“Buoni” Assassini
- Autore: Emilio Orlando
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2016
Quello di Emilio Orlando è un lavoro importante, in giusto equilibrio tra indagine e provocazione: già nella scelta del titolo, ““Buoni” Assassini”, l’autore ha dimostrato di saper mettere insieme con maestria i pezzi di un difficilissimo puzzle; ha cercato di recuperare un’immagine d’insieme, raccontandola pixel dopo pixel, mettendola a disposizione del lettore in una labirintica, ma veloce e leggibilissima raccolta di spunti di riflessione e di ricerca. L’immagine che ne esce è, a mio avviso, soprattutto quella di una Roma annerita da una degenerazione morale da fine impero, in linea perfetta con gli scandali più recenti che l’hanno vista protagonista (Mafia Capitale e via dicendo), che rischia di rivelarsi una città sulla soglia del punto di non ritorno.
Preziosissima la prefazione della psicologa e criminologa Imma Giuliani, che aiuta a collocare immediatamente chi si avvicina all’argomento in quel “terreno friabile” sul quale il delitto efferato di Luca Varani si compie: ci colloca in uno spiazzante equilibrismo tra mondo reale e mondo dell’immaginazione, tra vita vera e voyeurismo, tra immaginazione perversa ed egoica del soggetto criminale che va a scontrarsi e a limitare in maniera definitiva la libertà di chi, suo malgrado, ne entra a far parte. Ci parla, opportunamente, di “deliro diadico” della coppia Foffo-Prato che ha portato all’espletamento di un gesto ferale del quale, singolarmente, i due soggetti non sarebbero forse mai stati capaci.
Siamo nello sprofondamento reale, nel “lato oscuro”. Per usare un riferimento classico, siamo ad una sorta di sfida al Minotauro, chiuso nei meandri serpeggianti del fantomatico Labirinto, dove a sferrare il colpo mortale è però la orrenda creatura irrazionale e mitologica e a soccombere in maniera definitiva è l’uomo. Una città di Lego, dove ogni tipo di libretto di istruzioni sembra perduto, una città di plastica, del disfacimento delle caratteristiche peculiari, cresciuta all’insegna della postmoderna frammentazione. Coloro che vivono in questa città sono, sempre, dei “bravi ragazzi”, che si trasformano appunto, da attori consumati, in “buoni assassini”. I loro sguardi sembrano sempre “rubati”, provenienti da un altrove, in una sorta di provino, come su un set in cui scegliere e preparare la vittima.
Ci sono poi le case dei carnefici, i locali scambiati per case, i luoghi della trasgressione dove assurdamente tutto è percepito come lecito e senza seguito. Dove una volta i ragazzi giocavano a tagliare la coda alle lucertole, oggi con la stessa leggerezza si taglia la gola ai coetanei e si nega loro un futuro. Un ricorrente riferimento alla cronaca: i terribili fatti del Circeo; molti i riferimenti cinematografici: “Cane di paglia” e “L’ora dei vigliacchi”, due thriller di persecuzioni fisiche e psicologiche, datati e attualissimi, che sembrano anticipare gli assurdi divertimenti erotico-psicotropi di questi due figli insignificanti protesi sul nulla.
E poi i “padri” di questa vicenda: Foffo senior si precipita a Porta a Porta, si concentra sull’affermazione di assoluta eterosessualità del figlio e arriva a definirlo
“ragazzo modello”
Prato senior si accinge
“con passo lieve ad attraversare questa tempesta”
mentre in una sorta di delirio egocentrico dimentica addirittura di nominare il figlio. E ancora quelle “madri” che tacciono, con la loro assenza assordante, mentre la “famiglia” della vittima si vede restituire, a fatica, un corpo di un figlio desiderato e ora fatto a brandelli. Un figlio dal sorriso profondo, come quegli occhi scuri che lo contraddistinguevano e che l’amata Marta Gaia porta ancora tatuati nell’anima, strappato al suo futuro solo
“per vedere l’effetto che fa”.
E ancora la “notte”, dove ogni cosa sembra finire per confondersi e per perdere i propri lineamenti; è la notte del “Muccassassina”, la notte dei “mutaforma”, la notte delle “dark room”.
I due assassini sembrano mossi da un lucido delirio estetico di onnipotenza, quasi come nel vecchio film “Nodo alla gola”. Sembrano organizzare, pianificare, mirare al delitto perfetto. Vagano insieme, in macchina, per la città alla ricerca della vittima adatta alla quale
“fare del male”.
Per strada, però, nessuno rientra nei loro piani di lucida follia. La trappola sta per scattare nell’appartamento di Foffo, dove i due “buoni” assassini ammettono di aver consumato più di 1500 euro di cocaina (la droga è lo pseudo-collante sociale di questa Roma annerita): molti vengono invitati al festino, alcuni fiutano il pericolo e si dileguano nella notte romana. Poi, di mattina, arriva Luca. I due lo imbottiscono di Alcover (la droga dello stupro), il ragazzo si sente male in bagno ed ha inizio la sua efferata esecuzione. Una vera e propria mattanza, che a molti ha riportato alla mente macabri fatti di cronaca come quelli del Circeo o del “Canaro” della Magliana. La diade mortifera Foffo-Prato uccide e sevizia Luca, si accanisce sul suo corpo ancora così terribilmente attaccato alla vita, dorme sullo stesso letto su cui giace il cadavere, poi esce e gira per Roma, fermandosi a bere qualcosa qua e là.
Da qui, le strade dei due si dividono: Foffo confesserà al padre il suo crimine, mentre Prato inscenerà un goffo quanto inutile tentativo di suicidio. Una volta fermati, sarà tutto un rimpallarsi la responsabilità effettiva del gesto da parte di entrambi. Alle loro spalle una vita spezzata, a soli 23 anni, dalla follia di due menti sovrappopolate da incubi, da demoni, da preoccupazioni assillanti che li hanno portati a rimuovere ogni barlume di umanità dalle loro esistenze.
A noi che ancora oggi continuiamo a tenerci stretto il ricordo di Luca e a perderci nei suoi occhi profondi e senza fine, restano un’interminabile serie di domande, che faticheranno ad avere risposte, nonostante l’ottimo libro di Emilio Orlando, e la consapevolezza che non si può mai dimenticare che il Male purtroppo esiste, perché mai come oggi il Nulla è un paese reale.
Aggiungo che, per il sottoscritto, insegnante di Luca Varani, si tratta di un libro che si occupa di un argomento nei confronti del quale non riuscirò mai (né tantomeno, ad essere onesti, ci tengo a farlo) a essere sufficientemente distaccato. La vicenda che ci ha portato via Luca, in un modo che definire brutale e agghiacciante rischia di sembrare addirittura un eufemismo, ci è passata sopra come un treno in corsa. Ci ha lasciato straripanti di interrogativi e con un senso di vuoto di dimensioni inimmaginabili. Da sempre, come uomo e come docente, ho scelto l’amore e la vita. Il desiderio consapevole di costruire. Gli sguardi timidi e lungimiranti dei ragazzi. Il riuscire a ottenere, ma con l’impegno e con la fatica. Aborro la violenza che mi fa orrore sempre, qualunque sia e in qualunque modo si manifesti. La violenza è la cosa più squallida e inaccettabile sul’intera faccia della terra. È lo scempio dei miti e degli indifesi. È squallido e inaccettabile chi semina morte. È squallido e inaccettabile chi riesce a sporcare di fango persino l’immagine della vittima appena uccisa; chi confonde la vittima col carnefice.
«Buoni» assassini. Genesi di un delitto, il caso Varani
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