C’era una volta una donna che cercò di uccidere la figlia della vicina
- Autore: Ljudmila Petrushevskaja
- Genere: Raccolte di racconti
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2016
In molte letterature straniere, il racconto è una dimensione letteraria molto praticata, cosa che non avviene troppo di frequente nella nostra: ecco allora che una scrittrice russa Ljudmila Petrushevskaja, nata nel 1938 a Mosca, riesce ad ispirarsi ai grandi letterati del suo paese, Gogol, Checov, Puskin, soprattutto, ma anche agli scrittori che hanno fatto del fantastico un genere prediletto: Edgar Allan Poe, ma anche i tedeschi e i francesi che sulla letteratura fantastica si sono misurati con grandi risultati, penso ai celebri racconti di Nerval, di Hoffmann, dello stesso Henry James.
Nella raccolta di racconti “C’era una volta una donna” (Einaudi, 2016) che cercò di uccidere la figlia della vicina, dunque la scrittrice si muove nell’ambito della tradizione del suo paese, narrando storie della contemporaneità, o attingendo ad un patrimonio folklorico e fiabesco.
Con “La mano”, il testo che apre la raccolta, siamo in guerra, la Seconda guerra mondiale: apparentemente uno scenario realistico, un colonnello viene raggiunto dalla notizia che sua moglie sta male, ottiene una licenza ma al suo arrivo la moglie è già morta; durante la sepoltura lui perde la tessera del partito; la moglie gli appare in sogno rivelandoglielo, ma chiedendo di non sollevare il velo funebre. Lui torna, dissotterra e apre la bara, vorrebbe ancora scorgerne il volto. Poi il finale a sorpresa, del tutto inatteso.
“Vendetta”, una storia terribile, ambientata in un piccolissimo alloggio dove vivono due donne sole. Una delle due, ragazza madre, accudisce la sua bambina, di cui la coinquilina è irragionevolmente gelosa, tanto da disseminare la casa di trappole che potrebbero essere letali per la piccola. Una volta che la madre era fuori e la bambina chiusa a chiave nella sua stanzetta era caduta dal letto e non faceva che urlare, la donna esasperata le fa arrivare sotto la porta acqua mischiata a soda caustica, finché non si sente più piangere. Finale anche questo drammatico ed imprevedibile, che dice della capacità di creare situazioni assurde e paradossali, ma del tutto plausibili alla mente di chi legge.
Poi c’è la storia di una terribile epidemia, che uccide man mano una intera collettività, una situazione fortemente simbolica narrata con forza dall’autrice, che lascia il lettore sgomento alla conclusione, che svela l’assurdo solo nella ultimissime righe.
Continua la presenza di animali, soprattutto gatti, dalla potenza misteriosa, e del nero, che ricorre in molti titoli: Il cappotto nero, Il barboncino nero, ad evocare scenari di solitudine, di perdita, di angoscia.
Un lungo racconto di vita quotidiana, “Ti amo”, è la storia di un uomo che non ama sua moglie, costruendosi una vita alternativa con una compagna di lavoro che somiglia a Marilyn Monroe, nella sua fantasia, e che ha fotografato dalla vita in giù, appendendo la foto sul muro sopra la sua scrivania. La moglie, buona, brava, coraggiosa, tollera la foto perchè ama il marito, e ne morirà: solo dopo morta riuscirà a comunicare il suo amore all’uomo, sussurrandogli le due parole, ti amo, mentre sparisce dal muro la famosa foto della rivale.
Padri, madri, mogli, figli, parenti, sono i protagonisti di questi strani racconti, la voce autorevole della coscienza di chi ha vissuto lo straniamento del passaggio dalla cupezza e dalla miseria della atmosfera staliniana a post staliniana, alla moderna Russia contemporanea, con le sue tremende contraddizioni.
Realismo e fantastico, fiabe e guerre, amore e morte, senza retorica la scrittrice ci immette in una società per molti versi davvero sconosciuta.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: C’era una volta una donna che cercò di uccidere la figlia della vicina
Lascia il tuo commento