Bufali in marcia al mattatoio
- Autore: Ahmel Echevarrìa
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2018
Lo scrittore cubano Ahmel Echevarria, ripetutamente premiato e celebrato dalla critica, viene pubblicato e tradotto in italiano da una coppia di studiosi, Laura Mariottini e Alessandro Oricchio, docenti di lingua spagnola alla Sapienza Università di Roma, che scrivono una lunga ed articolata postfazione al romanzo “Bufali in marcia al mattatoio”, nella quale viene spiegato che la traduzione è l’aspetto applicato - e quindi più tangibile – della mediazione linguistico-culturale.
Dunque il romanzo ha come sua peculiarità una ricerca accurata di tradurre in un contesto socio letterario diverso un mondo, quello raccontato dall’autore, difficilmente identificabile.
La voce narrante, chiede al lettore continuamente di essere identificato con un nome proprio, “Chiamami Ismael”, una sorta di anagramma del vero nome dello scrittore, Ahmed. Il rimando alla letteratura americana è continuo, a partire da Melville, da Hemingway, da Carver, da Bukowski, da Henry Miller. La balena bianca, il continuo riempirsi di alcol, whisky Johnnie Walker e birre Heineken, il ritrovarsi continuamente al bancone di un bar, dove un oste irlandese, irish Coffee, funge da testimone muto delle vicende che nel susseguirsi del racconto vedono Ismael incontrare una donna che scrive su un piccolo taccuino compulsivamente bevendo cappuccini, Amanda.
Ma altre due donne prevalgono nella vita del soldato reduce da una mutilazione dopo aver combattuto in Angola, dove ha perso un occhio: Jamela, dai ricci biondi e le unghie laccate di rosso vivo, con cui Ismael ha una storia di non amore e Gunila, una prostituta russa che malgrado sia al servizio del Messicano, con cui lavora anche lo stesso Ismael. Con lei si vive una storia d’amore selvaggio, una sessualità aggressiva e totalizzante, una relazione con una bellissima gatta amorosa che si trasforma in una tigre violenta.
Gli ambienti raccontati sono pieni di miseria, sporcizia, sangue, vomito, pestaggi, lividi, ferite. Parole scurrili, droga, viaggi allucinati, sogni dolorosi, tutto nei racconti di Echevarria ci riporta ad un mondo che ha vissuto la violenza delle guerre contemporanee, le ferite, la paura degli scoppi e dei missili che mutilano, spappolano, uccidono. Essere sopravvissuti significa rifugiarsi nel sesso, nell’alcol, nella trasgressione. La cultura religiosa del Messicano che cita la Bibbia come la migliore raccolte di storie, che cita interi passi del Vangelo, che indossa una croce d’oro preziosissima, ma che non esita a vendicarsi uccidendo spietatamente.
Nel libro ci sono malattia e morti violente, ozono e carne putrefatta, puzza, sudore, ma anche una sorta di amore, di rispetto per la natura, di citazione del mondo animale, bufali e caimani dagli occhi blu, usignoli, stelle marine, elefanti. Ma c’è anche tanta musica, il jazz, il juke-box che conserva i dischi degli anni 80, Lionel Richtie e Billie Holiday, Louis Armstrong, Baudelaire e la sua più celebre poesia, l’Albatros.
Le frasi sono brevi, i dialoghi concitati, i racconti si susseguono senza apparente logica, ma con un filo rosso che finisce per legarli tutti intorno ad un non luogo, un bar che potrebbe trovarsi ovunque, sogni che si susseguono, paure che popolano le notti insonni, terrore della guerra mai realmente sconfitta. E la mandria dei bufali che finisce per essere una metafora tragica dell’umanità che si avvia senza possibilità di ritorno alla propria distruzione, dà il titolo al libro. Un mattatoio che è una parola chiave del secolo scorso e che ritorna come una sorta di mantra in uno scrittore poco più che quarantenne. E ci mette in guardia, come la buona letteratura riesce spesso a fare.
Bufali in marcia al mattatoio
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