Ricordati degli uomini in mare
- Autore: Enrico Cernigoi
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2005
Eravamo giovani a bordo dei delfini d’acciaio sopra le onde e sotto la superficie.
Dedicato a mio zio Sabino, giovane ufficiale sui sommergibili atlantici a Bordeaux e al personale dell’arma subacquea, ai tanti che per altre circostanze e vicende non sono tornati e non hanno raggiunto il massimo grado nella Marina Militare come lui ha potuto fare, a conclusione di una carriera prestigiosa. Ed è tuttora vivente, 75 anni dopo: gli uomini con lo stemma del delfino sul petto hanno una tempra straordinaria.
Offrendo a tanti dei protagonisti voce e testimonianza, “Ricordati degli uomini in mare” raccoglie con grande umanità e talvolta con crudo realismo le esperienze dei sommergibilisti italiani nella seconda guerra mondiale. Corredato da nitide foto d’epoca in bianconero, è pubblicato da Itinera Progetti (188 pagine 20 euro). Lo firmano il ricercatore di storia Enrico Cernigoi e Massimo Giovanetti, esperto di uniformologia e collezionista. È uscito in prima edizione nel 2005 ed è tuttora disponibile nel catalogo della casa editrice di Bassano.
La storia dei nostri sommergibili è relativamente recente. Il primo, il Delfino, venne impostato nel 1892 a La Spezia. Nel 1915, alla vigilia della Grande Guerra, i battelli erano già venti. Il grande sviluppo della flottiglia si ebbe con le politiche estere aggressive del ventennio. In un quadro di notevoli competenze professionali e di entusiasmo dei giovani equipaggi, il pur consistente numero di unità dovette scontare le deficienze produttive, tecnologiche e organizzative dell’Italia fascista, una grancassa stonata e retorica.
Nella prima testimonianza di un sottufficiale imbarcato sul Malachite, in agguato contro le navi spagnole repubblicane, il particolare che ricorre di più è la sporcizia. Le condizioni igieniche a bordo erano tanto precarie, per la mancanza d’acqua, che al ritorno dalle due settimane di operazioni l’equipaggio era così malandato da finire ogni volta in infermeria.
Il torinese Bozzetto, chiamato alla visita medica di leva nella Regia Marina, vide il mare per la prima volta a Savona. È lui che accenna alla convinzione dei sommergibilisti che la tattica di attendere le prede nemiche stazionando a 25-30 metri di profondità rendesse l’impiego sui mezzi sommersi il più comodo e meno pericoloso. Presupposto amaramente smentito nel corso del conflitto, per lo sviluppo degli apparati di rilevamento in superficie.
Il friulano Moretti, volontario in Marina per sfuggire alla disoccupazione, rivede le scene di follia sul Perla, in Mar Rosso: i marinai rimasero intossicati dalla fuoriuscita di cloruro di metile dall’impianto di refrigerazione, che causava allucinazioni e avvelenamenti. Recuperato, il sommergibile riuscì a trasferirsi a Bordeaux e Girolamo fu tra i “quaranta uomini e un gabbiano” arrivati nella base atlantica in Francia.
C’è chi lamenta che la nafta era quella per le navi di superficie e che bruciando generava fumo abbondante, visibile a distanza.
L’Oceano Atlantico era un mare “infame” per i nostri. Acque e temperature gelide da affrontare difesi solo da una cappa di tela cerata. Le onde Forza 9 erano così violente da piegare le lamiere a prua.
Buona volontà ma anche tanta fatale improvvisazione nella gestione di mezzi e “gente”da parte di Supermarina, il Comando navale centrale a Roma. E tanta scena, come quella offerta in occasione della visita di Hitler a Napoli, nel maggio 1938. Cento sommergibili emersero nello stesso momento e spararono a salve un colpo di cannone all’unisono. Grande spettacolo, ma di scarsa efficacia bellica.
Il libro non riprende la versione ufficiale, quella degli annali, dei saggi paludati, ma racconta la storia vera, quella dell’aria consumata respirata in immersione, del tanfo, degli spazi esigui, delle bombe di profondità che per fortuna scoppiavano sopra il battello immerso, non sotto o erano tarate a profondità sbagliate.
I sommergibilisti hanno col mare un rapporto complesso. È a un tempo traditore e amico fidato, rifugio e tomba, come fa notare nella prefazione il ricercatore Paolo Pozzato.
In conclusione, gli autori affidano alla pagina finale un ultimo saluto, dedicando a loro volta il libro e le storie a quanti non hanno potuto raccontarle.
Ricordati degli uomini in mare. Le esperienze dei sommergibilisti italiani nel secondo conflitto mondiale
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