Caccia al nero. Confessioni di un insider della tv populista
- Autore: Non disponibile
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Chiarelettere
- Anno di pubblicazione: 2022
Ciascuno deve stare al suo posto. La polizia a reprimere, la magistratura a condannare, la stampa a persuadere la gente a pensarla come vogliamo noi. E tutti in fondo stanno facendo il loro dovere.
(Sbatti il mostro in prima pagina, Marco Bellocchio, 1972)
I palinsesti della tv-unica populista sono concepiti come i bidoni dell’indifferenziata: metabolizzatori onnivori di pattume mediatico. Negli ultimi anni l’infotainment ha incrementato passo e peso della variante distrattiva-disinformativa, attraverso mirate cacce al nemico, al cattivo, all’untore per partito preso, attualizzando l’apologo sulla fabbrica delle notizie di Sbatti il mostro in prima pagina (1972) e Quinto potere (1976). Un sistema mediatico genuflesso alle direttive dei poteri forti necessita come il pane dell’avversario di turno, da demonizzare a turno attraverso creativi e fucilieri di stampa e televisioni. In nome dell’audience o delle lobby partitiche che ne foraggiano le edizioni, la macchina di fango è intrinseca ai palinsesti delle televisioni transnazionali (ovunque strategie redazionali e format identici a quelli italiani). La tv populista è infatti dappertutto, a seconda di come soffia il vento globalista, nemica giurata di tossici, apolidi, transgender, senzatetto, albanesi, islamici e delle new entry no-vax e filo-putiniani.
Poiché Caccia al nero. Confessioni di un insider della tv populista (A.A.V.V., Chiarelettere 2022) non è un saggio, nomi e cognomi di ciambellani e servitori della causa disinformativa sono volutamente sottratti alle pagine: è così che specifico e teleologia del romanzo si connotano di caratteri universali. Dietro i tratteggi anonimi di caposervizi rampanti e/o cazzuti, autori al soldo del miglior offerente, presentatori egotici di pessimo carattere sotto la bonomia in favore di telecamera, del resto non ci vuole molto a intravedere i nuovi mostri dei talk show nazionali.
L’aspetto più allarmante di Caccia al nero risiede quindi nell’archetipicità dei caratteri deformi che si aggirano fra una redazione e uno studio televisivo e l’altro. Quante ne abbiamo viste, e quante ancora ne vedremo, di inchieste demagogico-terrorizzanti, montate ad arte per assecondare strategie editoriali, sollecitare l’autoreferenza predatoria degli ospiti in studio, il malcelato desiderio di sangue del pubblico da casa? Basta uno zapping in fasce protette per rendere l’idea di un bla-bla televisivo ininterrotto: poveri cristi che smozzicano frasi monche o ira funesta in studi o piazze ammaestrate ad arte forniscono inconsapevole carne speculativa per il blaterizio di giornalisti e tuttologi-soloni col libro in promozione.
Caccia al nero è dunque un agghiacciante (ma a tratti anche ghignante, del ghigno della iena) romanzo non-fiction, un’insistita panoramica - interna/esterna sul sistema televisivo populista, quando anche il mainstream in questi anni si è dato un gran da fare per diventarlo e lo è diventato, attraverso la veicolazione di un pensiero unico di Stato e di contro la stigmatizzazione di qualsiasi pensiero alternativo.
L’io-narrante del romanzo fa esperienza precaria in un noto programma di approfondimento (?) di una altrettanto nota televisione privata, e niente è come si aspettava che fosse: prima ancora che con i morsi della propria coscienza deve infatti vedersela con colleghi disillusi-venduti o in reiterata crisi, periodiche campagne stampa anti qualcuno/qualcosa, claque addomesticate a dovere, opinion maker come gladiatori della parola, e naturalmente notizie enfiate a dismisura a sostegno di una Causa o l’altra.
Non mi sono mai illuso sulla millantata oggettività di stampa (non esistono fatti, ma solo narrazioni di fatti), ma i media attuali sfiorano l’indecenza in virtù delle mistificazioni, dell’ipocrisia, della violenza concettuale prima ancora che verbale di alcuni servizi, della retorica nauseabonda con cui sono farciti per contrappeso, della sicumera sfoggiata da addetti ai lavori-scagnozzi con la coscienza e la dignità a gettone di presenza.
Come si legge a introduzione del romanzo:
“Questo libro è il risultato dell’opera collettiva di un gruppo di ex lavoratori della televisione populista (…) Questo non è un saggio, ma una testimonianza in forma narrativa. Ciò che contava – secondo noi – era raccontare il dietro le quinte di una certa informazione, i cui echi, negli ultimi anni, hanno contribuito fortemente a formare l’opinione pubblica di questo paese. Non volevamo scrivere una cronaca, quanto restituire il senso dell’atmosfera che si respira in diverse redazioni italiane”.
Pessima atmosfera, come intuisce da sé chi è scampato, sin qui, al massivo lavaggio del cervello dei media al tempo del neocapitalismo globale.
Libro ottimo, contenuti inquietanti e disvelatori.
Caccia al nero. Confessioni di un insider della TV populista
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