L’impero. L’altare di Roma
- Autore: Anthony Riches
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2020
Marco Tribulo Corvo, nato dalla gens Valeria, tribuno delle Legioni di Roma e Rutilio Scauro, il suo generale, legato della terza Legione in Partia, tornano nella nona avventura della serie Imperium, a firma dell’esperto in arte militare Anthony Riches, un’autorità in materia di storia romana. Il titolo è L’impero. L’altare di Roma (384 pagine, trad. V. Legnani e V. Lombardo), pubblicato a giugno dalle edizioni Newton Compton, come gli altri di una saga che dovrebbe arrivare a contare ben 25 episodi nelle intenzioni dello scrittore britannico, laureato in studi militari e iscritto a furor di lettori nell’esclusivo club dei grandi autori di narrativa storica dell’età imperiale.
Marco, ufficiale veterano ancora relativamente giovane, è rientrato nell’Urbe dalla spedizione nella terra dei Parti in Medio Oriente, dove si è coperto di gloria, come sempre, e come sempre ha continuato a farsi nemici, avendo frenato le ambizioni criminali di rampolli dell’aristocrazia romana.
Riches riassume rapidamente i precedenti che riguardano il padre, lo sfortunato senatore Aquila, innocente ma disonorato in una brutta piega politica. Lui caduto, la famiglia assassinata e il figlio, Marco Valerio, costretto a cancellare il cognomen Aquila e a correre fino al Vallo, per ritrovarsi nel mezzo della più grande rivolta tribale degli ultimi decenni. Nei precedenti otto romanzi della saga, gli uomini dell’imperatore gli hanno dato la caccia, ha combattuto in Germania, Dacia e Partia, al comando della coorte degli ausiliari Tungri, audaci guerrieri arruolati dall’impero romano, originari della Gallia belgica, a nord delle Ardenne, in centro Europa.
E ora, alle angustie del passato remoto e prossimo si aggiunge l’oltraggio violento che gli ha inflitto il crudele imperatore in persona: Commodo ha violentato la moglie di Corvo, Felicia, l’ha messa incinta e la ragazza è morta di parto. Il bambino è sopravvissuto.
Fine II secolo, 186 dopo Cristo. Indifferente alle malefatte dell’imperatore, il suo ciambellano Cleandro, grande tessitore d’intrighi a corte, solleva Scauro e Marco dal rango di legato e tribuno militare, comandante e vice comandante di una legione. Un premio beffardo per il loro buon operato in Oriente. Ma non intende lasciarli “oziare”, dice, nonostante il loro grave difetto di sprecare le rispettive qualità, mettendosi contro gli uomini più ricchi e potenti, intralciando i progetti che perseguono, sia pure loschi.
Cleandro assegna a Rutilio una missione riservata. Alla testa di due coorti ausiliarie di Tungri e di arcieri asiatici, deve attraversare il Reno e penetrare nella Germania inferiore, oltre il territorio difeso dalle armi romane. Dovranno passare sulla sponda orientale e non farsi notare dalle genti bellicose che vi abitano.
Scauro ha chiesto ad alcuni fidati veterani di affiancarlo alla guida del drappello. Rappresentano più di un gruppo di amici, sono una famiglia di compagni d’arme d’ogni provenienza. Il centurione Qadir è di origini siriane, Dubnus era un principe britanno e Arminio un ex schiavo germano. Si associa Marco e con lui il giovane Lupo, un “barbaro”, adottato da ragazzino.
Il problema non è tanto attraversare i territori oltre il Reno, che non sono affatto l’intrico di paludi e foreste tanto temuto. Si tratta di farlo senza creare allarme nelle tribù della zona, perché nemmeno due coorti basterebbero a raggiungere la destinazione, se guerrieri ostili volessero impedirlo, in particolar modo i Bructeri.
Per questo la missione prevede insolite accortezze: la sola cotta di maglia di ferro per proteggere il corpo, niente armature, loriche, scaglie e simboli di comando che possano distinguere gli armati l’uno dagli altri. Scudi tutti uguali tinti di verde, chi li incontra deve pensare a soldati germani.
Quelle tribù sono estremamente crudeli con i prigionieri. Si racconta di soldati chiusi in gabbia e lasciati morire di fame per divertimento. La ferocia cresce nei confronti degli ufficiali: occhi cavati e lingue mozzate, quando non vengono sacrificati in pubblico, sugli altari nei boschetti sacri. Officianti druidi segano il torace e strappano il cuore ancora pulsante dal petto.
I Germani vivono in condizioni di alimentazione e armamento insufficienti a condurre campagne di guerra contro Roma. L’ostilità tra le tribù impedisce di formare compagini numerose e le tattiche, basate su imboscate e attacchi disordinati in massa, non garantiscono vittorie in campo aperto. Ma qualche legionario isolato fa una brutta fine e non pochi drappelli subiscono agguati nelle foreste, rifornendo di cuori caldi i riti nei boschi consacrati alle divinità pagane, come Wodanaz, il dio dei Bructeri, ai quali il nuovo re, il coraggioso Amalric, sacrifica gli sventurati prigionieri romani.
Il compito della spedizione di Scauro e Marco è rapire la sacerdotessa veggente Gerhild, per impedirle di aggiungere i suoi poteri misteriosi alla forza militare crescente dei Bructeri.
Amalric è un avversario temibile, ma mai dire mai: più che dai nemici, al solito i nostri devono guardarsi dagli amici. Non sono in pochi quelli che parlano latino ma non vorrebbero vedere tornare sani e salvi i Tungri, tanto meno con i loro incorruttibili condottieri, Gaio Rutilio Scauro e Marco Valerio Aquila.
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