Berlinguer deve morire. Il piano dei servizi segreti dell’Est per uccidere il leader del Partito Comunista
- Autore: Giovanni Fasanella, Corrado Incerti
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Il 3 ottobre 1973 è una data rimossa dal calendario scomodo della memoria nazionale. Il 3 ottobre 1973, Enrico Berlinguer, il segretario del Partito comunista più grande d’Europa, viaggia in auto diretto all’aeroporto di Sofia. La sua visita ufficiale in Bulgaria si è rivelata breve e difficoltosa.
L’ottica eurocomunista con cui il leader del PCI guarda alla geopolitica collide con il comunismo ortodosso del capo di stato bulgaro Zhvikov. In altre parole, i due non se le mandano a dire, al punto che Berlinguer decide di tornarsene in Italia prima del tempo.
Quando la voluminosa Chaika di rappresentanza su cui viaggia viene investita da un automezzo militare bulgaro, il tempo è ideale: non piove e anche la visibilità è ottima.
Alla luce di ciò le immagini della vettura scattate dopo l’incidente sono impressionanti, considerate anche le dimensioni dell’auto: sei metri per due di puro acciaio sovietico. Fatto sta che Berlinguer ne esce comunque vivo, nell’impatto muore soltanto il suo interprete.
I due esponenti del Partito comunista bulgaro che viaggiavano con lui restano gravemente feriti. La notizia ha del clamoroso ma viene tuttavia somministrata con cura, quasi incidentalmente.
Misurato come risulta essere per indole personale, lo stesso Berlinguer non si lagna e non rivela più di tanto. Se non altro in pubblico, e il suo silenzio durerà per anni.
Nel 1991 il segretario del PCI è già morto, colpito da ictus. Il Muro di Berlino è stato smantellato. L’Unione Sovietica si è dissolta in un fiat. Il Partito comunista italiano ha persino cambiato nome: Partito Democratico di Sinistra si chiama adesso e il suo segretario è Achille Occhetto.
Quando il senatore ex comunista Emanuele Macaluso rompe il silenzio sui possibili retroscena dell’incidente bulgaro, lo fa nel corso di un’intervista al giornalista di Panorama Giovanni Fasanella: KGB e servizi segreti della Bulgaria intendevano far fuori Berlinguer durante il suo tragitto verso l’aeroporto.
Nessuna prova certa del complotto, ma indizi tanti. E anche la vedova di Berlinguer rivela che i sospetti erano in primo luogo del marito. Ma perché uccidere Berlinguer simulando un incidente stradale, se questo significava mettere a repentaglio anche la vita dei due pezzi grossi della nomenklatura bulgara che viaggiavano con lui?
A questo e ai tanti interrogativi suscitati dalla vicenda risponde Berlinguer deve morire. Il piano dei servizi segreti dell’Est per uccidere il leader del Partito Comunista, l’inchiesta che proprio Giovanni Fasanella riedita ampliata con Corrado Incerti per Fuoriscena (2024).
Un’indagine minuziosa e ad ampio raggio, che a partire dalle lontane rivelazioni di Emanuele Macaluso, attraversa e coinvolge testimoni, Sofia, documenti dell’Istituto Gramsci, fino alle carte del cosiddetto dossier Mitrokhin. Anche se in assenza di prove inconfutabili, l’investigazione giornalistica è capillare e documentata, e in premessa al libro Walter Veltroni si sofferma funzionalmente sull’oggettiva scomodità di Enrico Berlinguer.
Una “scomodità” che avrebbe potuto spingere, in effetti, i servizi segreti dell’est ad agire contro il segretario del Partito comunista italiano. Scrive Veltroni:
“Quello che Berlinguer sta compiendo proprio nei giorni in cui la Chaika su cui viaggia viene fatta a pezzi da un camion militare bulgaro non è certo il primo passo in un rinnovamento radicale del partito, ma è probabilmente quello più importante. Quattro anni dopo quest’uomo schivo e apparentemente fragile andrà a Mosca per dichiarare davanti a Breznev e a tutto il mondo comunista di considerare la democrazia un bene irrinunciabile. Che qualcuno volesse chiudere la bocca a un uomo così con i mezzi più oscuri, con i complotti e il sangue, è possibile. Probabile. Forse vero”.
Preceduto da un esteso saggio introduttivo di Giuseppe Vacca, Berlinguer deve morire si colloca inoltre come memento: il ricordo del politico forse più amato (post mortem da alcuni persino idolatrato) della storia repubblicana. E questo nonostante gli errori di valutazione, nonostante la spigolosità.
Per dirla, e chiudere, con le parole di Fasanella e Incerti:
“Enrico Berlinguer fu senza dubbio il leader comunista italiano più carismatico, il più amato e rispettato nel nostro Paese e all’estero. Sotto la sua guida, il Pci conquistò nella prima metà degli anni Settanta una forza elettorale mai ottenuta da un partito marxista attraverso libere elezioni, raggiungendo percentuali che nei decenni successivi le forze di centrosinistra messe insieme avrebbero a malapena sfiorato. Ed espresse il massimo della cultura di governo compiendo, sia in politica interna che estera, scelte strategiche irreversibili”.
Il libro-inchiesta è tutt’altro che pregiudiziale. E a confronto dei nani assisi attualmente sugli scranni di Montecitorio la figura di Enrico Berlinguer giganteggia per spessore e rettitudine morale. Ma senza apologia.
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