I film di Quentin Tarantino
- Autore: Alberto Morsiani
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Gremese
- Anno di pubblicazione: 2016
Nei film di Quentin Tarantino il sangue scorre a fiumi. Un profluvio di sangue. Cascate di sangue e ultra-violenza fin quasi al punto di saturazione, di trascendenza significativa, arrivo a dire. In altre parole: nei film di Tarantino l’atto cruento è reiterato al punto da risultare assuefacente per chi guarda, transustanziato in estetica, così che il gioco della sospensione dell’incredulità è bello che fatto.
Come succede(va) nei film di Sergio Leone, la narrazione tarantiniana procede mirabilmente “per accumulo”. L’epicizzazione del dettaglio, dei tic, persino dei dialoghi, fanno si che la platea sia chiamata a complice dell’azione filmica. In che razza di spettatori (sadici) ci trasformiamo dunque quando vediamo un film di Quentin Tarantino? Niente paura e nessuna scorciatoia moralista, per favore: quasi tutti i film di Quentin Tarantino valgono il prezzo del biglietto e l’assoluzione piena da colpe voyeuristiche: l’ipertrofia (visiva, dialogica, citazionista, contestuale) del cinema tarantiniano è senza ombra di smentita autoriale, felicemente a-morale e mai fine a sé stessa. Inoltre conta tante di quelle discendenze cinephile (godardiane, leoniane, “di genere” exploitation e pulp) da meritarsi vagonate di saggi.
Come scrive Alberto Morsiani nel suo solidissimo - e fresco di stampa per Gremese – “I film di Quentin Tarantino. Il regista che ha reinventato il cinema”:
“Tarantino sembra (…) lavorare di riflesso, a un secondo grado: il suo postmodernismo, la grande capacità di fagocitare manufatti e idee della cultura di massa e dell’immaginario popolare (televisione, fumetti, musica rock, junk food, sprigiona da precedenti incarnazioni già mediate e predigerite (…) Un cineasta, dunque, in grado di avere presa su un pubblico popolare, più grossolano, ma anche su un pubblico colto, di riconciliare arte e consumo, alto e basso, e quindi, proprio come è accaduto agli artisti pop americani, di grande e immediato successo e riscontro”.
Se ci si appella a film come Le iene, Pulp fiction,- o ai più recenti Bastardi senza gloria e Django -, incistati nell’immaginario collettivo con forza dirompente, la trasversalità ispirativa tarantiniana risulta persino evidente. Il saggio di Alberto Morsiani (per tornare all’argomento stretto di questa scheda) ne attraversa l’intero specifico ed è a sua volta - quasi giocoforza - tanto stratificato quanto appassionante. Piuttosto che il taglio meramente celebrativo, Alberto Morsiani adotta un punto di vista storico-analitico che, tra implicito ed esplicito ai plot, attraverso una scrittura densa e mai greve, approfondisce e fa emergere il “tocco” autoriale del regista di Knoxville. Ultima cosa, non credo di poco conto: il libro tocca quasi le duecento pagine di medio formato ed è corredato da un fulgido apparato iconografico, per cui si legge e si sfoglia (anche) con una certa avidità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: I film di Quentin Tarantino
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