Avrò cura di me di Julia Buckley

A Julia Buckley, giornalista e viaggiatrice, serve un miracolo. Come un quinto della popolazione europea, Julia soffre di dolori cronici. Secondo i suoi medici non c’è niente da fare, se non imparare a conviverci. Ma lei non vuole rassegnarsi, è troppo sofferente e non può permettersi di non tornare al lavoro e a una vita normale. Decide così di prendersi cura di se stessa, di essere dottore di se stessa, di intraprendere un viaggio intorno al mondo per trovare e scoprire come curarsi.
Per quattro intensi anni Julia viaggerà da nord a sud, da est a ovest incontrerà professionisti della medicina tradizionale e di quella alternativa ed esplorerà le frontiere della fede, della scienza e della psicologia. Dalla terapia neuroplastica a San Francisco alla marijuana per uso medico in Colorado, dai rituali vodou nell’isola di Haiti alla “chirurgia spirituale” brasiliana, dalle preghiere a Lourdes alle reliquie di Padre Pio.

La sua storia, le sue speranze, i suoi incontri e scontri sono minuziosamente raccontati in un diario di bordo dal titolo esplicativo “Avrò cura di me” (Sozogno, 2019) un resoconto incredibilmente vero e disarmante con riferimenti letterari appropriati. La Buckley ci racconta come davanti al proprio dolore continuo, costante e il fallimento dell’establishment medico ad affrontarlo, lei abbia deciso di viaggiare, scrivere ed esplorare e credere alla medicina alternativa e addirittura ai miracoli. I dolori cronici hanno obbligato la nota giornalista a lasciare il lavoro e a registrarsi come disabile, inutili si sono rivelati i molteplici tentativi con le terapie convenzionali disponibili privatamente e attraverso il sistema sanitario nazionale. La maggior parte delle quali si concentrava sulla terapia cognitivo comportamentale e sulle strategie di coping, ma i dolori sono aumentati e si sono differenziati sempre di più sino a quando a un anno esatto dal precipitarsi delle sue già precarie condizioni fisiche la Bucley decide di intraprendere un disperato viaggio alla ricerca di una cura per la sua malattia invisibile.

“Avrò cura di me” non è solo un resoconto personale del dolore e delle possibili cure ma è anche la denuncia di come la sindrome del dolore cronico sia studiata e affrontata dai dottori uomini sensibilmente sessisti nei loro rapporti con le pazienti donne che: “per quanto riguarda il dolore, hanno il doppio delle probabilità di attribuire il dolore femminile a ragioni psicologiche e la metà delle probabilità di fornire loro adeguati antidolorifici.”