160^ Anniversario della Battaglia di Solferino e San Martino
- Autore: Non disponibile
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
La battaglia risorgimentale di Solferino, l’ultimo degli scontri “napoleonici” in Europa e il primo che anticipa le stragi della Grande Guerra, per l’impatto di nuove armi e di tecnologie. È un contenuto che viene messo in risalto da una bella pubblicazione. 160° Anniversario della battaglia di Solferino e San Martino 1859-2019, saggio e allo stesso tempo catalogo riccamente illustrato, è un volume collettaneo di grande formato (21 x 29,7 cm), pubblicato dell’editore Sometti di Mantova a maggio 2019 nella collana Storia militare, a firma di Sergio Leali, Tazio Trivini Bellini, Alberto Riccadonna, Bruno Cavallarin.
Nel 1859, l’alleanza con la Francia di Napoleone III consentì al piccolo Piemonte dei Savoia di affrontare nuovamente il nemico storico, l’Austria, per liberare il Lombardo-Veneto. I successi franco-sardi negli scontri parziali iniziali condussero all’impatto imprevisto degli interi eserciti a Solferino e San Martino: oltre 100mila uomini in campo. La vittoria andò alle bandiere tricolori.
In ricordo di quella battaglia, si sono svolti numerosi eventi a fine giugno 2019, nel territorio tra il lago di Garda e il fiume Mincio, teatro dei combattimenti nella seconda guerra d’indipendenza italiana.
Le iniziative hanno visto alternarsi concerti, incontri su pubblicazioni storiche, eventi a cura di gruppi storici in costume. Spettacolare, nella zona del sacrario di San Martino, la rievocazione dal vivo dei combattimenti di quella giornata. Vestendo accurate riproduzioni delle uniformi dell’epoca, uomini di ogni età hanno impersonato sul campo fanti e cavalieri austro-franco-italiani. Abbigliate da giovani patriote, le Najadi hanno celebrato il contributo delle donne alle campagne risorgimentali. Molto spazio è andato alla chirurgia militare: osservando lo spettacolo pietoso dei feriti a Solferino, il filantropo svizzero Henry Dunant maturò il progetto umanitario della Croce Rossa internazionale.
L’impiego in quella battaglia di pallottole a deformazione, cannoni e fucili a canna rigata, aumentò la precisione letale e la capacità di far danni contro reparti ancora ammassati in formazioni serrate. Le innovazioni tecniche francesi garantirono una netta superiorità: la gittata delle loro granate raggiungeva i 3200 metri, contro i 1500 delle palle sferiche dell’artiglieria convenzionale a canna liscia, impiegata dagli austriaci. Il cannone francese imprimeva una deviazione orizzontale meno accentuata e pesava di meno, assicurando un ulteriore vantaggio nel trasporto e posizionamento.
A giudicare dal numero di proiettili inesplosi rimasti sul terreno, faceva semmai difetto la spoletta, che doveva trasmettere l’accensione alla carica di scoppio nelle granate.
L’efficacia delle armi rigate andò a riflettersi sul conteggio delle vittime, con un aumento generale dei morti e feriti, in rapporto al numero dei soldati coinvolti e alla durata degli scontri. Gran parte delle perdite venne causata dalle armi da fuoco individuali, pochi i danni da colpi d’artiglieria e pochissimi da arma bianca. Si calcolò solo il 2% di ferite da lama nella campagna d’Italia.
Nell’attacco alla baionetta chi mostrava più determinazione metteva in fuga i nemici: è una delle ragioni del successo degli assalti “alla garibaldina”. I francesi vi basarono la convinzione dell’efficacia dell’élan, lo slancio offensivo, che pretendevano dai reparti in campo.
Si ricordi che le tattiche ancora privilegiate dai generali del tempo prevedevano l’impiego di formazioni consistenti, in ordine stretto e questo accresceva per i soldati il rischio d’essere colpiti dai proiettili di armi rigate e di subire ferite molto gravi, con lesioni in particolare agli arti, soprattutto inferiori. La rotazione impressa dalla canna rigata aumentava la precisione del tiro, la velocità e la massa delle pallottole favorivano la penetrazione attraverso ogni tessuto organico.
La conseguenza fu il ricorso massiccio all’amputazione chirurgica, che in passato si era cercato di limitare. La medicina militare sul campo riteneva un amputato più facile da curare.
Impressionante, però, il numero dei decessi di quanti subirono grandi interventi chirurgici agli arti: da una statistica francese risulta che le morti a seguito di queste operazioni furono pari al 64%.
Il volume, iconografico e documentario, è variamente strutturato. La prima parte, curata da Leali, ricostruisce gli eventi bellici grazie a lettere smistate dai servizi postali militare.
Nell’ampio capitolo seguente, Riccadonna e Trivini Bellini offrono un quadro esaustivo delle armi e munizioni dei tre eserciti, con un ottimo corredo fotografico anche a colori e spesso inedito.
Non manca, in un saggio a firma di Bruno Cavallarin, un esame del soccorso ai feriti, ad opera per esempio dei cittadini di Castiglione delle Stiviere. In quella città Dunant concepì l’organismo sovranazionale di assistenza sanitaria e sociale in tempo di guerra, al quale, nella Convenzione di Ginevra del 1864, fu dato il nome di Croce Rossa.
160° Anniversario della Battaglia di Solferino e San Martino
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