Borderlife
- Autore: Dorit Rabinyan
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2016
Abraham Yehoshua e Amos Oz, i più importanti scrittori israeliani, hanno apprezzato e lodato “Borderlife”, romanzo della scrittrice Dorit Rabinyan, ebrea israeliana di genitori provenienti dall’Iran, che ha ambientato il suo libro a New-York, nei primi anni del nuovo millennio. Il libro, per il suo contenuto potente e dirompente, una storia d’amore impossibile tra una insegnante di Tel Aviv e un artista di Ramallah, è stato bandito dalle scuole superiori israeliane, cosa che, naturalmente, ha innestato il passaparola tra i lettori trasformando il romanzo in un “caso letterario” internazionale.
Liat ha una borsa di studio a New-York dove passerà i sei mesi invernali, traduce, scrive, studia in un appartamento prestato da amici, accudisce due gatti, frequenta l’amico israeliano Andrew e gli amici Tomè e Joy, si vedono spesso al caffè Aquarium, vicino alla Public Library, tra la Sixth a la Decima; un giorno al posto di Andrew si presenta all’appuntamento il ragazzo che gli insegna l’arabo, Hilmi Nasser. E’ un vero colpo di fulmine, un’attrazione irresistibile, amore a prima vista tra Hilmi, che parla l’inglese con l’accento gutturale degli arabi, ha la pelle color bronzo e tanti ricci, e la giovane israeliana. I due ragazzi non si lasciano per l’intero inverno, gelido, passando dalla casa di lei al monolocale di lui a Brooklyn, rimpiangendo il caldo delle spiagge israeliane che lui non ha mai visto: non conosce il mare, Hilmi, perché la sua terra ne è separata dal muro che gli israeliani stanno minacciosamente costruendo per separare anche fisicamente i due popoli, le due realtà, i due mondi che si contendono una piccola striscia di terra. Hilmi e Liat sanno fin troppo bene di appartenere a due realtà in violentissimo contrasto: lei pensa che la sua storia con il pittore arabo sia a tempo, finirà con la fine della sua permanenza a New York, mai potrebbe presentare ai suoi familiari un amore “nemico”, lui spera che la ragazza si convinca ad accettare la sua famiglia, suo fratello che insegna a Berlino ed è un feroce assertore della conquista di un’unica nazione che abbracci ebrei e arabi, israeliani e palestinesi. Ma i contrasti e le ideologie sono troppo potenti, e il legame tra i due, pur essendo profondo ed estremamente coinvolgente, rischia di perdersi di fronte all’enormità della storia che i due popoli stanno vivendo. Liat telefona di nascosto ai suoi genitori, e questo non fa che umiliare Hilmi, che si sente discriminato a non accettato. La storia d’amore è dunque attraversata dal dramma dei due popoli, dal pregiudizio, dagli stereotipi, dalla oggettiva condizione che rende di fatto impossibile una conciliazione, e che fa della storia raccontata con seria commozione dalla autrice israeliana una metafora della condizione in cui ragazzi cittadini del mondo, artisti promettenti come Hilmi, insegnanti coraggiosi come Liat, si trovano a vivere ed a soffrire in prima persona. La New-York tempestosa, fredda, ostile, quasi inospitale, nella quale i due cittadini mediorientali rischiano di essere scambiati per terroristi, sorvegliati dall’FBI, ci viene descritta soprattutto come una grande metropoli molto difficile da vivere dopo l’11 settembre:
“Più di tutti gli altri fenomeni dell’inverno, più dei cumuli di neve, dei venti atlantici e del frastuono apocalittico della grandine e della neve rappresa in mulinelli di lame ghiacciate, e di una pioggia come non avevo mai visto prima – più dell’implacabile tirannia delle tempeste, delle bufere e dei diluvi, è il freddo ad angustiarci. Per noi è un freddo traumatico, estraneo, che stordisce i nostri corpi, che li rende increduli, incapaci di farci l’abitudine... Congelati e lamentosi, raffreddati e immancabilmente tossicchianti, Hilmi ed io ci assomigliamo anche più di prima. In questo freddo artico profondo, nordamericano, siamo entrambi mediorientali, levantini fino al midollo.”
Proprio qui sta il centro del romanzo, il suo tema centrale: i due protagonisti che si amano, si riconoscono nei colori e nei gusti, nei gesti e nelle reazioni fisiche, sono destinati invece alla separazione, all’abbandono, perché la grande Storia rischia di stritolarli. Il finale di “Borderlife”, tragico e imprevedibile, è in fondo il migliore possibile. Una storia che rischia di diventare scandalosa, viene raccontata con grande perizia letteraria, in una lingua che mescola l’arabo, l’ebraico e l’inglese e dove la contemporaneità mostra il suo aspetto più atroce.
Borderlife
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