20 luglio 1860. La battaglia di Milazzo
- Autore: Bartolo Cannistrà
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Nell’estate del 1860 un fatto d’armi sanguinoso per le camicie rosse ha deciso nei pressi di Messina la presa della Sicilia da parte di Garibaldi.
Una battaglia determinante per l’unificazione dell’Italia, al tempo stesso una battaglia “che non c’è stata”, almeno per come venne raccontata fantasticamente da fonti apologetiche filoborboniche.
Lo studioso milazzese Bartolo Cannistrà ha fatto onore alla verità storica e respinto la faziosa propaganda antiunitaria, dedicando anni fa all’evento alcuni scritti, raccolti in un libro uscito postumo rispetto alla scomparsa dell’ottantunenne ricercatore, avvenuta nel maggio 2021. Alla fine di quello stesso anno, le edizioni locali Lombardo hanno pubblicato infatti il saggio storico 20 luglio 1860. La battaglia di Milazzo (novembre 2021, con immagini in bianconero nel testo, 232 pagine).
Casa editrice appena adolescente con i suoi dodici anni di età, Lombardo Edizioni poggia sulle solide spalle di una tipografia attiva dal 1940.
Questo spiega la pregevole confezione delle sue pubblicazioni, al pari di quella in esame, realizzata a cura della Libera Università della Terza Età di Milazzo e sostenuta dall’incondizionato consenso dei familiari del compianto presidente del Comitato scientifico della stessa Lute.
L’elegante volume riunisce in un corpo unico organico i saggi dedicati alla battaglia, firmati dal professor Cannistrà in precedenza, sulla rivista "MilazzoNostra".
Personalità molto nota a Milazzo, alla quale ha dedicato gran parte di sé, si è impegnato nella promozione culturale e turistica della città, tanto nel ruolo di educatore (docente nel Liceo Classico Impallomeni), che attraverso le diverse testate giornalistiche con cui ha collaborato. Tra le sue iniziative, la fondazione della Società Milazzese di Storia Patria, nel 1989; la direzione della rassegna “Milazzo Arte e Spettacolo”, ospitata nel Teatro al Castello; il progetto della Lute, “di cui è stato anima e cuore pulsante”.
Le ricerche dello studioso siciliano, fondate su consistenti fonti storico-documentali e un ampio apparato bibliografico, hanno favorito una ricostruzione oggettiva dei fatti di quel giorno, oltre ai precedenti e seguenti. Risulta pregevolmente equidistante dalle opposte ideologie alimentate prima dal romanticismo risorgimentale e ora proliferate di contraltare nel Sud Italia in prospettiva antisavoiarda.
Risvegliando l’interesse per le origini del nostro processo unitario, le celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia hanno tuttavia scatenato per contro la pubblicazione o nuova diffusione di libri critici, “talora pamphlets polemici, spesso senza note che rimandino a fonti e documenti controllabili”. Sono nati siti web “che oltre ad esaltare l’orgoglio del Sud, quasi sempre rivendicano la monarchia borbonica, condannano la ’colonizzazione piemontese’ e si propongono come obiettivo la ’demistificazione’ del Risorgimento, la demolizione dei suoi artefici, talora la delegittimazione dello stesso Stato unitario”.
Si tratta di un revisionismo storico manicheo, che più di operare un riesame critico per mettere a fuoco le ombre accanto alle luci, vuole solo dissacrare il Risorgimento e i suoi protagonisti. La liberazione del Sud da una monarchia non costituzionale, qual era la borbonica, viene raccontata come:
“Un’invasione piemontese”
L’impresa dei Mille scade a “grande recita”: facili vittorie preparate da inglesi e massoni, realizzate con l’appoggio della mafia, comprate corrompendo comandanti e ministri napoletani.
Cannistrà ha voluto riportare invece l’attenzione sugli eventi bellici, culminati nella battaglia di Milazzo, la più importante, per tributo di sangue e conseguenze. Attento alla storia, scevro da pregiudizi, serenamente obiettivo come uno storiografo ha l’obbligo d’essere, ha confermato la tesi della battaglia più sanguinosa e decisiva di Garibaldi in Sicilia. Non prendere la cittadina e lasciarla presidiata dai Napoletani avrebbe annullato i successi di Calatafimi e Palermo.
“È a Milazzo che il collasso politico-militare della monarchia borbonica diventa irreversibile”.
Non vi si svolse uno scontro marginale o una semplice carica alla baionetta, ma una vera battaglia campale, dove i due schieramenti si contrapposero lungo un fronte di alcuni chilometri, scontrandosi per almeno otto ore. Le forze erano numericamente pari, ma i borbonici disponevano dei cannoni del castello, schieravano artiglieria da campo e cavalleria, combattevano al riparo di edifici, muri e un’intricata vegetazione (canneti e siepi di fichi d’India), mentre i volontari garibaldini non avevano scelta che attaccare allo scoperto e su terreno sconosciuto.
Cimentarsi in uno scontro campale tanto difficile e vincerlo va considerata perciò un’impresa eccezionale, per un condottiero trascinatore di uomini. Perfino un avversario come il cappellano borbonico Giuseppe Buttà (pur insinuando sospetti sulle cause della sconfitta borbonica) ammette la rilevanza della vittoria di Garibaldi, sottolineando che aveva dovuto affrontare una fortezza e una brigata di soldati di valore, al comando dal bravo Beneventano del Bosco, peraltro forti di un’armata di 22mila uomini alle spalle (trattenuta però a Messina) e con potenziali rinforzi da Napoli.
Ottocento le camicie rosse cadute, perdite minori per i Napoletani. Lo stesso Garibaldi dovette guidare un assalto, combattendo all’arma bianca con i nemici, a pericolo della vita.
Tanto si è esagerato pure da parte garibaldina, ma non ci furono gli attacchi epici alo scoperto guidati da Bosco né i soldati regolari piemontesi travestiti da volontari, di cui hanno parlato fonti borboniche, alimentando la leggenda di una battaglia che in effetti non c’è mai stata, almeno come raccontata e vista da Napoli.
20 Luglio 1860. La battaglia di Milazzo
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