
Basta poco
- Autore: Homobruno
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Quali sono le caratteristiche principali che un giallo contemporaneo deve avere per conquistarci? Occorre che la trama sia avvincente, geniale e in grado di stupire il pubblico, certo, e che i personaggi siano originali, non stereotipati. Ma non è abbastanza.
Noi lettori del ventunesimo secolo abbiamo già sperimentato di tutto in campo letterario, quindi ci appassioniamo soltanto a ciò che ci sorprende e ci coinvolge; e “Basta poco” si è rivelato, almeno per chi scrive, un’ottima risposta al nostro costante bisogno di novità. E per più di un motivo.
Si tratta di un romanzo di Homobruno (il misterioso autore che già tre anni fa ci ha regalato “Al posto suo”, edito da Montedit) pubblicato da Cavinato, in versione cartacea, nel 2016.
Il racconto inizia in maniera molto semplice, mostrandoci una giovane veterinaria, Chiara, in procinto di raggiungere la casa di un amico un po’ speciale per una serata di divertimento: il clima dovrebbe essere disteso e spensierato, eppure fin dalle prime righe il tono della narrazione ci lascia intendere che c’è un elemento inquietante, nascosto chissà dove nei pensieri della ragazza oppure nell’ambiente attorno a lei, nel dedalo di strade che la separa dalla sua meta, nell’enigmatica pineta cui lei guarda spesso con curiosità e desiderio.
Infatti già da subito capiamo che il programma di Chiara rischia di andare in fumo, in quanto l’uomo che l’ha invitata, il DJ, non si trova in casa; tale anomalia viene inizialmente liquidata dalla donna con poche parole (a quanto pare capita sovente che il DJ arrivi tardi alle sue stesse feste), però abbiamo il presentimento che stavolta non si tratterà di un innocuo ritardo… E lo sente anche Chiara, solo che non se ne accorge.
In compenso incontra un altro invitato alla fantomatica cena, un attraente sconosciuto di nome Manuel: i due decidono di mettersi comodi in attesa che il loro ospite li raggiunga, e cominciano a fare conversazione.
Da qui in poi, accadranno eventi strani nella vita della bella veterinaria e del DJ.
La qualità che personalmente ho apprezzato di più nel romanzo, e il principale dei tre motivi cui ho accennato sopra, risiede nella varietà dei generi che il racconto abbraccia; si tratta di un giallo, l’abbiamo detto, ma tra le pagine di “Basta poco” leggiamo anche di una storia d’amore, del flusso di coscienza di un uomo costretto alla latitanza e alla solitudine per un lungo periodo, di scene agghiaccianti con cadaveri e assassini apparentemente pazzi.
Ecco cosa intendevo all’inizio: per noi lettori “esperti”, che abbiamo avuto modo di conoscere sia i classici del passato che le innovazioni della modernità, non è più sufficiente che un giallo parli di un mistero apparentemente irrisolvibile e degli sforzi che i personaggi compiono per trovare la soluzione. Questo può andarci bene quando sfogliamo i libri di cento o duecento anni fa (i quali comunque restano sempre immortali), ma da un autore contemporaneo ci aspettiamo altro. Vero?
“Basta poco” non sarebbe tanto affascinante, senza frasi come:
“Secondo la mia esperienza di donna il rimorso è un brutto cliente e nel tuo caso non ti ostacola, anzi, vuole farti capire un particolare che ti è sfuggito o al quale dai poca importanza: forse quella brutta cosa in fondo non era poi così brutta, va tutto bene e forse se la tua vita deve cambiare, è stato giusto cambiarla adesso”.
Le quali hanno forse poco a che vedere con gli eventi in sé, eppure toccano uno dei tasti più sensibili della natura umana, ovvero quello del rimorso e del senso di colpa causato da azioni ritenute sbagliate. Un giallo non può avere significato se non inserisce nella narrazione i pensieri, i sentimenti e le ossessioni dei personaggi e dell’essere umano in generale; d’altronde, i misteri non sono creati forse dagli uomini?
Per le medesime ragioni, affinché una storia sia accattivante, deve contenere brani come questo:
“Avevo sentito il suono che diffonde la balena sotto il livello del mare, me l’aveva fatto sentire lei in una registrazione (…) Non si avvicinava nemmeno al suono di un qualsiasi altro animale quel muggito soffocato, sembrava provenire dallo spazio, una vibrazione dotata di vita propria che si era persa nel tentativo d’incontrare la sua compagna. Un effetto acustico spogliato della sua radice animale, un rumore che viveva per conto suo sperduto chissà dove e capitato per caso a contatto con un microfono. Un viaggio nelle stelle, nei pianeti e nelle galassie, molto lento, un suono che non ambiva a nessun ascoltatore. Nei suoi intenti profondi forse c’era quello di cercare un suo simile, ma era solo una speranza”.
