Acid Queens. Viaggio tra le voci femminili della musica psichedelica di Enrico Rocci

La psichedelia è femmina. D’altra parte siamo alle prese, come è evidente, con un sostantivo femminile. Enrico Rocci comincia da qui, da quel che può essere considerato un particolare di poco conto, se non un’ovvietà. Invece è fondamentale attestarlo, ribadirlo, metterlo in chiaro, soprattutto se si ha intenzione di affrontare un viaggio particolare, con destinazione le voci femminili che hanno arricchito, e reso ancor più affascinante, la musica (il rock?) psichedelica.

Acid Queens. Viaggio tra le voci femminili della musica psichedelica (Officina di Hank, 2021) parte dagli anni ’60, dai Jefferson Airplane di Grace Slick, per arrivare sino ai nostri giorni. Un excursus che non lascia nulla al caso, che prova a non dimenticare nessuno, dalle band più note (gli Stereolab, i Broadcast e gli stessi Jefferson Airplane) fino a quelle di culto (i Tress, i Comus…), tutte accomunate da un indissolubile legame con la psichedelia (notata l’immagine in copertina?) nonché da almeno una presenza femminile all’interno della propria line-up.

Di queste ragazze, o meglio… ragazzacce, Rocci ricostruisce in modo minuzioso la storia, a volte scavando all’interno delle rispettive sfere private, riassumendone gli innegabili meriti artistici: parliamo di musiciste che, spesso e volentieri, hanno cambiato, in positivo, il corso artistico del proprio gruppo, alcune di loro sono poi riuscite a trovare una dimensione solista sulla quale si sono adagiate con determinazione, a volte con successo.

Le coordinate sono puntate quasi esclusivamente su Gran Bretagna e Stati Uniti (in realtà si parla anche di Portogallo e Olanda), anche se non manca un capitolo sulle faccende psichdeliche di casa nostra: un limite, forse, ma se Rocci avesse allargato il proprio spettro, il libro avrebbe avuto bisogno di tutt’altra foliazione, rischiando così di implodere.

Bene, questo è quanto. Anzi, no. Perché, messa così, sembrerebbe di stare qui a concionare su di un volume come un altro, del solito saggio musicale che lascia il tempo che trova, magari condito da qualche dose di spocchia d’ordinanza. Invece no, Acid Queens possiede qualcosa in più, un valore aggiunto che può essere riassunto nella capacità di scrittura esibita dall’autore. Una scrittura brillante, ironica e autoironica, zeppa di battute fulminanti e geniali, sorrette da una reiterata intenzione di non prendersi sul serio. Bello leggere libri così leggeri ma al tempo stesso densi e intriganti.