Apostoloff
- Autore: Sibylle Lewitscharoff
- Casa editrice: Del Vecchio
- Anno di pubblicazione: 2012
«Portare a casa, Tabakoff lo intendeva letteralmente. I bulgari giacevano sparpagliati, a volte cadaveri relativamente più freschi, a volte cadaveri stravecchi, nel cimitero di Stoccarda e non aspettavano altro che Tabakoff se li prendesse. Lui, l’ultimo della lega dei bulgari di Stoccarda, era arrivato per raccogliere i loro resti e trasferirli a Sofia. In un dignitoso corteo di limousine, beninteso, al cui arrivo aspettava un funerale ortodosso di prima categoria».
È questo lo spunto che dà inizio al viaggio di due sorelle di Stoccarda, una apparentemente più tranquilla e dolce, l’altra più scontrosa e stravagante, che pur essendo completamente diverse in tutto sono legate da un profondo amore sororale e dallo stesso destino. Entrambe si ritrovano a viaggiare in una di queste limousine verso la Bulgaria guidate dall’autista e guida turistica Rumen Apostoloff: tra i vari bulgari emigrati a Stoccarda negli anni ’40 e da riportare ora in patria c’è anche il loro padre, un ginecologo morto suicida quando erano ancora piccole. La più giovane e irascibile osserva il tutto in maniera quasi distaccata dal sedile posteriore e da questa posizione privilegiata si fa voce narrante, ironica e tagliente, di un viaggio alquanto grottesco tramutatosi alla fine in un lento e faticoso cammino alla scoperta del Paese paterno e del padre stesso al quale è legata da un controverso rapporto di amore-odio:
«Per anni non abbiamo più parlato di lui, per anni ci ha oppresso, quando e se, solo nell’intimo – un eroe sbiadito di una storia opaca. E quasi nulla più di lui».
Un padre che per lei è comunque costantemente presente nonostante la sua reale assenza e con il quale instaura un dialogo continuo e fittizio a volte facendone anche le veci:
«Toctoc, ecco che già rifà capolino il padre, preme le punta delle dita sulle labbra, come assorto in un pensiero. I suoi capelli neri così puliti e curati, come se il sogno gliene avesse pettinati per noi».
Ci troviamo quindi di fronte a una vera e propria riflessione e resa dei conti non solo con il proprio tormentato passato, ma anche con quello della Bulgaria, un Paese uscito a pezzi dal Comunismo. La Lewitscharoff anche in questo romanzo gioca con le straordinarie potenzialità della lingua tedesca, crea originali e divertenti neologismi affidandosi alla Wortbildung e riflette spesso sulla lingua stessa, strumento irrinunciabile per scavare dentro se stessi e nella propria storia. Conferendo inoltre all’intero racconto un ritmo veloce, travolgente e incalzante rapisce il lettore in un intenso vortice di parole immergendolo nella complessa storia, a tratti triste e malinconica a tratti ironica e satirica, senza quasi lasciare il tempo di riprendere fiato e senza seguire una linearità temporale. Una sfida quindi non di poco conto per la traduttrice (P. Del Zoppo per Del Vecchio Editore), che è riuscita però a rendere perfettamente in italiano le stesse sfumature, la stessa eleganza e precisione dell’originale.
Autobiografia, storia, arte, immigrazione, ricerca delle origini, l’immancabile spettro della morte, questioni economiche, ma anche religiose ed esistenziali si fondono e intrecciano in un romanzo unico e imprevedibile che fa viaggiare nel tempo, nello spazio, ma soprattutto nei meandri della mente.
Apostoloff di Sibylle Lewitscharoff
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