Storia della notte
- Autore: Jorge Luis Borges
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Adelphi
- Anno di pubblicazione: 2022
La notte fa paura ai bambini, a cui si usa raccontare una fiaba perché si addormentino. In profondità tutti rimaniamo tali. La notte ha analogia con la morte, con il destino imperscrutabile, quindi con l’ignoranza che la sola ragione non sa e non può illuminare.
Ma per un altro verso essa è pure simbolo della madre protettiva, è un utero fecondo che genera miti e poesia, la cui natura è divina, ultrasensibile e svela l’indicibile. Entrambe le facce della Madonna nera sono presenti nel libro di Jorge Luis Borges, divenuto lentamente cieco, Storia della notte pubblicato nel 1977 e recentemente rieditato da Adelphi (pp. 126, 2022) a cura di Francesco Fava.
Si tratta di un prosimetro in cui il grande argentino va alle radici della coscienza e dell’autoconsapevolezza umana:
"Lungo il corso delle generazioni / gli uomini eressero la notte. / In principio era sonno e cecità / e spine che trafiggono il piede nudo / e paura dei lupi. / Non scopriremo mai chi forgiò la parola / per l’intervallo d’ombra / che separa i due crepuscoli; / non scopriremo mai in che secolo divenne cifra / dello spazio stellato. / Altri generarono il mito."
Dunque la “parola” è sinonimo del giorno, di chiarità e sapienza acquisibile, fino alla decifrazione dell’universo. Ma nasce dal buio, dal mistero.
Il poeta la loda anche come causa del suo ritorno alla poesia classica, negli anni Cinquanta, lui quasi cieco. Ritorno al sonetto e alle terzine rimate, con la seguente argomentazione, contenuta in "Elogio dell’ombra":
Poiché non potevo più fare una prima stesura, dovevo affidarmi alla memoria. Ovviamente è più facile ricordare dei versi piuttosto che della prosa, e ricordare un metro regolare piuttosto che dei versi sciolti.
La notte, rimembra Borges, è legata a Le mille e una notte, il famoso libro orientale che raccoglie le storie notturne raccontate da Sheherazade al suo signore, padrone e marito sassanide Sahtigar, in Persia.
All’alba dopo la prima notte di piacere, secondo l’uso, la sposa doveva essere uccisa con la scimitarra, ma Sheherazade all’alba interrompeva il racconto nel momento culminante, in modo da suscitare l’intensa curiosità del marito despota, che la teneva in vita per ascoltare il prosieguo della fiaba nella notte successiva. Il gioco per la vita e la morte si protrasse per tre anni, alla fine dei quali l’imperatore innamorato graziò la sua ammaliatrice.
La notte diventa letteratura.
La stessa parola letteraria che porta l’uomo nel meraviglioso è detta nel gulag di Kolyma, nell’estremo oriente russo, dove i minatori disgraziati ascoltavano un affabulatore raccontare la trama dei libri di grandi autori. La disperazione e la fatica forse passavano, certamente si attenuavano.
Anche Alessandro Magno da ragazzo aveva avuto il compito notturno di animare l’insonnia del suo capo. In Fahrenheit 451, il romanzo di Ray Braidbury, gli occultatori di libri se li raccontano l’un l’altro, mentre sono inseguiti dai distruttori di biblioteche.
Questa è la storia positiva della notte di Borges. Come sempre egli abbonda in citazioni, tutte confacenti e affascinanti.
Non manca la metafora del labirinto di Dio, che è la teologia, la scienza più oscura e notturna.
La notte, la cecità sono memoria, presenza contemporanea di tutti gli eventi passati correlati fra loro, creatori di ulteriori eventi. La memoria, l’enumerazione puntigliosa, anche patetica, anche nostalgica e sempre amata, rievocata con tono apparentemente distaccato, porta all’elemento più dolce del libro, l’incontro del poeta con Maria Kodama, nel momento in cui le loro mani si incontrano:
"La Torre di Babele e la superbia. / La luna contemplata dai Caldei. / Le sabbie innumerevoli del Gange. / Chuang Tzu e la farfalla che lo sogna. / ... / Sono servite tutte queste cose / perché le nostre mani si incontrassero".
La notte viene accettata come parte integrante della vita, smette di spaventare quando da essa nasce l’amore inestinguibile. È pace dal sapore appagante.
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