Per mostrarci che la vita dei protagonisti non è composta solo dal dolore o da un’atmosfera sinistra, ma comprende anche momenti di dolcezza, di sogno, di meraviglia.
Senza tali descrizioni, non capiremmo e non accetteremmo gli sforzi che i personaggi fanno per sciogliere l’enigma. Sapere che essi sono capaci di amare ci permette di comprendere che, in fondo, vale davvero la pena di soffrire per scoprire una verità o ritrovare una persona cara.
Nello stesso tempo, ancora, vogliamo restare con il fiato sospeso e con il cuore in gola, desiderando di divorare letteralmente tutte le pagine per arrivare alla fine e vedere la conclusione della vicenda; perciò in un buon libro non possono mancare nemmeno scene di tensione come quella che segue:
“l’uomo si avviò in cucina e accese la piccola luce sopra i fornelli posizionandosi davanti alla sagoma senza vita di François. Mi guardava di traverso: la testa e il collo formavano un angolo di novanta gradi e il viso, girato di lato, faceva sembrare il corpo incassato e distorto, mostrando una spalla destra decisamente più in alto rispetto al collo e dando la sensazione di una sorta di gobba (…)
«Perché l’hai ucciso? Cosa ti aveva fatto?»
«Come disse mio padre prima di ammazzare mia madre: se vuoi un lavoro ben fatto, fallo da solo.»
«Cosa ti aveva fatto?»
«La cosa migliore di me è che ci sono molti me.»”
Considerato tutto ciò, possiamo concludere che un giallo veramente bello deve contenere elementi tratti da ogni genere letterario e “Basta poco” di Homobruno ce lo dimostra.
Il secondo motivo per cui ho amato il libro riguarda la presenza di dialoghi assai particolari; dapprima, lo ammetto, i discorsi tra i personaggi non mi sono piaciuti: li ho trovati molto diversi da quelli che sono solita leggere nei racconti, e non capivo dove Chiara, Manuel, Christian e gli altri intendessero andare a parare; tuttavia procedendo con la trama mi sono resa conto che nel mezzo delle loro frasi apparentemente casuali si nascondeva ogni volta un dettaglio fondamentale per la risoluzione dell’enigma, e allora ho capito: la struttura bislacca dei dialoghi (continui cambiamenti di argomento, battute che sembrano slegate dal senso logico della conversazione, oggetti e concetti insignificanti ai quali però l’attenzione dei protagonisti continua a ritornare) non è una forzatura, è stata creata così per un preciso intento dell’autore.
Prendiamo il primo, lungo dialogo tra Chiara e Manuel: leggendolo ho avuto l’impressione di scorrere la sceneggiatura di un film della Nouvelle Vague, in cui i personaggi parlano di cose poco importanti, che non hanno niente a che vedere con la trama, e poi d’un tratto discutono di tutt’altro, come se non si trattasse di un discorso razionale ma di un puro flusso di pensieri.
Le parole dei due sembrano ricalcare proprio questo modello, laddove per esempio sono necessarie varie frasi per decidere se sia meglio bere prima il vino rosso portato da Chiara o lo champagne di Manuel: perché forse per lo champagne sarebbe opportuno aspettare che torni il padrone di casa, e allora apriamo il vino, ma…
Insomma, la maggior parte degli autori avrebbe “tagliato” questi scambi superflui e sarebbe passata a descrivere direttamente il turbamento per il prolungato ritardo del DJ e la sottile tensione sessuale tra i due ospiti. Invece Homobruno riporta i dialoghi per intero, e questo sia per conferire realismo alla storia (in fondo è normale che delle persone chiacchierino anche di particolari inutili durante una cena) sia per nascondere bene i dettagli significativi nell’insieme della conversazione, in modo che il lettore debba restare molto attento alla narrazione per riuscire a scovarli, e non da ultimo per dipingere un quadro in cui i protagonisti danno voce ai propri pensieri così come li percepiscono nelle loro menti.
Infine, ho apprezzato il romanzo per il modo peculiare in cui l’intreccio è portato avanti e concluso: scene apparentemente tranquille si alternano a elementi enigmatici e inquietanti (per citare un altro rifermento cinematografico, chi non ha pensato a Matrix quando nel libro si nomina un certo Oracolo?), e il finale della storia è qualcosa di stupefacente. Ma di questo, ovviamente, non posso svelarvi nulla.
Vi lascio il piacere di scoprirlo con i vostri occhi. Dopotutto, come dice Christian, “Basta poco”.

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