Calciatori brutti
- Autore: Samuele Maffizzoli, Enrico Modica e Daniele Roselli
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Sperling & Kupfer
- Anno di pubblicazione: 2016
L’altro mondo del pallone, quello senza wags in tribuna o veline a scortarti in discoteca, quello in cui guadagni solo fango ed entrate cattive sui campi di provincia e dove il successo non è un titolo sui giornali ma arrivare interi al triplice fischio. Sono le storie di quelli che non saranno mai David Beckam, storie di calcio e di calci raccontate in “Calciatori brutti” (Sperling & Kupfer, settembre 2016, pp. 194, euro 15,90), di Samuele Maffizzoli, Enrico Modica e Daniele Roselli. Calciatori Brutti è la pagina Facebook di culto aperta nel 2012 da due studenti torinesi, Enrico Modica e Daniele Roselli, per condividere contenuti goliardici sul mondo del calcio. Ma il libro è una cosa seria, brillante e divertente, a parte quasi momento di malinconia e al di là del grigio nebbia che popola i campetti, il più delle volte.
E veniamo alle storie, le stese di chi ha calcato quei terreni dal fondo improbabile: prima del sintetico c’era anche terra battuta, cosparsa di pietrisco.
Protagonista è la fauna calcistica lontana dalle copertine.
C’è il portiere che non ha mai sfondato e ha fallito il provino di A, subissato dalle reti della prima squadra e da un nubifragio. Quando si è reso conto di non subire un tiro da cinque minuti, era solo perché dietro il muro di pioggia la partita era finita da cinque minuti.
C’è il giovane arbitro, che non va oltre le serie inferiori ma continua a sopportare bestemmie e vandalismi non si sa per quale passione. E c’è una vita da terzino: tanta fatica mai una gioia. Sguardi e battimani sono per quelli che gonfiano le reti, il modesto difensore deve solo correre avanti e indietro e guardare vincere solo gli altri, compagni o avversari: non gli riconosceranno mai il merito di un successo. Puoi anche sventare mille occasioni, ma quando il tuo uomo segna contro la tua squadra, tutti a darti addosso, senza scampo.
Sono le storie di tutti quelli che calcano campi e spogliatoi puzzolenti, con le docce gocciolanti, ammesso che l’acqua esca dai tubi.
Spazio poi alla pippa, respinto da qualunque formazione e che fin da giovanissimo prova a cimentarsi da allenatore. Altre delusioni alle quali andare incontro, altri “ortaggi” da raccogliere.
Non c’è solo da sorridere, però, c’è anche da riflettere, ad esempio sulla sorte del ragazzino di quindici anni stoppato dalla diagnosi di un linfoma non-Hodgkin, un tumore del sistema immunitario. Operazioni, chemioterapia, prelievi, flebo, punture, ricaduta, radioterapia, trapianto, ma soprattutto la convivenza con la paura di morire. Tranquilli, la partita con la vita l’ha vinta.
La prosa intelligente degli autori ci porta a scoprire subito dopo un altro "male incurabile", questa volta sociale, contro il quale si batte la squadretta dell’oratorio messa su in un paese del meridione da quel prete, venuto da Udine, che ha il coraggio di cacciare i boss dalla sua chiesa.
“Non so come funzionassero le cose qui fino a ieri, ma da oggi voi mafiosi non siete più i benvenuti nella casa del Signore, non c’è più posto per voi”.
E dire che per la Chiesa ufficiale era un personaggio da confinare in qualche paesino dove non avrebbe potuto far rumore: troppo spregiudicato, rivoluzionario, ribelle.
Bisogna leggerlo, tra le altre pagine, il calcio visto dalla parte di lei, la ragazza del giocatore di provincia, una normale, non la gnocca da esibire delle tribune vip. Essere la fidanzata di un giocatore di terza categoria non è facile, forse toglie qualcosa, ma restituisce molto di più. Il sabato, “in bocca al lupo amore”, un bacio e alle 15 al campo.
“Amore, abbiamo vinto. Birretta al bar con la squadra? Amore, abbiamo perso. Ci rifacciamo con una birra al bar”.
E la domenica si tira fuori il meglio. I ragazzi delle amiche le portano a passeggio al mare, “lui fa di più: mi porta a fare le schedine”.
Fanno capolino stopper volenterosi ma con i piedi di metallo pesante; epici tornei parrocchiali e scolastici; la nazionale islandese agli ultimi Europei; la pubalgia, quella gran "bastarda" e la partitella dei calcetto del venerdì, un rito pagano che associa professionisti e disoccupati, laureati e ripetenti.
“Calciatori Brutti” termina con una sana follia: la "macchinata ignorante realizzata a fine Premier League 2015-16 per festeggiare la missione impossibile dell’umile Leicester, portato al successo nel massimo campionato inglese da Claudio Ranieri, mr. Tinkerman. Una delle cose per le quali vale la pena perdere la voce e il sonno per il calcio.
Calciatori brutti. Storie di calcio e calci
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