Eppure Angelo canta ancora. Una storia di musica e di amicizia di Marco Dieci e Leo Turrini

Così il giornalista Leo Turrini chiude il suo libro-intervista al musicista Marco Dieci, “Eppure Angelo canta ancora. Una storia di musica e di amicizia” (Incontri Editrice, 2016):

“(…) c’è qualcuno, caro Marco, che nel panorama musicale italiano di oggi potrebbe essere ragionevolmente accostato alla figura umana e artistica di Angelo Bertoli?”

Segue parere di Dieci:

“Ti rispondo così, con il cuore ma anche con la mente: Angelo è stato, era, resta e sarà per sempre unico” (p. 103).

E dunque così sia. Siamo arrivati al termine di una lunga bertoleide e il pleonasmo ci può anche stare. Del resto è la pura verità: Pierangelo Bertoli resta un cantautore (come tutta la generazione dei cantautori anni Settanta) senza eredi. Cantava politico (spesso anche quando cantava d’amore), cantava pane al pane (persino a Sanremo) cantava e diceva cose a brutto muso (da questa lettura si evince che sarebbe anche stato un critico controtendente, cioè coraggioso e severo). Al punto che una volta gli zelanti tirapiedi di area demitiana, cercarono in tutti i modi di boicottargli un concerto campano. E un’altra volta la Rai, come al solito pilatesca, evitò di mandare in onda la sua Certi momenti, perché sul tema dell’aborto il polacco che venne ad insegnarci “che è più cristiano opporsi col rifiuto” era niente meno che Karol Woytila in persona, neoeletto papa e già in odore di consenso popolare.

I retroscena, insomma, non si contano dentro questo librino piacevolissimo e scattante: sono paternità del braccio destro – nonché chitarra e piano - bertoliano di una vita, al secolo il suddetto Marco Dieci, che previ assist da talentuoso del botta e risposta (Leo Turrini) fa emergere il ritratto forse più completo stilato sin qui del cantautore. Aldilà dei meriti di una fede politica resistente a ogni riflusso e alle miopie discografiche che negli anni Novanta (fino alla morte) lo hanno inopinatamente distribuito poco e male, Bertoli resta una pietra miliare del cantautorato che conta (per impegno e peso specifico). Presso che impossibile rimuoverne la caratura sui generis, la statura musicale, l’impegno, la scorza, la coerenza, l’umanità.

Personalmente lo ricordo in un’intervista siciliana che doveva durare quindici minuti e andò avanti oltre il doppio. Lo ricordo, in altre circostanze, per le mani che stringeva, le parole che ascoltava e quelle che diceva alla fine di ogni concerto a chiunque avesse modo e voglia di intrattenersi con lui. Sono cose che la dicono lunga sulla persona, confermate alla lettera da un altro dialogo desunto da questo libro:

Turrini: “Inoltre chi voleva sapere come la pensasse sui massimi sistemi poteva ascoltare con attenzione i suoi testi, no?” Dieci: “Precisamente. E a quanti interessava approfondire, ecco, si presentava l’occasione del dopo concerto” Turrini: “Non ho capito”. Dieci: “Beh, umanamente Angelo era molto disponibile. Se, finita la serata, qualcuno voleva chiacchierare con lui, di governo o di economia, lui si prestava molto volentieri. Anche troppo”. Turrini: “Perché anche troppo?”. Dieci: “Dai, noi musicisti avevamo fame o volevamo andare a dormire o tornare a casa, però c’era quel rito lì, bisognava aspettare che Angelo esaurisse le sue conversazioni” (p. 59).

Vi risulta che se ne contino di cantautori, passati e presenti, fatti così? Non è un caso che Bertoli non conoscesse look, non avesse “pose” e nemmeno furbesche strategie. Aveva una bella voce, questo sì. Una voce che ha tuonato “tra due fuochi” fino alla fine, quando tuonare in musica era sconsigliabile e stra-passato di moda. Per chi ha conosciuto di persona e amato tantissimo le canzoni del Nostro, “Eppure Angelo canta ancora” è un libro quasi commuovente. Ricchissimo anche di foto, con incluso il cd Del volt, canzoni di Pierangelo Bertoli e Marco Dieci.