A Dublino con James Joyce. Ritratto di una città e di uno scrittore
- Autore: Fabrizio Pasanisi
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2019
James Joyce, Dublino, l’Irlanda: solo a proferirli evocano i ricordi della mia adolescenza, quando, chiusa nella mia cameretta, leggevo dei tetti di Dublino, della città che poi adulta ho conosciuto, curiosando e osservando tante volte; e dell’Irlanda, la sua magia, la sua musica, le sue scogliere, le sue brughiere isolate, i suoi villaggi piccoli mai mancanti di una biblioteca.
Da Joyce, Beckett, Yeats, Flann O’Brien, ai contemporanei John Banville, Colm Toibin, Joseph O’Connor, Paul Lynch, dai classici ai gialli, non ho mai mancato di leggere i racconti di autori irlandesi, con le loro svolte politiche e storiche, le loro poesie, le loro radici, la loro identità e la realtà spirituale e immaginativa di un popolo intero.
Così come non potevo mancare all’appuntamento con A Dublino con James Joyce, pubblicato da Giulio Perrone Editore nel 2019, un bellissimo libro di Fabrizio Pasanisi, scrittore napoletano che vive a Roma, curatore e traduttore delle opere di R.L. Stevenson, grande studioso di Joyce e Yeats, e autore de L’isola che scompare nel 2014, un libro che ho amato fin dalle prime pagine e che ho portato con me durante l’ultimo viaggio in Irlanda.
In questo suo nuovo lavoro, Pasanini narra di James Joyce, della città di Dublino nelle sue opere, dei luoghi della sua vita, delle strade dove è vissuto, dei suoi amori, dalla nascita ai tempi giovanili (i tempi dell’abbandono, per andare in continente), fino al suo ritorno.
“ …un luogo fisico, come in tutte le città, fatto di strade e di architetture, di storia e di persone; e un luogo astratto, un luogo della finzione, della fantasia."
Lo scrittore irlandese lasciò la sua terra scappando via insieme a Nora, la donna della sua vita, sbattendo la porta, ma rimase comunque legato all’Irlanda e ai suoi cari. Dublino non potrebbe esistere senza Joyce come Joyce senza Dublino. Joyce è Dublino come Kafka è Praga e ancora oggi la città è meta di amanti della letteratura e degli scrittori.
Dal quartiere residenziale di Rathmines, dove venne al mondo, nella zona sud della città, sotto il fiume Liffey, il fiume più amato e raccontato, distante mezz’ora dalla cattedrale di St. Patrick, a O’ Connel Street, l’arteria principale e luogo di incontro; dallo storico Bewley’s di Grafton Street al pub Davy Burne’s nel cuore di Dublino; dalla casa di Bray sul mare, alla baia di Torre Martello; dagli anni dell’università, leggendo D’Annunzio e studiando Dante, al Trinity College, fondato da Elisabetta I, al parco cittadino di St. Stephen’s Green.
L’Irlanda cattolica, l’Irlanda della birra, della musica, della miseria, di quel mondo amato e odiato, che avrebbe poi portato con sé in giro per l’Europa. Un Paese dal quale tra la fine dell’Ottocento e inizio Novecento si fuggiva: sono gli anni tristemente famosi della Grande Carestia e di un’ininterrotta emigrazione. La Dublino della sua infanzia era una città di poveri, di slum: trecentomila abitanti nel 1891 sotto il controllo degli inglesi. La modernità faceva fatica a farsi strada e vivere era difficile.
Joyce nacque in una famiglia benestante: il padre, con un carattere non facile e profondamente cattolico, aveva il vizio del bere e dissipò negli anni il suo patrimonio. Metteva incinta la moglie anno dopo anno: diciassette gravidanze della quali solo tredici portate a termine. James comprese fin da ragazzo che avrebbe dovuto pensare da solo alla propria esistenza. Studiava, lavorava e girava la città da gran camminatore: ne viveva il dolore, ne sentiva gli odori, ascoltava le storie della gente. Nei Dubliners e nelle altre sue opere, Finnengans Wake, Ulysses, Exiles, narrerà diversi momenti del proprio vissuto, la borghesia più povera, gli umili, la fame, la morte, la visione della sua città odiata e poi amata.
“ Questo autobiografismo lo rende testimone di un’epoca, ma la sua forza espressiva, la sua ricchezza intellettuale con la padronanza di una cultura sterminata, lo mette in grado di andare oltre la storia, di toccare i miti, di raggiungere le radici dell’essere umano. “
Un itinerario pieno di fascino e storia è A Dublino con James Joyce, una città che, come un amante sazio in una notte estiva, aleggia nelle opere di Joyce, insieme al suo conflitto interiore dal sapore della sconfitta e dell’abbandono, che lo scrittore irlandese aveva conosciuto intimamente e tra le strade della sua città. La città che rinnegò e abbandonò per poi sentire di nuovo il richiamo ancestrale delle sue strade, della musica, della magia del suo folklore, e per la quale non smise mai di essere e sentirsi irlandese.
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