Adolescenza e violenza. Il bullismo omofobico come formazione alla maschilità
- Autore: Giuseppe Burgio
- Genere: Scuola
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Mimesis
- Anno di pubblicazione: 2012
“Degli adolescenti sappiamo poco. Della sessualità adolescenziale ancora meno. Quasi nulla dell’omosessualità in adolescenza. Che d’altro canto si presenta come un soggetto complesso, perché differente appare l’omosessualità al nord o al sud del paese,in una metropoli o in un paesino di provincia,così come l’adolescenza,diversa secondo il sesso,il ceto sociale,l’ambiente culturale etc. Ogni singolo adolescente fa storia a sé. È una storia a se stante.”
Così l’autore Giuseppe Burgio, apre il primo capitolo del libro “Adolescenza e violenza - il bullismo omofobico come formazione alla maschilità”, edito da Mimesis nel 2012 a Milano e Udine, che racchiude in 250 pagine una trattazione generale del fenomeno del bullismo omofobico, analizzando le variabili rappresentate dalle caratteristiche delle vittime. Questo testo nasce da un’indagine di tipo qualitativo riguardante adolescenti omosessuali, svolta lungo il corso di cinque anni, indagine argomentata attraverso ricerche di tipo sperimentale: un’indagine sul campo, centrata sulla raccolta di storie di vita di adolescenti, tra cui la più citata ed accurata nel testo è la storia di Davide che ritroviamo nel primo dei cinque capitoli in cui è articolato il testo.
A tal proposito il primo capitolo, a mio parere molto interessante, è dedicato a fornire una definizione di bullismo omofobico, partendo dalle parole degli stessi adolescenti, nel tentativo di comprendere la vittimizzazione e le sue implicazioni legate al genere. Sulla base di questo viene presentata la storia di Davide, un ragazzo diciottenne, la cui intervista semi strutturata viene integralmente riportata. La descrizione del percorso di vita di questo ragazzo è utilizzata con il fine di mostrare come le esperienze raccontate non siano dei casi isolati, ma processi sociali ricorrenti. L’obiettivo di questa ricerca è mostrare che il bullismo non risulta essere comprensibile se non al’interno di un percorso esistenziale specifico dei ragazzi coinvolti. L’indagine viene affrontata dal punto di vista etnopedagogico, dato dall’incrocio tra etnografia e autobiografia, utilizzando un metodo costruttivista e costruzionista. Il racconto di Davide risulta essere molto complesso, si definisce omosessuale da sempre, ma afferma di vivere due vite poiché gli piacciono anche le ragazze, sottolinea che la sua omosessualità non si nota. Sostiene, inoltre, che dopo che i suoi genitori hanno scoperto la sua omosessualità, a lui serve portare a casa una ragazza in modo da farli tranquillizzare, anche se in realtà è fidanzato con un ragazzo che vive a Roma, Davide dice di volersi trasferire nella città eterna per non doversi nascondere. I professori a suo dire non trattano il tema dell’omosessualità in classe.
”Se una persona si presenta come vittima è vittima”.
