Cara Cina
- Autore: Goffredo Parise
- Genere: Storie vere
La Cina che Goffredo Parise visita è quella della rivoluzione culturale degli anni Sessanta. Una Cina poverissima, ma mai misera o miserevole, il cui popolo è votato, in maniera ridondante e quasi psicotica (per via di quella sottile operazione psicologica di persuasione e convinzione che Parise definisce “lavaggio del cervello”) alla ricostruzione socialista del paese, attraverso la lettura e l’applicazione della precettistica di Marx e Mao; un popolo e un paese impregnati di un’ideologia profondamente radicata nel loro essere, che avvolge la cultura, la scuola, l’università, lo spazio dopolavoristico, il quotidiano, l’intera vita. Un popolo chiuso in se stesso, che ha sempre sacrificato la libertà individuale per il bene collettivo, fin dai tempi della dominazione imperiale, e che ha fatto della famiglia il perno della società. Difficile comprendere la realtà orientale, tanto dissimile da quella occidentale, senza preconcetti alcuni.
Eppure Parise riesce a rendere semplice anche questo processo di immedesimazione portando in superficie la natura intima del popolo cinese, cioè il li, lo stile.
Lo stile è la peculiarità dei cinesi, soprattutto delle donne cinesi, ed è una caratteristica che non si può misurare con la valutazione estetica, bensì con l’intuito.
Nella bellissima conclusione di questo reportage, Parise invita l’osservatore ad accettare e superare il fanatismo ideologico cinese, nient’altro che una sovrastruttura, per poter realmente cogliere l’essenza di questo popolo.
L’esperienza letteraria di Goffredo Parise riflette sotto ogni aspetto il suo percorso esistenziale: intermittente, disuguale, insofferente ed empirico; la sua scrittura rispecchia un particolare e del tutto personale approccio fenomenologico al mondo, alle cose.
Il metodo conoscitivo che Parise adotta consiste nello spogliarsi di tutte le superfetazioni culturali, le valutazioni pregiudiziali e gli eruditismi, infrangendo la barriera che separa l’uomo dalla realtà pura e semplice.
“Non c’è niente da capire, bisogna solo guardare”: Parise rifugge la cultura nozionistica e libresca, nella quale non si ritrova e, negli anni Sessanta, periodo di noia, frustrazione e pessimismo (esistenziale e culturale) lo scrittore intraprende alcuni viaggi in qualità di giornalista visitando paesi lontani (Biafra, Cina, Vietnam, America, Giappone, URSS), conoscendo culture diametralmente opposte a quella occidentale, e toccando con mano situazioni sociali, economiche, politiche e perciò culturali difficilmente descrivibili a meno di non stabilire un rapporto simbiotico con la realtà e di attraversarla, lasciandosi attraversare da essa.
Il Parise viaggiatore non si comporta da turista, ma sceglie di non raccogliere informazioni sul paese che visiterà per non lasciarsi influenzare, utilizzando come unici strumenti il proprio intelletto e la propria sensibilità, soprattutto quella visiva, attraverso lo scrittore rende le proprie emozioni osservabili.
Ciò che rimane dei viaggi, infatti, non sono i dati analitici, ma l’aver conosciuto il cuore delle persone e delle cose.
Cara Cina
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