Alla Grande Guerra in automobile
- Autore: Guido Chigi Saracini
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2015
Antimilitarista e anticasta ma volontario non combattente
Guido Chigi Saracini, senese (1880-1965), aristocratico, mecenate musicale: un pacifista, volontario non combattente nella prima guerra e un “grillino” nelle retrovie del fronte. Sarà tutto spiegato da qui a poco, nel trattare il volume pubblicato da il Mulino (“Alla Grande Guerra in automobile. Diario e fotografie 1915-1916”, novembre 1915, 172 pagine, 18 euro), nella collana Storie italiane, a cura di Giuliano Catoni e Paolo Leoncini e in collaborazione con l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano.
Il diario di guerra del conte Chigi è patrimonio dal 2014 della collezione di memorie depositata nella città aretina ed è molto originale nel suo genere, per la novità dell’esperienza narrata. Dalla testimonianza del nobile si apprende delle vetture civili con autista messe a disposizione prima per il trasporto di ufficiali e portaordini nell’alto Cadore, poi come ambulanze di spola tra gli ospedali da campo nelle zone di Udine e Caporetto. Chigi Saracini racconta in prima persona di questo servizio, scarsamente documentato.
Tutt’altro che interventista e visceralmente pacifista – riformato alla leva per insufficienza toracica - attese tuttavia con ansia lo scoppio delle ostilità, per offrirsi alle Autorità militari come automobilista di pronto soccorso.
La guerra batteva alle porte d’Italia, io vi partecipai, volontario, fin dall’inizio
scrive Guido, allora trentacinquenne. Anche la moglie, Bianca Kaschmann, si impegnò come crocerossina. Non avevano figli e sentivano come un dovere morale offrire il loro contributo di solidarietà al Paese in guerra e di fratellanza ai soldati.
Percorreva le strade del Cadore sulla sua automobile SPA, condotta da due fidati chauffeur e attrezzata come portamedicinali e ambulanza per il primo soccorso. Lo racconta in tre piccoli quaderni dalla copertina nera, che coprono due periodi. Tante anche le fotografie, scattate con l’inseparabile apparecchio portatile, alcune inserite al centro del volume.
Prima di arruolarsi, aveva organizzato con la moglie un ricovero per convalescenti nella villa di Castelnuovo Berardenga, nel senese, territorio eccitato come gli altri in quei giorni dalla prospettiva imminente di un’avventura bellica che si annunciava ottocentescamente esaltante e che si sarebbe rivelata invece la tregenda pazza e senza fine di cui Chigi dà conto. Non racconta combattimenti o sacrifici, ma rivela una profonda sensibilità per la sofferenza. Di per sé, il conte non patisce: alloggia in alberghi o ville, noblesse oblige. Non consuma i pasti in gamella, sul campo, ma in comodi ristoranti o mense ufficiali. Nelle sue pagine ricorrono però osservazioni sul contesto sociale e bellico che denotano uno spirito critico libero. Se il ceto sociale di appartenenza lo tenne lontano dalle linee, la sua esperienza di guerra lo rese più sensibile e consapevole: le pagine esprimono timori, sogni, riflessioni su un Paese che stava per nascere ma sembrava ancora lontano, come Stefano Jacoviello e Stefano Pivato mettono in luce nelle postfazioni. I due docenti mettono anche in evidenza le riflessioni del nobile sulla differenza tra l’efficiente rete stradale nel territorio austriaco e l’insufficiente viabilità italiana, convinto che lo sviluppo di una nazione dipenda dalle infrastrutture di comunicazione.
Chigi Saracini non è egoista né distratto, percepisce la fatica di tutti i combattenti e la durezza della prova che stanno affrontando. Condivide la loro nostalgia di casa, lui che sogna di tornare al suo piccolo mondo senese. Lo addolora la nuova paura che viene dal cielo: le incursioni aeree sulle città non distinguono tra militari e civili, uomini e donne, vecchi o bambini. Si mostra stupito e indignato del coinvolgimento della popolazione civile. Invece, non risparmia critiche ai militari. La formazione degli ufficiali gli appare scadente. Quanto alla capacità dei Comandi: l’organizzazione non è sublime e gli ordini si contraddicono.
Altra categoria che attira i suoi strali polemici è costituita dai politici: avversa la casta e pur essendo filogovernativo per autodisciplina e suddito fedele del sovrano, non risparmia giudizi taglienti, con un atteggiamento che anticipa nei toni l’antipolitica dell’attuale Movimento Cinque Stelle. Definisce il parlamentarismo una vergogna umana e la classe politica ancora peggio: una autentica canaglia. Mentre alle frontiere della Patria si combatte e si muore, i politici polemizzano fra loro al solo scopo di mire basse e volgari e di ambizioni personali.
Il diario si interrompe bruscamente nel giugno 1916, per la violenta malattia che colpì il conte Chigi Saracini nel suo andirivieni di guerra e che lo allontanò dalla zona a ridosso del fronte.
Alla grande guerra in automobile. Diari e fotografie (1915-1916)
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