Tre diari
- Autore: Ingmar Bergman
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Iperborea
- Anno di pubblicazione: 2018
La popolarità, la fama e il talento di un artista sono spesso legati a qualcosa di specifico come un’immagine, un’opera, una particolare forma espressiva in cui riesce a esprimere la parte migliore di se stesso.
Ingmar Bergman è diventato famoso in tutto il mondo come grande regista cinematografico, meno invece per le sue qualità di sceneggiatore e regista teatrale pur essendo il teatro il suo primo amore grazie al quale ha iniziato la sua carriera e che gli ha permesso di raggiungere la sua indipendenza economica, di farsi conoscere nel suo ambiente e che è stato fonte di ispirazione per molte sue opere che lo hanno poi reso celebre e fatto riconoscere indiscutibilmente come uno dei più grandi maestri del cinema mondiale. Meno ancora conosciuta, specialmente in Italia se non dal pubblico dei più appassionati e autentici suoi estimatori, è la sua attività di scrittore sia come sceneggiatore, ma anche come autore di opere di narrativa di notevole valore.
"Tre diari" è un libro pubblicato per la prima volta in Svezia nel 2004 con il titolo originale "Tre dagbocker". In Italia la pubblicazione è stata fatta da Iperborea con la traduzione di Renato Zatti e con la bellissima postfazione di Goffredo Fofi nel 2008 in seguito alla scomparsa dell’autore avvenuta nel 2007. Racconta la storia della scoperta di una grave malattia, un cancro al polmone, di Ingrid von Rosen compagna e poi moglie del grande regista svedese e del suo progredire fino al tragico epilogo con la scomparsa della donna, attraverso tre diari scritti da Ingmar, da Ingrid e da Maria la loro figlia all’epoca dello svolgersi dei fatti, per circa sette mesi, dai primi di ottobre del 1994 al 20 maggio del 1995 data della scomparsa della stessa Ingrid.
Si tratta di un libro che secondo le parole dello stesso Bergman
non è un’ opera letteraria,ma un documento. Non un libro,ma una testimonianza
proprio per la semplicità e la schiettezza del linguaggio, per la struttura spesso non perfettamente articolata e per la sua funzione non certo divulgativa e utile al lettore come generalmente una storia sa essere in quanto scritta a titolo personale e non per essere inizialmente destinata al pubblico.
Ingmar Bergman decise di riprendere in mano tali diari , rileggerli, renderli più scorrevoli e soltanto dopo essersi consultato con sua figlia Maria di autorizzarne la pubblicazione nove anni più tardi rispetto alla morte di Ingrid. Egli ritenne che potessero rappresentare una valida testimonianza di come il dolore per l’inevitabile e l’imminente scomparsa di una persona amata possa paralizzare l’essere umano rendendolo terribilmente fragile e impotente, ma al tempo stesso il bisogno e il desiderio di ciascuno di noi di vivere il tempo che gli rimane a disposizione in questa vita nella normalità cercando di trovare nella quotidianità quella serenità, per quanto possibile, alla quale ognuno di noi aspira. Il tentativo appare perfettamente riuscito perché si tratta di un libro commovente forse, insieme a "Lanterna magica" la sua autobiografia, quello nel quale Ingmar Bergman mette in gioco tutte la sua umanità, le sue debolezze, la sua grande sensibilità che lo rendono assai coinvolgente, emozionante, delicato con una tenerezza sorprendente tale da acquisire pienamente la dignità di opera letteraria.
Ingmar Bergman e Ingrid Von Rosen si conobbero nel tardo autunno del 1957 e da un’amicizia nacque una relazione che durò fino all’estate del 1969. Nella primavera del 1959 dalla loro relazione nacque la figlia Maria che prese il cognome Von Rosen in quanto sia Ingmar che Ingrid all’epoca erano sposati ed ella tenne segreto il nome del vero padre sia a lui che alla ragazza. Nel 1971 dopo essersi divorziati decisero di sposarsi dando inizio a una nuova vita insieme durata ben ventiquattro anni fino alla scomparsa di Ingrid, il matrimonio più lungo nella vita sentimentale assai intensa del grande regista svedese.
Nel libro viene raccontata anche la notizia che Ingrid dà a sua figlia della vera identità di Ingmar e la reazione di Maria a tale sconvolgente rivelazione. L’analisi del dolore fisico e morale in tutte le sue molteplici sfaccettature e il tema dell’elaborazione del lutto rendono l’opera di grande attualità e l’identificazione per il lettore diventa spontanea. Tante solo le frasi e i passaggi chiave del libro che andrebbero citati per la loro profondità espressiva che sanno toccare le corde dell’anima come solo gli ottimi scrittori sanno fare, ma lascio ai lettori la possibilità di individuarle e sceglierle secondo il proprio gusto e la propria sensibilità.
Quest’opera è consigliata vivamente da chi scrive perché in essa si possono conoscere lati della personalità di Ingmar Bergman davvero inattesi narrati dalla solita fine, sapiente ed efficace analisi psicoanalitica che lo ha sempre caratterizzato in tutti la sua produzione sia teatrale, sia cinematografica che letteraria. Anche la scrittura di sua moglie Ingrid e di sua figlia Maria, divenuta anche lei scrittrice e sceneggiatrice soprattutto per la televisione,pur non raggiungendo il livello di Ingmar, rappresentano una testimonianza utile e preziosa per comprendere i complessi meccanismi che scattano nella mente umana in queste particolari esperienze di vita.
L’esperienza della perdita di una persona cara colpisce prima o poi tutti noi nella vita e il modo in cui l’affrontiamo è notevolmente diversa da persona a persona. Scrivere è probabilmente uno degli strumenti più efficaci e terapeutici per elaborare il lutto ma le cicatrici che esso lascia rimangono e ci vuole molto tempo prima che possano rimarginarsi, ammesso che ciò possa mai avvenire. L’autore arriva persino a desiderare di prendere il posto della persona amata per permettere alla sua sposa di sopravvivere.
Nel centesimo anniversario della nascita di Ingmar Bergman avvenuta la domenica del 14 luglio del 1918 a Uppsala in Svezia è bello ricordarlo anche come ottimo scrittore oltre che come grande sceneggiatore e regista come straordinario maestro del cinema. I momenti di buio nella sua lunga e intensa vita che lo hanno portato a ipotesi suicide non gli hanno mai fatto perdere di vista l’importanza, la dignità e il valore della vita. Chi scrive desidera a tal proposito due delle sue tante frasi che ci aiutano nella riflessione.
C’è sempre in me una tensione tra un impulso distruttivo e la voglia di vivere. Ogni giorno mi sveglio con una collera nuova, una diffidenza nuova e un nuovo desiderio di vivere.
Il lavoro è la mia vita e io lo amo immensamente.
Amore per la vita nonostante tutto, sempre e comunque. Questo è uno dei tanti grandi messaggi che ci dona.
Tre diari
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