Amelia. L’avventuroso volo di un’arvicola intorno al mondo di Torben Kuhlmann

Come tutti i libri illustrati che pubblica Orecchio Acerbo, anche Amelia. L’avventuroso volo di un’arvicola intorno al mondo di Torben Kuhlmann è molto originale. Evocativo di un mondo di animali e uomini, in questo caso una topolina e una grande aviatrice che incrociano i loro destini avventurosi, l’albo è tradotto dal tedesco da Anna Patrucco Becchi e fa parte di una serie che l’autore ha dedicato a grandi scienziati, a partire da Lindbergh.

Questo invece è intitolato ad Amelia Earhart, la pilota americana che affrontò avventure incredibili nel suo desiderio di fare la trasvolata del globo in aereo, capace di unire la passione per il volo con la battaglia per il riconoscimento dei diritti delle donne. Pur osteggiata con violenza dal mondo maschile, la sua passione la portò a fondare, insieme a quattro fedeli compagne, l’associazione “Ninety-Nines”, le donne americane fornite di brevetto di pilotaggio, novantanove appunto, che si batterono con coraggio perché il loro lavoro di pilote fosse riconosciuto ed equiparato a quello degli uomini.

Amelia fu la prima donna ad attraversare in volo l’Atlantico, col suo aereo rosso fuoco. Da questa moderna eroina prende spunto il libro, che racconta la storia altrettanto eroica della topolina di campagna, un’arvicola, che esce dal suo buco e, malgrado l’ostilità delle sue compagne, riesce con grande fatica e altrettanta determinazione a costruirsi un piccolissimo aereo, con l’aiuto fondamentale di un anziano Topo, che chino su uno scrittoio progettava aerei. Era proprio lui il topo volante che aveva trasvolato l’Atlantico, era giunto in America, dove era divenuto celebre.
La piccola arvicola spiega che ha deciso, dopo aver visto uno spettacolo meraviglioso al Circo volante, di raggiungere l’Africa, dove sa che ci sono i leoni: lei li ha visti su un francobollo, che gli umani mettono sulle lettere per spedirle in ogni parte del globo.

E così inizia la grande avventura della piccola topolina che esce dal suo buco, dal suo orto quadrato, per raggiungere New York, dove trova un enorme negozio di formaggio, e poi l’Africa, terra di deserti e di leoni, finché un enorme tifone rischia di distruggere il piccolo aereo e dell’aviatrice non si hanno più notizie per lungo tempo. Soltanto dopo giunge un suo messaggio: si è salvata con un paracadute da lei inventato, ma dice che dopo aver fatto il giro del mondo è certa di non voler tornare nel piccolo universo delle arvicole, un orto troppo limitato per le sue grandi aspirazioni.

Oltre al testo molto poetico, dove l’autore antropoformizza gli animali, topi e procioni, che divengono studiosi, progettisti, piloti, costruttori, ci sono illustrazioni veramente bellissime: ufficio postale, vecchie lettere affrancate con francobolli d’epoca, fabbriche dismesse, pagine di vecchi giornali, una stazione ferroviaria, campi d’aviazione primitivi dove atterrano aerei a elica, grammofoni, radio, microfoni, Manhattan vista dall’alto dell’aereo rosso pilotato dalla coraggiosa arvicola, un leone sonnacchioso nel caldo della savana che non si accorge della topolina che è scesa a bere in una pozza d’acqua. Una bella corrispondenza, molto poetica, tra la pilota anticonformista Amelia e la sua imitatrice.
In barba agli uomini reazionari e alle topoline antifemministe, decise a combattere l’intraprendenza di una più coraggiosa di loro, le femmine ce la faranno. Il libro esce per i dieci anni dall’uscita di Lindbergh, con questa nuova avventura “di topi volanti tutta al femminile”.