moglie ombra del padre della lingua italiana, nata nella nobile famiglia dei Donati, figlia di Ser Manetto e di Maria, andata sposa a Dante Alighieri attorno al 1285, e che diede al Sommo Poeta quattro figli, tre maschi, Jacopo, Pietro e Giovanni, e una femmina, Antonia.
Gemma, il cui matrimonio era stato concordato anni prima e la cui dote ammontava a 200 fiorini piccoli, circa 12 fiorini d’oro, da sempre invaghita di suo cugino Corso Donati, detto Il Grande Barone (Firenze, 1250 circa – Firenze, 6 ottobre 1308), condottiero e politico, tra i principali personaggi storici della Firenze medievale. Il cavaliere più ammirato di tutta Firenze, e il cuore di Gemma, come precisa Marina Marazza “impazziva per lui” e la giovane lo vedeva come un principe.
Da precisare che la famiglia Donati era una delle più importanti della Firenze tardo-medievale e in seguito divenne il punto di riferimento per lo schieramento politico opposto a quello del poeta, cioè i guelfi neri.
Nell’anno in cui ricorre il VII centenario dalla morte di Dante Alighieri, l’autrice nel libro dedicato “Al mio caro padre, che si chiamava anche lui Dante, perché quest’anno onoro il suo centenario (1921-1973)”, volge il suo sguardo su di una figura dimenticata, messa in ombra dalla passione di Dante per Beatrice. Invece in questo trascinante romanzo emerge la stessa voce di Gemma Donati, la quale ricorda che anche lei ha qualcosa da dire. E non è poco. Gemma, il cui cuore batte per il bel cugino, ma promessa sposa a Dante Alighieri, giovane di belle speranze, e a lui sarebbe sopravvissuta.
La moglie di Dante, vedova bianca a neanche trent’anni in una Firenze che brucia odio e vendetta, lacerata dalla guerra delle due fazioni guelfe dei bianchi e dei neri. Quando questi ultimi vincono, il marito di Gemma viene accusato di aver abusato del suo ufficio di priore, di aver tradito la città e quindi condannato al rogo. Ma Dante Alighieri si trova a Roma, ambasciatore da Papa Bonifacio VIII, quindi d’ora in poi vestirà i panni dell’esule. Passeranno molti anni prima che la coppia possa rivedersi e in tutto questo tempo Gemma ha avuto modo di tirare fuori tutto il suo coraggio e la sua tenace perseveranza. Appare quindi forte il contrasto tra la figura di Beatrice, donna ideale per l’Alighieri, e la figura di Gemma Donati, donna di carne e sangue, che cresce i figli in un contesto a lei avverso, nella sua veste di moglie di un esiliato. Bellissima e vera gemma la moglie di Dante, che riesce
“a sentirsi vicina al suo uomo anche nella lontananza, nella sua vita da vedova bianca, prima legata dall’aspettativa di un ritorno, poi dai versi che lui man mano scrive, e che Gemma sente come scritti per lei”.
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La voce narrante è quella di Gemma Donati, la moglie di Dante Alighieri. Magistralmente, avvenimenti pubblici e privati della città di Firenze si intrecciano con le vicende personali e umane di Gemma. Nel romanzo si ritrovano elementi letterari e storici che fanno parte del nostro bagaglio culturale italiano. L’autrice accanto a personaggi storici plasma personaggi verosimili come la schiava Gilla.
Un personaggio che ho molto rivalutato, durante la lettura, è quello di Corso Donati verso il quale Dante non ebbe tanto riguardo.
Un romanzo ben costruito che finalmente dà voce ad una donna, una moglie e una madre eternamente eclissata da Beatrice.