Carosello
- Autore: Piero Dorfles
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
Ullallà, ma è una cuccagna! I signori son serviti. Miguel son sempre mi!
Bisogna collezionare più di una quarantina di primavere sul groppone per capire di che cosa si sta parlando. Queste erano alcune delle frasi-chiave, tormentoni o slogan in voga nella pubblicità offerta dal mitico e indimenticabile Carosello, siparietto di spettacolini, rassegna di sketch televisivi finalizzati alla vera e propria réclame, andato in onda dal 3 febbraio 1957 al Capodanno 1977, con pochissime interruzioni.
Vent’anni di pubblicità televisiva rappresentata da questo delizioso - oggi un po’ naif - programma in prima serata, visto da grandi e piccini. Un cult televisivo popolare assurto a istituzione, fenomeno mediatico e specchio di un paese che stava cambiando.
Nato non per caso agli albori del boom economico, Carosello è stato l’input mediatico più importante, spettacolare e fascinoso dello sviluppo economico nazionale, incoraggiando infatti gli italiani all’acquisto di prodotti di ogni genere: dal non esiste sporco impossibile promesso da un famoso detersivo, alla lavatrice indistruttibile, manco a martellate. Dal dentifricio che prometteva denti bianchissimi, al liquore così forte e vigoroso da mettere il fuoco nelle vene. Dalla carne in gelatina scelta, magra e appetitosa consigliata da un pistolero alla Clint Eastwood de’ noantri, alla benzina da utilizzare per ritrovarsi un tigre nel motore.
Fenomeno culturale, sociale – chi da bambino non si è mai sentito ordinare almeno una volta dai propri genitori l’odioso "a letto dopo Carosello"? -, parata spettacolarizzata di marche e prodotti da vendere incorniciate da storielle narrate con il cronometro - il programma durava in tutto una decina di minuti - , cui prendevano parte registi e attori famosi, o che lo sarebbero presto diventati.
Carosello ha riempito e allietato le tranquille e domestiche serate della famiglia media italiana, passate sul divano del salotto o, ancor più spesso, seduti a tavola, in cucina, di fronte magari a un Phonola o a un Philco in bianco e nero, senza ancora il telecomando: inutile, del resto, data l’esistenza di un solo canale - il glorioso Programma Nazionale, antenato di Rai Uno -, o al massimo due.
Dorfles racconta una parte importante della storia della nostra televisione, inframmezzandoci dotte e acute considerazioni sociologiche e di costume.
Quella di Carosello era tutta un’altra Italia: un paese in trasformazione dopo anni di povertà e miseria materiali, prevalentemente agricolo, ma in procinto di gettarsi a capofitto nei settori dell’industria e dei servizi, con la rassicurante prospettiva di una maggiore occupazione e di un sempre più diffuso benessere economico, per la prima volta alla portata di tutti.
Carosello di Piero Dorfles è un’ottima occasione di lettura per farsi prendere dalla nostalgia, dal piacevole ricordo di quando aspettavamo con trepidazione la scenetta di una brevissima e rapida gag: allora la pubblicità era quantitativamente ridotta, non così assillante, invasiva, molesta e irritante come oggi e quindi si era anche ben disposti a seguirla.
Che cosa dire, poi, delle icone nate con Carosello? L’omino coi baffi della Bialetti, con la sequenza delle lettere stampate sulla bocca mentre parlava. Gatto Silvestro che mai avrebbe infierito sul barattolo di De Rica. Il tenero e sfortunato Calimero della Mira Lanza. La linea della Lagostina, autentico colpo di genio artistico nato dalla matita di Osvaldo Cavandoli.
Le generazioni che non contano ancora i compleanni in "anta" non sapranno mai che cosa si sono persi.
Carosello
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