Bruno Mattei. L’ultimo artigiano
- Autore: Gordiano Lupi
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Anno di pubblicazione: 2013
C’erano una volta anche in Italia registi e film “di genere”; oggi tutti malati di autorialità, persino i neo malincomici millantano sottotesti che non si vedono nemmeno a cercarli con la lanterna. Come se fosse una colpa cimentarsi col cinema-cinema, raccontare per il gusto del racconto, intrattenere con effettacci speciali, perché questo in fondo è ciò che chiede il pubblico, e di Bergman e Fellini ne nascono uno ogni cinquant’anni. Si intitola, non a caso, “Bruno Mattei. L’ultimo artigiano” l’ennesimo volume che l’editrice Il Foglio dedica all’industria dei film made in Italy e ai “cinematografari” che a cavallo tra i Sessanta e gli Ottanta la resero importante nel mondo.
Il saggio è firmato da Gordiano Lupi e Ivo Gazzarrini (con la collaborazione di Fabio Marangoni e Matteo Mancini) e, come si può intuire, è uno studio a trecentosessanta gradi su uno degli autori di B-Movie più eclettici e prolifici dell’“altro” cinema di casa nostra. Il cinema che sopperiva alla mancanza di risorse con buona volontà e discreta fantasia, il cinema che i film con gli zombi andava a girarli nelle Filippine, i western più o meno dove Cristo si era fermato a Eboli, e per le scene gore usava le frattaglie del macellaio del quartiere. Sulla scia dei blockbuster americani, Mattei rivisitava all’italiana, mettendoci di suo ingegno, fatica, passione da artigiano, toccata e fuga tra i generi del cinema per portare a casa la pagnotta. Tra pellicole accreditate e non, co-regie, sceneggiature, tv-movie, il suo curriculum è lungo quando un’autostrada, e annovera incursioni nel nazi-erotico (“Casa privata per le SS”), nel tonaca-movie (“La vera storia della Monaca di Monza”), zombie-movie (“Virus”, tra gli stra-cult preferiti da Quentin Tarantino), women in prison (“Violenza in un carcere femminile”), erotico tout court (“Cicciolina amore mio”) e ancora western e neo-peplum, horror e post atomico, "letti" e riletti tutti all’insegna delle tre S: sangue, sesso, suspense, tanto per gradire.
Non scopro certo io la puntualità saggistica di Lupi & Gazzarrini: nella fattispecie si muovono in invidiabile sintonia tra le anse gore e i campi lunghi dell’exploitation made in Italy, ripassando uno per uno i film di Mattei, consapevoli della loro grana grossa (ci scherzava sopra anche lui), ma convinti pure che la storia del cinema italiano si sia scritta anche attraverso i filmini, filmetti e filmacci dei mestieranti di talento, capaci di riempire le sale di prima e di terza (visione) e soprattutto di esportare nel resto del mondo, come oggi non si usa più. La prosopopea intellettualistica è stato il vizio che ha assestato il colpo di grazia all’industria dell’intrattenimento in Italia. Aridatece er monnezza e i suoi fratelli.
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