È così che Davide racconta e “giustifica” il comportamento di alcuni suoi compagni, nei confronti di un ragazzo gay, vittima di bullismo. Dal racconto si evince che mentre gli aggressori tendenzialmente fanno gruppo, non appare esserci solidarietà tra le potenziali vittime omosessuali. Davide, infatti, non prova empatia per la vittima,anzi afferma che la vittima deve difendersi da sola,questo è un pregiudizio molto diffuso, quello appunto del difendersi da soli contro la vittimizzazione scolastica. I racconti di molti adolescenti configurano un quadro di bullismo omofobico preoccupante, in una ricerca nell’area di Washington è emerso che in 123 scuole sono stati registrati 146 incidenti. Un terzo dei ragazzi che si suicidano sono omosessuali, bisogna dunque che si accettino le diversità e che si conviva con esse per non rischiare di diventare vittime, costantemente umiliate ed emarginate. Si parla di bullismo in caso di una relazione a carattere asimmetrico e persecutorio,la relazione è basata su un abuso di potere da parte del più forte, è una situazione in cui una delle due parti (il bullo) esercita intenzionalmente il suo potere sull’altra (vittima). Nel bullo risulta scarsa la capacità di empatia, mentre la vittima sembra assumersi la cola di ciò che sta avvenendo,e una conseguenza può essere quella dell’autoesclusione della vittima che tende ad isolarsi. La vittimizzazione risulta essere molto spesso un comportamento stabile nel tempo: persecutori e vittime, una volta assunto un determinato ruolo, non riescono più ad uscirne e continuano a recitare la loro parte, attorno alla quale va a costruirsi la propria identità. Tra gli elementi caratterizzanti del bullismo troviamo il pettegolezzo denigratorio e l’insulto,inoltre per i ragazzi eterosessuali avere accanto un ragazzo gay sembra essere un’esperienza minacciosa e se il ragazzo gay esprime il suo interesse la minaccia si amplifica, il rapporto con il sesso femminile invece sembra più positivo rispetto a quello intramaschile che appare decisamente complesso.
Nel secondo capitolo ripartendo dal racconto di Davide, che racconta del suo primo rapporto sessuale avuto a 13 anni e si autodefinisce finocchio, viene descritta la configurazione dell’esperienza omosessuale, con le tappe essenziali e simboliche di questo percorso che un ragazzo omosessuale deve affrontare. Emerge dunque che omosessualità ed eterosessualità hanno elementi in comune quali la costruzione dell’identità sessuale, ma emergono anche differenze, come le difficoltà da affrontare le risorse e le sfide. Il racconto di Davide in questo contesto viene inserito non con lo scopo di generalizzare, bensì per poterlo manipolare al fine di comprendere i meccanismi che si trovano alla base del bullismo. È utile a tracciare caratteristiche comuni a tutte le esperienze adolescenziali della sessualità. Sempre in questo capitolo viene definita l’identità come narrazione che si costituisce come effetto della costruzione dell’immagine di sé, in cui assumono importanza la relazione con i pari e l’aspetto sociale. La vittimizzazione tra i pari assume un ruolo importante nella gerarchia dei modelli di genere tra i pari. Il fatto poi che il bullismo scolastico sia, per lo più, una relazione giocata tra maschi (e che abbia i gay come vittime statisticamente predominanti) indica la competizione come regolatore interno all’adolescenza maschile. La violenza si mostra infatti utile a stabilire le regole del comportamento corretto e adeguato al genere, crea una gerarchia di maschilità al cui fondo vengono posizionati i ragazzi gay (o anche solo effeminati), risolve i conflitti intrapsichici e i dubbi carichi di angoscia che gli adolescenti possono vivere in relazione alla loro maschilità in formazione, crea ai bulli una reputazione di maschilità indiscutibile, rinforza indirettamente – infine – l’oppressione maschile di quel femminile (a cui vengono assimilati i gay) caratterizzato dalla passività sessuale e, spesso, dal subire la violenza maschile. In quest’interpretazione, diventa all’improvviso chiaro perché la violenza verbale e fisica sia quasi monopolio maschile (il bullismo femminile è infatti meno diffuso e cruento).
“La cosa più insopportabile, alla fine, non è la visibilità dei gay ma proprio il fatto che siano invisibili. È dunque spiegabile il fatto che la società spinga alla rappresentazione, spinga i gay ad assumere essi stessi una visibilità che sarebbe,altrimenti,impossibile da imporre.”
L’omosessualità è un tema che gli omosessuali hanno bisogno di raccontare collettivamente ed è, però, anche un argomento che gli altri vogliono sia detto, essere visibili significa essere riconosciuti e quindi essere. Il riconoscimento forma il soggetto. L’esperienza di un ragazzo gay appare condizionata, inoltre, da tre possibilità: celarsi, essere detto dagli altri, dirsi autonomamente. Nel racconto di Davide i primi a voler sapere sembrano essere i genitori, la madre infatti aveva trovato un video pornografico gay. Da quel momento dice Davide, “ c’è stato un periodo di indagini” fino a quando non trovarono una foto in cui loro figlio si baciava con un altro ragazzo. Ma forse Davide ha lasciato volontariamente foto e video in modo che potesse essere scoperto. Mostrare il proprio desiderio è la strada per dichiararsi.
