Ciao
- Autore: Walter Veltroni
- Casa editrice: Rizzoli
- Anno di pubblicazione: 2015
Presentato ieri durante gli appuntamenti di Bookcity 2015 “Ciao”, il nuovo libro di Walter Veltroni edito da Rizzoli, nel quale l’autore, già direttore dell’Unità, vicepresidente del Consiglio, ex Segretario del PD e candidato premier alle elezioni politiche del 2008, rievoca gli anni Cinquanta attraverso il ricordo del padre Vittorio, giornalista e scrittore nato a Tripoli nel 1918 e morto a Roma nel 1956.
Rimasto in una Roma estiva per scrivere un romanzo da consegnare per tempo, la famiglia in vacanza, la casa vuota, Walter Veltroni, in un tardo pomeriggio del giorno di Ferragosto, si trova a passeggiare nel cuore di Villa Borghese, al Parco dei Daini “enclave nell’incantevole sistema” del parco. Seduto su di una panchina del giardino, l’autore, “ho sessant’anni e mi sembra di aver vissuto cento vite e cento tempi storici diversi”, rievoca la propria infanzia, dalla vittoria di Livio Berruti alle Olimpiadi, ai primi turbamenti causati dalla bellezza di Virna Lisi, fino alle piacevoli letture di Cassola e Pavese. “Ero stato nel mio tempo”. Molto di quel tempo passato il giovane Walter l’aveva trascorso al Parco dei Daini percorrendo sempre la stessa strada. Ora l’ex sindaco di Roma ricorda che durante il tragitto passava vicino alla scuola in cui aveva visto il primo film della sua vita. “Ero l’unico con gli occhi fissi al piccolo schermo”. La generazione di Veltroni, nato nel 1955, era stata la prima dei tempi di pace. L’abitazione dell’autore si trovava nell’elegante via Savoia, nel quartiere Salario, quindi tutta la storia della famiglia Veltroni, dal Dopoguerra in poi, sarebbe ruotata intorno a questo isolato. Da piccolo Walter aveva immaginato innumerevoli volte di vedere papà Vittorio affacciarsi a una delle finestre del loro appartamento, ma questa era solo una fantasia, perché Vittorio, figura di rilievo della Rai di allora (il giornalista aveva raccontato la visita di Hitler a Roma, le imprese ciclistiche di Coppi e Bartali, i funerali del Grande Torino, ecc...), era morto a soli trentasette anni di età colpito da una rara forma di leucemia fulminante. A Villa Borghese il sole sta per tramontare mentre le nostalgiche rimembranze veltroniane si rincorrono le une dietro le altre. Quante partite di calcio giocate nel piazzale del Parco dei Daini e come sarebbe stato bello che adesso in quel silenzio “poteste riapparire tutti come per magia”. Soprattutto Walter desidera poter parlare con Vittorio, quel padre del quale l’autore non possiede neanche una foto insieme e non sa se sia stato mai da lui tenuto in braccio. Infatti per simulare un abbraccio paterno da piccolo, Walter prendeva le giacche di Vittorio dall’armadio e appoggiandole sul pavimento ci si sdraiava sopra, varcando in questo modo il tempo e lo spazio. Tornato a casa in via Velletri, Veltroni incontra sul pianerottolo del proprio appartamento un giovane uomo che tiene in mano un cappello tipo Borsalino, che indossa un doppiopetto grigio, la brillantina sui capelli.
“Ciao”. Un padre e un figlio, il primo paradossalmente più giovane del suo primogenito, iniziano a dialogare, ed è l’occasione per parlare della propria vita, dell’Italia di ieri e di quella di oggi. L’autore, con una prosa asciutta e coinvolgente, narra la tenera figura di un figlio che cerca un padre scomparso quando lui aveva solo un anno, un papà che lui non ha conosciuto ma del quale ha sempre evocato e serbato il ricordo e del quale talvolta ha rivisto le sembianze nel sorriso delle figlie. Un’assenza che nel corso degli anni è divenuta sempre più presenza e che “hic et nunc” la fragilità di sessantenne rende ancora più forte. È una Roma bellissima e struggente la complice ideale del viaggio di Veltroni intorno al padre Vittorio. Ricordiamo infine che il lavoro di Veltroni senior, uomo integerrimo e versatile, il cui brillante impegno nella nascente televisione italiana “a lui era stata affidata la guida del primo telegiornale”, spaziò dalla radio allo sport e alla politica. Nella sua ricerca della figura paterna, in un’Italia che sperava in un domani migliore, certa delle proprie possibilità, Veltroni, con la sua consueta penna sensibile, sembra voler dire al lettore che conoscere le proprie origini vuol dire anche conoscere meglio se stessi.
“Ti ho aspettato tanto” gli dico, e mi accorgo che faccio fatica a guardarlo.”
Ciao
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