La terza parte del volume si concentra sul contesto scolastico. La differenza tra omosessuali o eterosessuali emerge in un contesto in cui la paura di essere scoperti e derisi è molta. Durante l’adolescenza, infatti, la scuola è il teatro delle ingiurie, delle prese in giro e delle offese che ledono l’autostima. Questi comportamenti offrono un terreno fertile per la nascita del bullismo omofobico, che viene letto nei suoi vari piani di dispiegamento: personale, interpersonale, istituzionale e delle rappresentazioni culturali.
La domanda che sorge spontanea è allora: ”A cosa serve il bullismo omofobico? A chi giova?” Secondo l’autore potrebbe esserci un nesso tra l’oppressione delle donne e l’esclusione degli omosessuali, il tutto a vantaggio degli eterosessuali, affinché l’identità maschile sia valutata positivamente è necessario che quella femminile sia rappresentata in maniera negativa. Per fare in modo che un’identità di genere maschile sia valutata come normale e naturale, è necessario che si abbiano relazioni sessuali adeguate all’identità di genere e definite in tal senso normali. Ciò significa infatti che il comportamento omosessuale porta con sé il fantasma della non adeguatezza di genere. La nostra società è fondata su un legame sociale tra uomini storicamente contraddistinto da tre elementi: il primo è assoggettamento delle donne che consolida e rende irreversibile il distacco femminile. Il secondo è il divieto legale dell’omosessualità e la manipolazione politica dell’omoerotismo, il cui potenziale viene avviato all’interno, nei canali dell’amicizia virile e della solidarietà ideologica e d partito. Il terzo elemento del quadro è l’emarginazione categoriale dello straniero e il divieto del suo insediamento sul territorio. È consapevolezza che i maschi siano quelli a creare più problemi e come siano più violenti. Il bullismo femminile è più concentrato sul pettegolezzo come fonte di esclusione dal gruppo (p.159). I maschi hanno più difficoltà a solidarizzare con le vittime, perché questo andrebbe contro la loro immagine maschilista. Vi sono due tipi di violenza agita da maschi: una simmetrico e competitiva, che vede gli uomini anche come vittime, e una di tipo naturale e sessuale che ha come vittime prevalentemente le donne.
Giungiamo dunque al quarto capitolo che delinea una filogenesi della maschilità e una genealogia storica della costituzione della virilità. La maschilità verrà studiata nelle sue componenti culturali, psicologiche e relazionali affrontando anche il tema della relazione tra virilità, violenza e piacere. Viene analizzata inoltre l’ontogenesi individuale della maschilità ed infine dell’aggressività adolescenziale.
L’ultimo capitolo si occupa di precisare dal punto di vista pedagogico le idee guida di questa proposta educativa che riguarda tre ambiti: la relazione tra maschi sia omosessuali che eterosessuali, la pluralizzazione dei modelli di maschilità e l’accompagnamento all’adolescenza maschile nel complesso compito di identificazione di genere.
Questo testo affronta un tema molto importante, quale quello dell’omosessualità e della violenza che non sono da sottovalutare, attraverso un occhio pedagogico e non psicologico come spesso accade (credo sia in questo la novità di tale libro). Adolescenza e violenza. Il bullismo omofobico come formazione alla maschilità è un libro a mio parere molto interessante e molto utile anche per chi, e soprattutto per chi, lavora nei contesti educativi: queste persone sono infatti le prime a dover aiutare i ragazzi nella formazione della propria identità, nonché evitare che vengano derisi o che diventino vittime del bullismo omofonico. Da questo testo si può certamente apprendere che l’omosessualità è ancora un tabù da dover ormai abbandonare ed è necessario accettare una sessualità diversa dalla propria.
Adolescenza e violenza. Il bullismo omofobico come formazione alla maschilità
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Adolescenza e violenza. Il bullismo omofobico come formazione alla maschilità
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